INCONTRI ANNO 2025
INCONTRO 68 - IL SENSO DI UNA FINE di Julian Barnes
VIDEO DELL'INCONTRO
CITAZIONI
"Procediamo a casaccio, prendiamo la vita come viene, ci costruiamo a poco a poco una riserva di ricordi. Ecco il problema dell’accumulo, e non nel senso inteso da Adrian, bensì nel semplice significato di vita che si aggiunge a vita. E, come ricorda il poeta, c’è differenza tra addizione e crescita. La mia esistenza si era sviluppata, o solo accumulata?"
"Con quale frequenza raccontiamo la storia della nostra vita? Aggiustandola, migliorandola, applicandovi tagli strategici? E più si va avanti negli anni, meno corriamo il rischio che qualcuno intorno a noi ci possa contestare quella versione dei fatti, ricordandoci che la nostra vita non è la nostra vita, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato. Agli altri, ma soprattutto a noi stessi"
"Non è affatto vero che la storia è fatta delle menzogne dei vincitori, come sostenni una volta; adesso lo so. È fatta più dei ricordi dei sopravvissuti, la maggior parte dei quali non appartiene né alla schiera dei vincitori né a quella dei vinti."
NOTE BIOGRAFICHE
Nato a Leicester nel 1946 è uno scrittore e saggista britannico tra i più importanti della narrativa contemporanea. Dopo gli studi a Oxford, ha lavorato come lessicografo e critico letterario prima di dedicarsi alla narrativa. Debutta nel 1980 con Metroland, ma il successo internazionale arriva con Il pappagallo di Flaubert del 1984, che consolida il suo stile ironico, colto e riflessivo. Autore versatile, spazia dal romanzo storico alla meditazione filosofica, dalla critica culinaria al memoir. Nel 2011 vince il Booker Prize con Il senso di una fine, una delle sue opere più note. Vive a Londra e continua a pubblicare romanzi, saggi e raccolte di racconti caratterizzati da finezza psicologica e precisione stilistica.
RESOCONTO DELL'INCONTRO
L'incontro del gruppo di lettura natalizio si è concentrato sulla
discussione del romanzo di Julian Barnes, Il senso di una fine,
opera che si è aggiudicata il Man Booker Prize nel 2011. L'autore è stato
collocato da alcuni partecipanti nella corrente letteraria del postmodernismo
britannico, accostato a Ian McEwan. Nonostante i riconoscimenti, l'opera ha
generato una discussione particolarmente vivace, caratterizzata da pareri
fortemente contraddittori.
Molti partecipanti hanno espresso una profonda insoddisfazione nei confronti
del testo, accusando Barnes di difetti stilistici e di un contenuto
intellettuale pretenzioso. Lo stile è stato criticato per la presentazione di
una serie di flash spezzettati che il lettore deve ricomporre,
rendendo il romanzo percepito come un'opera ibrida che non
riesce a essere né una critica intellettuale a livello di Kundera, né una
narrativa avvolgente come quella di Javier Marías. Si è parlato di un
atteggiamento di "sacenza" da parte dell'autore, reo di inserire
massime proprie fingendo che siano citazioni altrui o di riprendere concetti,
come il tempo elastico di Proust, senza attribuirli.
Anche i personaggi principali hanno suscitato critiche negative, venendo
descritti come freddi e antipatici. Tony, il protagonista, conduce una vita che
"se la fa vivere addosso", ma in due occasioni dimostra un lato vendicativo
e livoroso, sia nella lettera crudele inviata ad Adrian sia nel suo
atteggiamento da "stalker" verso Veronica per ottenere il diario.
Adrian, l'intellettuale, commette suicidio dopo aver messo incinta una ragazza,
un gesto che è stato interpretato come una fuga dalla responsabilità
piuttosto che una scelta filosofica. L'insoddisfazione generale è culminata nel
giudizio unanime sul finale, descritto come deludente e forzato, quasi come se
l'autore avesse avuto difficoltà a concludere la storia.
Nonostante le critiche, il romanzo ha offerto molti spunti di riflessione,
soprattutto sui temi della memoria e delle relazioni. La narrazione
frammentata, pur non piacendo a tutti, è stata letta come la rappresentazione
del modo in cui una persona anziana racconta il proprio
passato, un processo confuso e imperfetto. La vecchiaia, infatti, impone una revisione
della propria mente e del proprio vissuto, costringendo a riscrivere i
ricordi con occhi diversi e maggiore consapevolezza.
