RECENSIONI DI ENRICO SCIARINI
RECENSIONI di ENRICO SCIARINI
OLTRE GLI STATI - Anthony Pagden
Antony
Pagden “Oltre gli Stati” Poteri, popoli e
ordine sociale ed. il Mulino 2023
Antony
Pagden, docente di Scienza Politica alla California University. Sulla quarta di
copertina del Suo “Oltre gli Stati”, ci sono le seguenti domande: “E’ possibile
pensare oggi a una “governance” del pianeta e a una cittadinanza globale?
Immaginare quindi un’altra geopolitica, oltre i confini di quella
tradizionale?” Pagden non dà risposte categoriche, le dà lucide e con
documentate argomentazioni storiche, senza certezze assolute, ma con un certo
ottimismo, che non è utopistico.
Prima
che di Stato, l’Autore scrive che il
concetto di Nazione è iniziato con
la fine di quelli che, millenni or sono, furono le Tribù, le Città Stato, e poi
gli Imperi. Il primo Impero ritiene che fu quello Persiano, al quale seguirono
quello Cinese, quello Romano e quello Ottomano. Le Nazioni si formarono nel Medioevo
in Europa e crebbero dopo la scoperta dell’America, del 1492; Nazioni governate
da un monarca assoluto, senza la partecipazione dei “sudditi”. Solo alla fine
del 1700, prima nel Nord America, poi in Francia sorsero le odierne Nazioni
democratiche. Padgen cita lo più volte lo storico francese del 1800 Ernst Renan
attribuendogli le seguenti parole: “Le Nazioni non sono qualcosa di eterno.
Esse hanno avuto un inizio, avranno una fine,” (p.17) Già nel nono secolo i criteri per definire
una Nazione furono: la discendenza, le consuetudini, la lingua parlata, la
religione professata, la regione abitata. Si sono poi aggiunti: una sola forza
militare, una sola moneta, un solo ordine legislativo, esecutivo e giudiziario;
quindi un “potere” regolato da leggi che pongono il bene della comunità, (lo Stato) al di sopra di quello degli
individui. Non più solo Nazioni, ma gli attuali Stati-Nazione.
Dalla
fine del 1700, con lo sviluppo del commercio mondiale vi fu molto ottimismo; si
pensò che con il commercio si potesse ottenere di comune accordo ciò che si
otteneva solo con la violenza.
Nel
1800, con lo sviluppo delle comunicazioni, si iniziò a ipotizzare un mondo
globale.
Uno
dei primi grandi pensatori che iniziò a immaginare un “ordine politico
internazionale” fu Immanuel Kant nel 1795. Altri ne seguirono, e nel saggio di
Padgen ne sono citati un centinaio, nomi famosi e nomi rimasti sconosciuti, ma
tutti alla ricerca di un modo idoneo a governare , non solo una Nazione, ma
l’intero pianeta Terra sul quale vivono gli esseri umani.
Il
vertiginoso progresso ha apportato notevoli benefici all’umanità, ma ha creato
anche enormi problemi, ingiustizie,
errori che nessuna Nazione da sola è in grado di risolvere. “Le uniche strade
percorribili sono quelle di una più stretta collaborazione internazionale …”
(p.128) Nel corso dei secoli, le tre maggiori ingiustizie vissute dall’umanità,
elencate a pagina 144 sono: “la schiavitù, il razzismo, la disuguaglianza tra
uomini e donne.” Però “queste forme di repressione sopravvivono, ma si sta
cercando con forza costanza di eliminarle alla radice”. (p.146)
Le
Nazioni svolgono ancora un “ruolo cruciale in tutto ciò che riguarda
l’intergovernabilità”. Sono ancora gli unici soggetti che hanno la facoltà e la
legittimità di dichiarare guerre, e restano anche “il punto di riferimento
principale per quasi tutti i loro cittadini”. (p.175) Padgen pertanto ritiene
improbabile che lo Stato-Nazione moderno possa essere soppiantato in tempi
brevi da un nuovo organismo internazionale. Ma aggiunge che; “E’ altrettanto
improbabile che sopravviva ancora a lungo nella forma attuale.” (p.181)
Nell’epilogo,
ipotizzando la conquista dello spazio, afferma che non sarà una colonizzazione,
ma una cooperazione. E conclude scrivendo che: “ il futuro dipenderà da
tecnologie che oggi sono lontane dalla nostra immaginazione quanto il computer
e il cellulare lo erano per Dante Alighieri.
Eppure se Dante, nell’amarezza dell’esilio, fu in grado di concepire una
«Patria mondo», certamente possiamo farlo anche noi.”
Raramente
nel Suo saggio Padgen usa le parole “Patria” e “patriottismo”. Lo fa a pagina
183 scrivendo che: “il patriottismo
odierno non determina la natura dello Stato, ma è solo una forma di devozione
che potrebbe essere applicata a una squadra di calcio come a un popolo.”
Patriottismo e nazionalismo sono invece due parole attualmente molto usate che
alcuni considerano ancora sinonimi, invece le definizioni più recenti sono che
per patriottismo si intende la terra propria di un popolo dove ognuno si sente
legato da vincoli storici, affettivi, culturali, ecc. E per nazionalismo l’ indirizzo
politico mirante all’affermazione egemonica della Nazione ovvero, l’esagerata
esaltazione di tutto ciò che è nazionale. Forse, quando il concetto di
patriottismo avrà soppiantato quello di nazionalismo, si potrà avere una
“cittadinanza globale”.
Enrico
Sciarini
Naomi
Oreskes scienziata
L'intervista (Corriere del Ticino 6/4/2024)
«Fidiamoci
della scienza, e salviamo il pianeta»
La professoressa di Harward Naomi Oreskes spiega le
«tre mosse» per combattere il cambiamento climatico
«L’enciclica
sulla "cura della casa comune" di Papa Francesco ‘"Laudato si" sui cambiamenti
climatici e la disuguaglianza, per la quale ho scritto l’introduzione per
l’edizione americana, è importante e commovente. Importante soprattutto perché
il Santo Padre ha fatto qualcosa che molti scienziati non sanno fare bene:
comunicare».
La professoressa Naomi Oreskes
vincitrice del Premio Nonino 2024 nella sezione «Maestri del nostro tempo»,
quasi s’infervora parlando dell’Enciclica Papale, che molto ha contribuito a
far capire la situazione drammatica del nostro pianeta. E spiega:
«Saper comunicare è fondamentale, e
l’intervento del Papa è di estrema importanza perché il problema climatico non
è solo scientifico: è anche morale, politico e sociale. Affrontando il
problema, il Santo padre ha abbracciato tutte le risultanze critiche della
situazione, le ha fatte proprie e le ha trasmesse con un libro accorato e privo
di retorica. La sua voce, le sue preoccupazioni sono la conferma assoluta di
quello che la terra sta attraversando e che bisogna intervenire per evitare un
disastro ambientabile che senza decisioni anche radicali, potrebbe essere
irrimediabile».
Professoressa di Storia della Scienza e
professoressa affiliata della Terra presso l’Università di Harvard, la Oreskes
è una scienziata di fama internazionale e autrice di numerosi articoli
accademici e divulgativi e di libri sulla storia delle scienze ambientali.
L’ultimo s’intitola «Perché fidarsi della scienza?» (Bollati
Boringhieri, 208 pagine, 20 €). È un saggio in difesa della scienza ambientale
e in particolare di quella sui cambiamenti climatici, ma che in realtà altro
non fa che evidenziare i pericoli cui il pianeta va incontro. La prof.ssa Oreskes
non è una Cassandra, e con lei abbiamo discusso del pericolo imminente.
Professoressa, perché dovremmo fidarci
della scienza e degli scienziati?
«Dobbiamo fidarci della scienza perché la scienza funziona. Ha
sviluppato le sue conoscenze in anni e anni di lavoro e ha avuto modo di
provare le proprie affermazioni. Questo tuttavia non vuol dire che dobbiamo
vedere gli scienziati come dei geni individuali. La comunità degli scienziati
ha sviluppato dei sistemi per sottoporre a valutazioni e a test le conclusioni
e le scoperte che venivano fatte. I colleghi che avevano accesso a queste
informazioni potevano criticarle o suggerire modifiche e miglioramenti. È un
processo che ha portato la scienza a dare le prove di tutto ciò che affermava.
Ed è proprio per questo procedimento, per questo processo valutativo che noi
dobbiamo credere e avere fiducia nella scienza».
Ma è tutta difendibile la scienza, o
muoverebbe, se fosse necessario, obiezioni nei confronti di qualcosa o di
qualcuno dell’ambito scientifico?
«Non tutta la scienza è difendibile in assoluto: si tratta di un
processo che richiede molto tempo, un lavoro lunghissimo per avere delle prove,
sottoporle a giudizio e ottenere conferme che tutto e a posto e regolare. Il
fatto che ci voglia molto tempo a volte genera dello scetticismo nei confronti
della scienza, ma un solo esempio dovrebbe eliminare ogni remora. La scienza
del clima opera da più di cento anni e gli scienziati nell’arco di questo
tempo, sono arrivati ad avere le prove che il riscaldamento globale è in atto,
che la combustione degli elementi fossili ha provocato il riscaldamento
dell’aria e della terra. Ma per dimostrare questo ci sono voluti settant’anni
di ricerche, di interrogazioni e di prove. Ma alla fine hanno avuto le conferme
che cercavano e gli stravolgimenti climatici testimoniano ogni giorno con
acqua, vento, fuoco, mareggiate e altre devastazioni degli elementi scatenati,
quanto nell’universo sia in atto una trasformazione nei confronti della quale
non si può più stare inerti».
David Grossman: “La
pace è l’unica strada” Mondadori 2024
Raccolta di sette
articoli scritti da Grossman, il più noto degli scrittori israeliani, per due
quotidiani italiani tra il maggio 2021 e l’ottobre 2023, con l’aggiunta del
testo del suo discorso tenuto alla cerimonia di consegna del Premio Erasmus ad
Amsterdam nell’ottobre del 2022.
Il settimo di questi
articoli è dedicato al “sabato nero”; quello del 7 ottobre 2023, quello del
barbaro attacco di estremisti palestinesi ad una comunità israeliana che ha
causato oltre mille morti e il rapimento di centinaia di civili, compresi donne
e bambini.
L’attentato ha causato
la dura reazione militare di Israele che è ancora in corso. Nessuna seria
trattativa di tregua o di pace. A questo proposito Grossman scrive: “La mia
ipotesi: Israele dopo la guerra sarà molto più di destra, militante e anche
razzista.” (p.67) Poi continua; “Dovranno passare molti anni, anni senza
guerra, prima che si possa pensare ad una riconciliazione.” (p.68)
Grossman non nasconde
le sue critiche al primo ministro israeliano Netanyahu, anche a proposito degli
accordi tra Israele e l’Arabia Saudita. “La pace che si produce è una pace tra
ricchi … gli ultimi giorni hanno dimostrato che non è possibile iniziare a
sanare la tragedia mediorientale senza offrire una soluzione che allevii le
sofferenze ai palestinesi.” (p,69)
Nel discorso tenuto ad
Amsterdam Grossman parla del diritto alla felicità, ma lo abbina al tema del
Premio Erasmus che era: “Riparare un mondo diviso”. Cita la giovane scrittrice
ebrea Etty Hillesum, assassinata ad Auschwitz il 30 novembre 1943. Etty era
alla ricerca di un Dio Universale che le ha permesso di mantenere un “cuore
pensante” anche nel campo di sterminio.
Rivolgendosi ai
presenti Grossman conclude il suo discorso dicendo loro: “Sappiamo che in
qualsiasi momento potremmo ritrovarci in una situazione in cui la nostra
libertà ci sarà negata e saremo circondati dall’arbitrarietà e dalla tirannia
…. Se mai arriverà un momento simile, …. sapremo essere un cuore pensante
ancora e ancora?”
Enrico Sciarini
MISURARE IL RAZZISMO: VINCERE LE DISCRIMINAZIONI Thomas Piketty ; traduzione di Lorenzo Matteoli e Andrea Terranova di Thomas Piketty
“Misurare
il razzismo” Vincere le discriminazioni ed.
La nave di Teseo 2022
Alla
domanda: è possibile misurare il razzismo? Piketty risponde decisamente, si.