Un altro tema centrale emerso è l'incapacità comunicativa
di Tony e Veronica, la cui vita è segnata dalle "violazioni" subite,
forse legate alla famiglia disfunzionale di Veronica. La terribile lettera che
Tony aveva scritto anni prima ha innescato una riflessione sul potere delle
parole cattive e sul rimorso, al punto che Tony aveva
cancellato il ricordo di averla scritta, un meccanismo di salvaguardia di
fronte a un lato oscuro di sé. Questo ha portato a un parallelo con la
società attuale, dove la facilità di comunicazione (come le e-mail) non lascia
spazio alla riflessione, in modo simile agli "odiatori dei social".
La discussione ha anche toccato dettagli specifici della trama, come l'eredità
di 500 sterline e il diario lasciati a Tony dalla madre di Veronica. Alcuni
hanno ipotizzato che questa somma modesta, insieme al diario, fosse un gesto
della madre per salvaguardare il rispetto che provava per l'amicizia tra Adrian
e Tony, nonostante la lettera piena di rancore. Infine, l'unico personaggio a
ricevere un apprezzamento quasi unanime è stata Margaret, la moglie di Tony,
vista come l'unica raziocinanza del romanzo.
INCONTRO 67 - IL TALENTO DI MR. RIPLEY di Patricia Highsmith
VIDEO DELL'INCONTRO
CITAZIONI
"Tom sbirciò alle sue spalle e scorse l'uomo che lo seguiva uscire dietro di lui dal Green Cage. Accelerò il passo, ma non c'era ombra di dubbio. l'uomo era proprio alle sue calcagna. Tom lo aveva notato cinque minuti prima mentre questi lo osservava con insistenza da un altro tavolo, come se non fosse del tutto sicuro ma quasi. A Tom però era sembrato sicuro abbastanza da indurlo a bere di un fiato il suo drink, pagare in gran fretta e lasciare il locale." p. 5
" Ogni mattina ammirava dalla finestra della sua camera da letto il sole che sorgeva tra le brume mattuttine, lottando con le nubi basse sui tetti della città così serena e vincendo, infine, in tutto il suo fulgore verso mezzogiorno. L'inizio così pieno di pace delle sue giornate era per lui una rinnovata promessa di un futuro sereno. Ormai le giornate si facevano sempre più calde. C'era più luce e meno pioggia. La primavera era alle porte e una di quelle mattine, una mattina più bella e radiosa di quelle che stava vivendo, sarebbe finalmente partito per la Grecia."p. 276
NOTE BIOGRAFICHE
Patricia Highsmith, pseudonimo
di Mary Patricia Plangman conosciuta anche col nome di Claire
Morgan (Fort Worth, 19 gennaio 1921 – Aurigeno, 4 febbraio 1995), è stata una scrittrice statunitense noir.
Divenne nota per i suoi thriller psicologici da cui sono stati tratti più di 24 adattamenti cinematografici; il suo primo romanzo, Sconosciuti in treno, è stato adattato sia per il palcoscenico che come film più volte; è famosa in particolare la versione di Alfred Hitchcock del 1951. Oltre alla sua serie di cinque romanzi con Tom Ripley come protagonista, ha scritto altri 18 romanzi e numerosi racconti.
Patricia
Highsmith era figlia unica della coppia di artisti Mary Plangman (nata Coates)
e Jay Bernard Plangman. La coppia divorziò dieci giorni prima della nascita
della figlia.
Nel 1927,
Highsmith, la madre e il patrigno adottivo, che la madre aveva sposato nel
1924, si trasferirono a New York.
All'età di 12
anni, Highsmith fu mandata a Fort Worth e visse per un anno con la nonna
materna. Definì questo "l'anno più triste" della sua vita, poiché si
sentì "abbandonata" dalla madre. Quindi tornò a New York per
continuare a vivere con la madre e il patrigno.
Secondo la
Highsmith, una volta la madre le disse che aveva cercato di abortire
bevendo acquaragia, anche se una biografia della
Highsmith indica che Jay Plangman cercò di convincere la moglie ad abortire, ma
lei rifiutò. La madre di Highsmith morì soli quattro anni prima della
scrittrice, vivendo fino all'età di 95 anni.
Highsmith
dimostra fin dalla giovane età un grande talento verso la scrittura Il suo primo romanzo, Sconosciuti in treno, è del 1950 e
alla sua prima apparizione negli Stati Uniti non
riscuote un grande successo; tuttavia il grande regista Alfred Hitchcock ne fa il soggetto per il suo film L'altro uomo. Forse anche a causa delle tematiche forti e
talora disturbanti, la scrittrice è stata più apprezzata dalla critica europea che non da quella del suo paese natale.
InEuropa Highsmith ha vissuto dal1963 sino
alla sua morte.
Nella sua casa
ad Aurigeno nel comune di Maggia e poi in quella di Tegna,
entrambe in Svizzera ha trascorso gran parte della
sua vita appartata e lontana dai riflettori della notorietà, coltivando anche
diverse relazioni omosessuali.