Lo
dimostra nel suo libretto, uscito in Italia nel 2022, il cui scopo dichiarato è
quello di “mostrare che è possibile discutere concretamente sul modo migliore
di combattere le discriminazioni e permettere la convivenza civile”. Per far
questo, è necessario tener presente che il razzismo, o meglio, le
discriminazioni generate dalle diversità umane, siano esse di origine etnica,
religiosa o di genere, sono sempre esistite, esistono tuttora e sono causa di
odio verso i propri simili.
Coloro
che sostengono il razzismo non tengono conto che la civiltà “si è sempre
sviluppata nel corso dei secoli proprio grazie a un continuo meticciato”. (p.9)
Nessuna
Nazione al mondo ha però “messo a punto un modello perfetto per contrastare il
razzismo e le discriminazioni.” (p.15)
Secondo
Piketty, “per ridurre le disuguaglianze derivate dalle origini etniche e di
nazionalità, è necessario affrontare le disuguaglianze sociali in modo globale”
(p. 17)
E’
dalle disuguaglianze sociali che Piketty parte per misurare le discriminazioni.
Inizia dall’istruzione e dall’accessibilità al lavoro. Riguardo quest’ultimo, è
esemplare lo studio condotto nel 2014 dall’Università di Parigi 1. Sono stati
inviati 6.230 curriculum in risposta ad altrettante offerte d’impiego. Quando
il cognome del candidato richiamava origini arabe, le risposte sono state meno
del 5%, rispetto la 20% del restante campione esaminato. Anche un più recente
studio condotto ne 2021 dall’Istituto di Politiche Sociali ha dato lo stesso
risultato.
Per
appurare se le discriminazioni siano aumentate negli ultimi dieci anni, in
Francia è stata istituita “L’Alta Autorità Contro le Discriminazioni” allo
scopo di effettuare censimenti annuali che si sono rivelati un ottimo strumento
per misurare le discriminazioni, ma che dovrebbero essere coordinati a livello
Europeo.
Piketty
è critico nei confronti dei sistemi attuati in Gran Bretagna e negli Stati
Uniti.
Le
discriminazioni religiose vengono trattate da Piketty soprattutto per quanto
riguarda il contributo finanziario a favore delle religioni, che è già di per
sé alquanto discriminatorio e ne propone il finanziamento attraverso un
contributo per la vita associativa.
Concludendo,
l’Autore, pur cosciente che “molti rifiuteranno il dialogo” senza avere una
soluzione pacifica, pone fiducia sulle nuove generazioni che “sono molto più
sensibili alle discriminazioni “ e aperti ad uno sviluppo positivo.
Thomas Piketty è professore di
economia e scienze sociali a Parigi. E’ stato al centro di polemiche sia nel
2009 dopo l’accusa di violenza nei confronti della moglie, sia nel 2015 per
aver rifiutato la prestigiosa onorificenza francese “Legion d’Onore”.
Enrico
Sciarini
Gigacapitalisti
è il titolo di un breve saggio di Riccardo Staglianò uscito quasi un anno fa da
Einaudi che, se vogliamo sapere cosa ci sta dietro le facciate di quanto
quotidianamente usiamo grazie alla tecnologia informatica, dovremmo leggere
tutti.
Sottotitolo
di copertina:
“Jeff Bezos, (Amazon) Elon Musk, (Tesla)
Mark Zuckerberg (Facebook) e il resto
del club degli ultraricchi valgono, da soli, piú di molti Stati.
E spesso contano anche di piú. Ma le fortune
troppo concentrate non fanno bene né al mercato né tantomeno alla società. È il
momento di intervenire, prima che sia troppo tardi.”
A queste aziende aggiungo la Apple, la Microsoft, la Google, la Airbnb perché fanno parte di quelle
trattate da Staglianò nel suo libro per dirci: “… quando ti danno qualcosa
gratis il prodotto dei tu.” (p.121). Si scopre così di essere diventati, non i
clienti, ma il prodotto delle aziende di cui ci serviamo.
Ognuna di queste aziende ha una
“capitalizzazione di borsa che supera i mille miliardi di US dollari”. (p.15)
A pag. 129, citando l’intervista al vicecapo
dell’Antitrust degli USA Jonathan Kantor, introduce una differenza tra Google,
Facebook, Amazon e Microsoft, Apple, Tesla. In sintesi, le prime tre
influenzano le scelte delle persone. Le altre tre tengono alti i prezzi dei
loro prodotti sfruttando una dipendenza indotta nei clienti.
Tra le tante cose interessanti del libro, mi
ha stupito il consistente numero di esperti informatici che si ribellano al
sistema: dai creatori dei “like”Justin
Rosenstein e Leah Perlham, che ora stanno cercando come “disintossicare gli
utenti” (p.92-93) a Tristan Harris (p. 90-91). Quest’ultimo ha lasciato la
Google ed è diventato fondatore del “Center for Humane Technology “Centro per una tecnologia umana.
Ecco di cosa si tratta:
(Da:
https://comeaprire.com˃definizioni˃comprendere-il Centro per la tecnologia
umana 31 marzo 2023 by Darda)
Che cos'è il Center for Humane Technology?
Il Center for Humane Technology è un'organizzazione no-profit che lavora
per garantire che la tecnologia sia progettata per favorire il benessere delle
persone, anziché danneggiarlo. È stata fondata da veterani dell'industria
tecnologica che si preoccupano degli effetti della tecnologia sulla società e
cercano di creare un mondo digitale più umano.
"Perché Tristan
Harris ha lasciato Google?
Ci sono molte ragioni per cui qualcuno potrebbe lasciare un'azienda, ed è
difficile dire con certezza perché Tristan Harris abbia lasciato Google.
Tuttavia, Harris ha parlato pubblicamente della sua frustrazione per il modo in
cui le aziende tecnologiche, compresa Google, sono progettate per mantenere gli
utenti impegnati il più a lungo possibile. In particolare, Harris ha criticato
il modo in cui le aziende utilizzano la "tecnologia persuasiva” per influenzare
il comportamento degli utenti. È possibile che Harris abbia ritenuto di non
poter più lavorare per un'azienda che secondo lui danneggiava le persone con i
suoi prodotti che creano dipendenza.
Che cosa fa ora
Tristan Harris?
Tristan Harris è attualmente l'amministratore delegato e cofondatore del Center for Humane Technology, un'organizzazione
no-profit che lavora per cambiare l'industria tecnologica in modo che sia più
umana ed etica. È anche membro del Consiglio di amministrazione della
Electronic Frontier Foundation, un'organizzazione no-profit che difende le
libertà civili nel mondo digitale.
Enrico Sciarini
Marco Armiero “L’era degli scarti”
Cronache dal
Wasteocene, la discarica globale (ed. Einaudi 2021)
L’Autore è forse più noto all’estero che in Italia dove
dirige l’Istituto sul Mediterraneo del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
(CNR)
Utilizzando la parola inglese “waste” che significa “spreco,
rifiuti” ha creato il neologismo “Wasteocene”, ossia “era geologica dei
rifiuti”, in alternativa all’Antropocene, “era geologica dominata dagli esseri
umani”. “La definizione di Wasteocene presuppone che gli scarti possano essere
considerati la caratteristica planetaria della nuova epoca in cui viviamo”
(p.4)
E tra gli scarti sono considerati anche: “luoghi e persone di
scarto” (p.5)
L’Autore lo conferma anche a pagina 19 scrivendo: “Pensare in
termini di Wateocene significa inquadrare i rifiuti nell’azione che li produce,
come un insieme di relazioni socio-ecologiche che creano persone e luoghi di
scarto.”
Uno di questi luoghi: “dove si incontrano i consumi dei
ricchi e le vite dei poveri”, (p.53) è Agbogbloshie, in Gahna. Per quanto
Armiero cerchi di descrivere questo luogo, per averne un’idea è necessario
cercare la località in internet. Ci sono decine di fotografie terrificanti dell’immensa
discarica di rifiuti elettrici ed elettronici.
Un intero capitolo è dedicato a Napoli: “Il Far West dei
rifiuti” (p.66).
Il quarto e ultimo capitolo è dedicato alla lotta al
Wasteocene. Per farlo l’Autore riporta una frase attribuita alla ex Premier
inglese Margaret Thatcher, secondo la quale: “Non esiste una cosa come la
società: esistono singoli uomini e singole donne, ed esistono le loro
famiglie”. (p.82) Ma per Armiero “la Thatcher si sbagliava, .. le comunità
esistono e nei momenti più difficili si mobilitano”. (p.82)
Lungi dall’essere esaustivo, il libro di Armiero ci mette di
fronte ad una realtà che non si può più ignorare e che è invece da affrontare
singolarmente, politicamente, e soprattutto globalmente.
Enrico Sciarini
Ulrich Beck “La società del rischio” Verso una seconda
modernità. Ed. Carrocci 2000
I rischi insiti nella società moderna
in cui viviamo, il sociologo tedesco Ulrich Beck li ha evidenziati e descritti
nel 1986. In Italia sono stati pubblicati nel 2000. Da allora poco o nulla si è
fatto per conoscere e limitare i rischi prodotti dalla civiltà del benessere.
Addirittura c’è chi tali rischi li nega; costoro dovrebbero allora essere in
grado di dimostrare che è falsa l’affermazione di Beck secondo il quale: “i
rischi sono un prodotto secondario della modernizzazione.” (p.35)
Sono rischi globalizzati e
socializzati, sono per tutti e sono dappertutto, perché aria, acqua cibi
inquinati sono ovunque. Però sono le nazioni povere a soffrirne di più perché i
danni prodotti dall’inquinamento sono direttamente proporzionali al benessere.
(Più inquinamento = più benessere). Il benessere lo si constata immediatamente,
i rischi dell’inquinamento invece no. Essi rimangono nascosti e sono
verificabili solo a distanza di anni.
Beck aveva previsto che la società
del XXI secolo fosse matura per intraprendere azioni internazionali per
limitare i danni ambientali; invece sono passati decenni e poco è stato fatto
perché i negoziati entrano in rotta di collisione con gli egoismi nazionali.
Dal canto suo la scienza non nega più
i rischi, però si crede in grado di poterli gestire. Ma, secondo l’Autore, il
progresso tecnologico è senza controllo, né dei governi, né dei cittadini; si
procede solo su presupposti di convenienze economiche.
Allora chi deve assumersi il
controllo dei rischi? Beck sembra più propenso ad assegnare tale compito ai
governi, e questo vorrebbe dire aprire “sfide completamente nuove per la
democrazia” (p.105) sottolineando, tra l’altro, che i rischi ambientali hanno
un effetto negativo anche sulla politica.
I cittadini vengono informati delle
innovazioni tecnologiche attraverso la stampa, la TV e dalla rete informatica e
indotti al oro utilizzo dalla pubblicità. Manca però una conoscenza
approfondita e tutto viene spacciato come progresso.
A chi nega che in tale progresso si nascondano seri rischi Beck afferma che:
“Negare i rischi non significa eliminarli.” (p. 313)
Scrive inoltre che negare i rischi,
soprattutto da chi ha responsabilità di governo, accresce l’insicurezza e
spinge il popolo a ricercare “l’uomo forte” che risolve i problemi.
Invece per Beck sono i monopoli che
devono essere in grado di produrre autocritica, che probabilmente è “l’unico
modo per scoprire in anticipo l’errore”. (p.322)
Beck conclude che è necessaria la
definizione sociale dei rischi, anche perché ci troviamo in situazioni nelle
quali i popoli sono costretti a vivere in una comunità di rischi globali e
condivisi.
Questo vorrebbe dire che è necessario
creare un nuovo tipo di scienza sociale e politica.
Ulrich Beck è morto il 1° gennaio
2015 e a tutt’oggi, aprile 2023, nessuno dei suoi ammonimenti è stato preso
seriamente in considerazione.
Enrico Sciarini
Guido
Crainz: Ombre d’Europa ed. Donzelli 2022
Quello di
Crainz è un libretto formato tascabile di 189 pagine diviso in due parti; la
prima di 4 capitoli, la seconda di 9.
Il 2° capitolo della 2ª parte
tratta le “Deformazioni storiche e (ri)costruzione di un impero”: la Russia di
Putin.
Crainz
dimostra quanto le deformazioni della Storia, (soprattutto se insegnate nelle
scuole) possano avere effetti deleteri per l’Umanità.
Nella
Russia del secondo dopoguerra era stata fatta una revisione storica da parte di
Michail Gorbaciov, il quale volle “rendere giustizia alle vittime dello
stalinismo”. (p.81)
Ma dopo
il crollo di Boris Elsin vi fu un’inversione di tendenza voluta da Vladimir
Putin che, nel 2001 “impone una storia nazionale basata su orgoglio e onore … e
invita gli storici ad agire in questa direzione nello scrivere i manuali
scolastici”.
Di più:
nel 2003 Putin afferma che i libri di testo devono far crescere nei giovani “il
sentimento di orgoglio per la propria storia nazionale … liberandoli da tutte le scorze e di tutta
la schiuma che si erano accumulate negli ultimi anni” (p.82).
A questa
campagna di esaltazione della Russia ha dato il suo contributo anche Dmitrij
Medvedev, (3° Presidente della Federazione Russa dal 2008 al 2012).
Egli nel
2009 istituì “la Commissione per opporsi ai tentativi di falsificazione della
storia a detrimento degli interessi della Russia”. (p.85)
Crainz
continua per altre cinque pagine a descrivere quanto si sta facendo in Russia
da vent’anni per indottrinare la generazione nata all’inizio del ventunesimo
secolo e instillare in essa uno spirito nazionalista che glorifica la guerra.
(Chi come me ha frequentato la scuola
primaria sotto il regime fascista ricorda bene cosa vuol dire essere
indottrinati; essere “figli della lupa”, “balilla”, “avanguardisti” per
(ri)creare l’impero romano. Sa anche a cosa ha portato tale indottrinamento).
A
distanza di ottant’anni Putin sta usando lo stesso sistema per (ri)costruire
l’impero russo.
Giustamente
Crainz non si ferma alla Russia nel descrivere le deformazioni storiche
insegnate nelle scuole. Scrive anche di quelle nei Paesi Baltici, nella ex
Jugoslavia, in Polonia e in Ungheria.
Tira poi
le conclusioni nell’ultimo capitolo dal titolo: “Insegnare in Europa”.
E’ qui
che amaramente, citando lo storico tedesco Falk Pingel, scrive: “E’ urgente
predisporre nuovi testi, sia all’Est che all’Ovest” perché, “su quelli in uso
non troviamo quelle nozioni fondamentali sulle analogie e sulle differenze fra
le Nazioni Europee; differenze che dobbiamo accettare se vogliamo vivere in
pace.” (p.171)
Poi, con
un’altra citazione : “ Non si tratta di rendere a forza «europee» le differenti
memorie, ma di adottare criteri critici europei…” (p. 175)
Nel constatare
che in nessuna Nazione Europea si insegna la Storia Europea, formula l’auspicio
che si inizi dalla Scuola dell’obbligo.
Enrico
Sciarini
VERSO L'INFINITO - di Jane Hawking
Essere moglie di uno scienziato non deve essere cosa facile, se poi lo scienziato è una persona gravemente invalidata dalla malattia degenerativa del motoneurone, ossia del sistema nervoso centrale che controlla i muscoli, la vita coniugale è resa ancor più difficile.
Sono
passati ormai otto anni dalla pubblicazione del libro di Jane Hawking nel quale
tali difficoltà sono descritte.
Quando
nel 1965 a ventuno anni Jane Wilde sposò il ventitreenne Stephen Hawking sapeva
che il giovane marito era affetto dalla grave malattia degenerativa; la sua fu
quindi una grande prova d’amore. Ma solo chi ha sperimentato in famiglia la
cura di una persona destinata a spegnersi lentamente e bisognosa di assistenza
quotidiana può rendersi conto a quanti sacrifici si vada incontro.
Stephen
Hawking è stato il più grande dei fisici teorici vissuto tra la fine del
ventesimo secolo e l’inizio del ventunesimo. La moglie Jane ha scritto il diario/biografia
degli anni che ha vissuto con il marito. Il titolo che ha dato al libro
rispecchia gli studi ai quali il marito si dedicava, ossia l’Universo infinito
e ha aggiunto anche il titolo del film che narra la vita di Stephen. (La teoria
del Tutto). Di teorie cosmologiche o di astrofisica nel libro non v’è traccia,
c’è però l’atmosfera culturale delle università di Oxford e di Cambridge, nelle
quali sia la famiglia di Jane che quella di Stephen erano immerse.
Entrambi
culturalmente preparati, i coniugi Hawking avevano però interessi completamente
diversi; ateo lui, cristiana praticante lei; entrambi appassionati di musica,
però Stephen con preferenze per le opere di Wagner, e Jane per i cori di
Haendel.
Nel
loro mondo culturalmente elevato erano presenti anche tutte le fragilità umane;
Jane le ha vissute e le ha scritte in maniera schietta. Quando si è sentita
offesa dai familiari di Stephen non ha lesinato loro aspre critiche. Così come
ha aspramente criticato l’operato dell’allora Premier inglese Margareth
Thatcher. Aspre critiche ha riservato all’invasività dei giornalisti e ancor
più a quella di cineasti.
Con
sé stessa è stata ancor più severa
scrivendo: “Ho cercato onestamente di fare del mio meglio … ma il mio meglio
non è bastato.” (p.552)
Stephen
Hawking è morto il 14 marzo 2018 all’età di 76 anni, riconciliato con Jane.
Enrico
Sciarini
Gianrico
Carofiglio
Gianrico Carofiglio é noto, se non altro, per le sue frequenti apparizioni alla televisione. Oltre che scrittore, è stato magistrato e senatore della repubblica.
La figlia Giorgia è laureata in teoria politica. Insieme hanno scritto “L’ora del caffè” che ha come sottotitolo “ Manuale di conversazione per generazioni incompatibili”. E’ stato questo sottotitolo a trarmi in inganno e a farmi pensare che il libro riportasse la conversazione, o magari la discussione su argomenti discordanti delle due generazioni. Così non è. La conversazione padre-figlia è limitata ad una specie di postfazione di cinque pagine. Il resto è dedicato alla trattazione di sette argomenti, alcuni di attualità, altri antichi quanto il mondo.
Uno degli argomenti trattati ha come titolo “L’età dell’angoscia” e qui hanno messo il sensato consiglio di chiedere aiuto quando si ha un disagio della psiche, senza pretendere di voler superare da soli le crisi o la depressione. Se tale consiglio venga dal padre o dalla figlia non è dato sapere, ma se ne deduce che entrambi siano d’accordo.
Un bell’esempio di come si possano sfatare i convincimenti errati sui giovani di oggi si trova a pag. 89 con una citazione attribuita al giornalista americano James O’ Brien. Fa parte del capitolo sul lavoro che introduce a quello della politica nel quale viene messa in risalto la necessità di saper distinguere tra “urgenza” e “importanza” e nel saper individuare e ammettere i propri errori perché, a detta dei due Autori, il male da evitare è soprattutto l’indifferenza. (Io aggiungerei anche il vittimismo).
“L’ora del caffè” è un
libretto di facile lettura dal quale si può trarre anche qualche
insegnamento.
Enrico
Sciarini
ETICA DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE. SVILUPPI, OPPORTUNITA', SFIDE di Luciano Floridi
Raffaello Cortina Editore 2022-11-23
Luciano Floridi
Prima categorica affermazione:“Siamo l’ultima generazione che ha vissuto l’era analogica.” Seguita da: “La rivoluzione digitale deve essere affrontata in due modi: etico e politico”.
Il libro di Floridi, professore ordinario di Filosofia ed Etica dell’informazione all’Università di Oxford, dove è direttore del “Digital Ethic Lab”, tratta in modo esaustivo il primo dei due modi, non escludendo di affrontare in futuro anche quello politico.
La tesi principale del libro è quella di dimostrare che l’Intelligenza Artificiale (IA) costituisce un divorzio tra l’intelligenza e la capacità di agire.
Per Floridi l’IA è una nuova forma di agire e non di intelligenza. Il robot sulla copertina che manovra un aspirapolvere sta dimostrare che è in grado di agire senza necessariamente essere intelligente. Ma, nell’era analogica, lo sviluppo di algoritmi che permettono ad un computer di “imparare autonomamente” (Maschine Learning) pone seri problemi anche sotto l’aspetto etico, e non solo.
Per questo a pag 37 scrive: “Dobbiamo intraprendere ogni sforzo per decidere in quale direzione vogliamo sfruttare il digitale, per garantire grazie ad esso, che le società che stiamo costruendo siano aperte, tolleranti, eque, giuste e favorevoli all’ambiente e allo sviluppo umano.”
A questo scopo a livello internazionale, ma senza un coordinamento mondiale o delle Nazioni Unite, sono stati formulati sei princìpi da considerarsi basilari per far sì che l’Intelligenza Artificiale sia utile e non dannosa all’Umanità. Dopo aver descritto e analizzato gli aspetti positivi che l’IA può avere, Floridi passa ad elencare e analizzare quelli negativi.
Rischio di comportamenti contrari all’etica, veri e propri crimini finanziari, sessuali, ambientali e contraffazioni di ogni genere con o senza l’intervento di robot.
Per questo lo sviluppo e l’implementazione dell’Intelligenza Artificiale deve essere strettamente controllato e devono essere prese tutte quelle misure che Floridi espone bene nel suo libro.
Per fare in modo che l’IA sia sostenibile, sia dal punto di vista ambientale, sia da quello sociale si dovrebbe sviluppare un’Agenzia di supervisione a livello internazionale come esiste per le telecomunicazioni e per i farmaci con il supporto delle Nazioni Unite.
Insomma, “un nuovo mondo affascinante in termini di opportunità, e preoccupante in termini di rischi” (p.125). Pur se tra molte difficoltà, Floridi ritiene che la buona Intelligenza Artificiale prevarrà su quella cattiva, ma questa sarà una grande sfida per le prossime generazioni.
Enrico Sciarini
ARMATI DI SCIENZA di Elena Cattaneo
Elena Cattaneo: “Armati di scienza” ed. Raffaello Cortina
2021
La senatrice a vita e illustre scienziata Elena Cattaneo inizia il
suo libro con una bella definizione di scienza: “Un portentoso strumento per
conoscere la realtà delle cose e affrontare un presente sempre più tumultuoso
…. senza correre il rischio di essere trascinati privi di difesa.”(p11)
I sette capitoli del libro sono la raccolta e l’integrazione di
articoli scritti dalla Cattaneo per organi di stampa nazionali.
A guidare la lettura sono gli argomenti trattati in ogni capitolo.
E’ così che nel primo viene spiegato il rapporto tra scienza e
politica; rapporto “fragile”, soprattutto quando la politica, (Governo e
Parlamento) stanziano somme ragguardevoli, (milioni di euro) per scopi che non
hanno garanzie di trasparenza e scientificità. I ricercatori scientifici “devono
essere percepiti come una risorsa per la società …. Ma questa alleanza tra
scienza e società non può avvenire dall’oggi al domani”. (p27)
La pandemia Covid 19 ha portato alla ribalta mediatica molti
scienziati, ma raccontare la scienza alle nuove generazioni, senza farne dei
tifosi social, sarà un nuovo compito per gli scienziati.
Molti sono gli argomenti trattati dalla senatrice Cattaneo,
spaziano dalla libertà di ricerca ai rischi dell’informazione fuori controllo;
dalle cellule staminali all’utilizzo dei prodotti geneticamente modificati
(OGM) per arrivare all’ultimo capitolo con la trattazione del Coronavirus.
Eccone alcune parti:
- "Il genoma del Corona virus “è stato “tradotto” per la
prima volta il 10 gennaio 2020 da un gruppo di ricercatori cinesi che lo hanno
reso pubblico mettendolo a disposizione della comunità scientifica mondiale.” (p
148)
Come il genoma umano, anche quello del virus è composto da quattro
molecole di aminoacidi, ACGT: Adenina, Citosina, Guanina, Timina le quali
subiscono mutazioni frequenti che sono oggetto di continuo studio perché, “Per
sconfiggere un nemico, prima dobbiamo conoscerlo”. (p 149)
Al febbraio 2021, data nella quale la Cattaneo ha scritto
l’articolo, la banca dati Gisaid (Global Inflienza Surveillace & Response
Sistem) “riporta circa 600mila sequenze” che permettono di conoscere sempre di
più il genoma virus, perché: “Solo così potremo capire dove
concentrare le forze per sbarrargli la strada e consegnarlo alla Storia”. (p
152)
Queste sono le armi che la scienza ci mette a diposizione e la
senatrice Cattaneo con il suo libro ci ha fatto conoscere; sta anche a noi
saperle usare, non per ferire, ma per guarire.
Massimo Piattelli Palmarini “Il
nono giorno della Creazione”
La nuova rivoluzione delle scienze della vita (Mondadori 2015)
Che la Creazione non sia durata sette giorni lo avevano già
dimostrato i genetisti e i biologi alla fine del 1900 con Horace Freeland
Judson che, nel 1978 pubblicò “Ottavo
giorno della creazione”.
Dopo di lui la scienza ha compiuto enormi
progressi: dalla decodifica del genoma umano, alla clonazione degli animali.
Ma, prima di entrare nel “nono giorno”
Palmarini, da grande scienziato e divulgatore scientifico, spiega in poche
pagine e con grande chiarezza cosa sono il DNA, l’RNA e quant’altro sta alla
base della genetica.
La sua frequentazione con i più noti esperti
del settore gli permettono di avere a portata di mano tutti gli aggiornamenti e
le scoperte che si susseguono pressoché ininterrottamente.
La prima che illustra è “l’evoluzione e
sviluppo” che sta ridefinendo gran parte delle classificazioni zoologiche
tradizionali. “… le novità evolutive molto spesso NON provengono da geni nuovi,
bensì da una diversa regolazione dei geni esistenti.” (p.44)
Questo vuol dire che: “a differenza di una
macchina, le nuove funzioni biologiche NON richiedono necessariamente nuovi
componenti”. (p49)
Ma vuol dire pure che una diversa regolazione
dei geni di ogni persona fa di essa un caso individuale che richiede un
trattamento personalizzato in caso di malattia.
A questo proposito è illuminante il cap. 9 nel
quale Palmarini propone due casi specifici che hanno dato inizio alla medicina
personalizzata. Purtroppo tale personalizzazione non trova la collaborazione
delle case farmaceutiche, più propense a produrre medicine che vadan bene per
tutti.
Senza demonizzarle, Palmarini ne fa una critica
esplicita: “… trovo riprovevole la forte resistenza dei produttori di farmaci a
trovare un accomodamento con la medicina personalizzata.” (p.77)
Nel cap. 10 tratta una delle più recenti
scienze: l’epigenetica che è “lo studio delle trasformazioni chimiche del DNA”
(p.80) Anche quelle del cap. 11 sono pagine veramente importanti, da leggere
con attenzione perché descrivono qualcosa di complesso, vale a dire un nuovo
codice di lettura di quanto sta nel DNA e ne fa “una tripla elica”.
La terza parte ha come titolo: “Una nuova
scatola di attrezzi” che sta a significare quanto siano diversi gli strumenti
che oggi la tecnologia mette a disposizione dei genetisti, rispetto a quelli
disponibili una ventina di anni fa. Strumenti nuovi e nuove difficoltà e
complessità, tant’è che a chiusura del cap. 16 Palmarini scrive: “I miei lettori saranno forse un po’ confusi …. Il
messaggio è (però) chiaro e importante: La biologia, la genetica e la medicina
hanno fatto passi da gigante.” (p.134) Ma anche il successivo
capitolo presenta difficoltà, pur se lo si potrebbe definire come la
spiegazione della tecnica “taglia e cuci”,
dove qui da tagliare e ricucire è una porzione del genoma!
E’ quindi necessario sapere cosa sono le
“triplette” (dette anche codoni) perché è proprio dalla manipolazione delle
triplette che si ottiene la modifica del genoma e, di conseguenza, una
mutazione della specie o la cura di una malattia.
Al cap. 19 Palmarini ci fa scoprire qualcosa di
ancor più complesso, la modifica del genoma con l’utilizzo della luce:
l’optoepigenetica! Tutto questo porta ad una conclusione: il controllo della
salute diventa sempre più preciso, ma non è necessario effettuare inutili
analisi del genoma.
La quarta e ultima parte del libro è dedicata
allo studio del cervello. Le neuroscienze sono come un crescendo rossiniano:
centomila articoli scientifici in un anno.
Parti di cervello (di animali) rese trasparenti
per studiarne le funzioni.
Dalla Svizzera (Losanna) dall’Arizona (Tucson)
dall’Australia (Melbourne), i più grandi Istituti di Neuroscienze, con
strumenti tecnologici d’avanguardia, effettuano ricerche non solo sul cervello,
anche sulla mente umana. Si sta profilando il decimo giorno della creazione!
Enrico Sciarini
POPOLO, POTERE E PROFITTI di Joseph E. Stiglitz
Joseph Stiglitz
POPOLO, POTERE E PROFITTI
Un capitalismo progressista in un’epoca di malcontento.
Ed. Einaudi 2020
Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia
nel 2001, ha scritto questo libro nel 2019 per spiegare “come liberarsi dal fondamentalismo
del libero mercato rivendicando e costruendo un capitalismo progressista.”
Non era ancora scoppiata la pandemia Covid19 e
il presidente degli Stati Uniti era Donald Trump.
Ed è contro la politica di Trump che Stiglitz
ha impostato il suo libro. Già nella prefazione scrive che “l’economia non è un
fine, ma è un mezzo mirato ad un fine” e che nessun cambiamento economico è
possibile senza una democrazia forte.”
Non lesina le sue critiche neppure alle grandi
reti di distribuzione che: “se possono vendere prodotti cattivi e persino
pericolosi, possono vendere anche idee cattive e pericolose.” (p.20)
Dedica il secondo capitolo alla descrizione
della crescita delle disuguaglianze negli Stati Uniti attribuendone poi la
causa all’aumento delle rendite rispetto ai redditi e spiegando che il reddito
è quanto una persona, un’azienda o uno Stato acquisisce con il lavoro e la
produzione di beni; la rendita è l’entrata derivante dalla proprietà di un
bene.
Arriva anche a considerare rendita i brevetti e
ne descrive il cattivo uso sia dai detentori dei diritti d’informazione, sia
dalla case farmaceutiche che: “hanno trovato il modo di estendere la durata dei
loro brevetti con la pratica detta evergreening = sempreverde” ossia una
fittizia modifica del prodotto (p.63 e nota 40 p. 276).
Oltre al monopolio = unico produttore, Stiglitz
considera anticoncorrenziale anche il monopsolio = unico acquirente. Il quarto
capitolo è dedicato alla globalizzazione, della quale scrive: “Dovremo trovare
una nuova forma di globalizzazione, … abbiamo bisogno di un insieme di regole
minimo …. alla stregua di un codice della strada … e sarà meglio per tutti se
le regole saranno globali , multilaterali e accettabili per ogni Paese”.
(p.101)
Alla finanza è dedicato il quinto capitolo e
recrimina: “La diffusione di tanta indegnità morale pone di fronte alla più
importante e difficile delle sfide per il futuro: cambiare le norme e la
cultura della finanza” (p.107) Altrettanto importante il capitolo sesto: “La
sfida delle nuove tecnologie”. Qui mette in guardia le persone che “non si
rendono conto di cosa si fa o si potrebbe fare dei loro dati, specialmente se
finiscono nelle mai sbagliate”. (p.113)
La seconda parte del libro, dal capitolo otto
in poi, è più propositiva e affronta le questioni politiche. Pur dichiarandosi
favorevole a mantenere i partiti, Stiglitz scrive che “bisognerebbe
reinventarli”.
Chiama in causa i “movimenti” e scrive che
“avranno più successo se lavoreranno insieme … perché il tutto è maggiore della
somma delle parti” e che “ il partito democratico deve reinventarsi come voce
di questa alleanza”. (p.178).
Nell’ultimo capitolo scrive che “infuria una
lotta tra il bene e il male” (p.240) e mette in guardia dai mali che pochi
leader negativi possono arrecare alla società, ma è fiducioso che il bene possa
trionfare.
Conclude con un’efficace considerazione: "Affinché un buon programma di governo possa
realizzarsi occorre disabituarci all’idea che il Governo sia sempre
inefficiente e sostituirla con l’idea che, come tutte le istituzioni umane,
anche il Governo sia fallibile e possa essere migliorato”.
Enrico Sciarini
Il cibo della saggezza - Mondadori 2020
Titolo intrigante quello scelto dai due Autori,
Franco Berrino, medico epidemiologo e Marco Montagnani, maestro taoista.
E’ la saggezza che deve essere nutrita o è il
cibo che deve essere scelto con saggezza? Non si trova risposta nel libro, ma
si trovavano altre cose interessanti.
Gli Autori compiono insieme una lunga
passeggiata sulle alture del Casentino in provincia di Arezzo. Partono da “La
Mausolea”, sede dell’Associazione “La grande via” e conversando, affrontano
argomenti di attualità e argomenti eterni come “La natura dell’amore”, un
capitolo di otto pagine che da solo vale tutto il libro.
C’è anche un capitolo dedicato “A quel buon senso che genera la pace”.
Poi “Nella gioia dell’unione”
è riportata una pagina del “Galileo” di Bertold Brecht con una profezia: “Se gli uomini di scienza non reagiscono
all’intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per
sapere ….. ogni nuova macchina non sarà che fonte di nuovi triboli per l’uomo.
….. il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall’umanità
…. A ogni vostro eureka risponderà un grido di dolore universale”.
Queste affermazioni, che siano di Galileo
oppure di Brecht sono comunque molto efficaci. Ci sono anche altre sentenze,
come quella attribuita a Thomas S. Eliot che dice: “Dov’è la saggezza che abbiamo perso con la conoscenza? Dov’è la
conoscenza che abbiamo perso con l’informazione?”
Nonostante il libro possa essere considerato
divulgativo della filosofia taoista, contiene insegnamenti validi per ogni
persona di buon senso. Ci spiegano pure che la casualità e la causalità non
sono un semplice spostamento di vocale, ma che la prima NON può essere
controllata, la seconda invece SÌ.
Enrico Sciarini
Ẑiẑek è un filosofo e sociologo sloveno che ha seguito la pandemia
Covid19 dal suo manifestarsi di fine febbraio sino al mese di agosto. Ne ha
fatto oggetto di numerosi articoli pubblicati su importanti riviste e
quotidiani.
Li ha ora raccolti in un libro con il quale
tratta l’argomento affermando che si sta affrontando la pandemia come si
affronta una malattia terminale e cioè con cinque distinte fasi: NEGAZIONE,
RABBIA, NEGOZIAZIONE, DEPRESSIONE, ACCETTAZIONE. Tali fasi le attribuisce alla
psichiatra svizzera Elisabeth Kubler Ross.
Dalla pandemia Ẑiẑek trae questa lezione: “Quello che avete fatto
alla natura, ora la natura lo fa a voi”. (p.47) Continua con
un’altra affermazione: “Non sono un utopista,
non invoco una solidarietà idealizzata, al contrario, la crisi attuale dimostra
chiaramente che la solidarietà e la collaborazione globale sono nell’interesse
di tutti e di ciascuno di noi e sono l’unica cosa razionale ed egoista da
fare.” (p.53) Per questo arriva ad invocare “un comunismo reinventato” e
aggiunge che lo stesso presidente degli Stati Uniti, pur essendo un liberista è
caduto in una forma di socialismo attribuendo ad ogni cittadino toccato dalla
crisi un assegno di mille dollari; Ẑiẑek definisce questa operazione: “socialismo dei ricchi”. (p.71).
Poi ipotizza due mondi futuri: quello di Trump
con la prosperità economica al prezzo di molti morti e quello cinese con il
controllo totale sui cittadini da parte dello Stato. Quando poi tratta il
problema del razzismo negli USA cita la frase del sindaco di Newark: “Non
possiamo vincere con le pistole; per avere una possibilità di vincere, dobbiamo
rivolgerci ai libri” (p.181).
Aggiunge, infine, che “La crisi sanitaria,
quella economica, ambientale, i conflitti internazionali e le proteste
antirazziste costituiscono un potenziale di emancipazione immenso”. (p,182)
Nell’ultimo capitolo si dichiara d’accordo con il virologo Hendrik Screck
secondo il quale non c’è alcuna seconda o terza ondata: siamo in un’ondata
permanente. Conclude scrivendo: “Sì, il distanziamento sociale è simile al
comunismo, per questo ne abbiamo bisogno” Ma abbiamo ancor più bisogno di un
nuovo ordine economico.
Enrico Sciarini