Tra i suoi personaggi più noti c'è l'amorale Tom Ripley, truffatore, assassino, protagonista di cinque
romanzi dell'autrice e portato più volte anche sugli schermi del cinema da famosi registi, da Renè Clement Delitto in pieno sole ad Anthony Minghella Il talento di Mr. Ripley, passando per Win Wenders L'amico americano e Liliana Cavani Il gioco di Ripley.
RESOCONTO DELL'INCONTRO
La discussione si è focalizzata sull'analisi
approfondita del romanzo Il talento di Mr. Ripley, pubblicato
originariamente nel 1955, un'opera che, pur essendo annoverata nel genere noir,
ha suscitato reazioni intense e contrastanti tra i partecipanti.
Tom Ripley viene inizialmente dipinto come un
personaggio marginale, un "truffatore" e una "mezza tacca,"
mosso da meschinità, invidia e avidità. Tuttavia, nel corso del romanzo, egli
si rivela un camaleonte dotato di un "sangue freddo micidiale" nei
momenti cruciali. Il suo talento principale è quello di indossare maschere,
sfruttando le debolezze altrui a proprio favore.
Un'analisi psicologica suggerisce che Ripley sia un narcisista
e un manipolatore, un individuo "vuoto" che agisce come un
"vampiro" che deve succhiare la vita degli altri. La sua
trasformazione è innescata dall'invidia, concepita come una rivalità imitativa
e introiettiva: egli mira ad imitare e sostituirsi al soggetto prescelto.
L'omicidio avviene quando l'impossibilità di raggiungere tale scopo, unita al
sentirsi rifiutato, innesca l'eliminazione difensiva della bontà dell'oggetto
desiderato.
Ripley compie talvolta delle "stupidate" ma
possiede una capacità incredibile di ripararle in modo geniale, usando l'errore
per mettere in risalto la sua genialità. La sua audacia è evidente quando si
inserisce come un "cuneo" tra Dickie e la fidanzata Marge, generando
volutamente disarmonia. La sua temerarietà, guidata dall'adrenalina, lo spinge
persino a "alzare la posta" quando viene interrogato
dall'investigatore privato americano.
Il romanzo è considerato anomalo rispetto al
"giallo" tradizionale poiché l'assassino è noto fin dall'inizio. La
scrittrice, Patricia Highsmith, non offre una valutazione morale del
protagonista, portando il lettore ad accettare la mancanza di morale che
accomuna Ripley a Dorian Gray.
L'elemento più apprezzato è il flusso di coscienza di
Ripley, che attraversa l'intero libro. Questa tecnica permette al lettore di
sentire i suoi pensieri, un continuo "chiacchiericcio della mente"
che rende l'esperienza di lettura profondamente inquietante e coinvolgente.
Highsmith è stata ritenuta bravissima a bilanciare questo flusso interiore con
le azioni fisiche.
La scelta di narrare interamente dal punto di vista di
Ripley (prima persona) è stata definita una "scelta vincente",
creando una suspense raffinata che non dipende dal sangue o da movimenti
splatter, ma dalla psicologia. Molti partecipanti hanno ammesso di
essersi trovati dalla parte dell'assassino, provando ansia e persino un senso
di soddisfazione quando Ripley riusciva a cavarsela. Questa capacità di indurre
il lettore a immedesimarsi nell'assassino è stata paragonata ad autori come
Agatha Christie e Simenon.
Il contesto storico, ambientato negli anni '50, gioca
un ruolo cruciale, rendendo credibili le azioni di Ripley grazie alla lentezza
delle comunicazioni (lettere, viaggi in nave) e all'assenza di telecamere.
L'Italia è descritta con gli occhi dei turisti, e la polizia è vista come
inefficace o persino "asservita" agli Stati Uniti.
Sono stati evidenziati due simboli che arricchiscono
la narrazione psicologica.
Il Frigorifero ad esempio viene menzionato con
insistenza, forse come un "totem" o l'emblema di un "oggetto del
desiderio" tipico degli anni '50, o ancora, simbolo del fallimento di
Ripley nel riportare Dickie in America.
Anche le scale assumono un valore psicologico,
riflettendo lo stato d'animo di Ripley: la salita iniziale è faticosa, ma una
volta divenuto "un'altra persona," le scale vengono affrontate con
tranquillità. La "discesa negli inferi" si manifesta invece nei
momenti di maggiore rischio, quando potrebbe essere scoperto.
La scelta di abbinare il libro a Il ritratto di
Dorian Grey si basa sulla tematica comune dell'identità e dell'influenza.
Entrambi i romanzi affrontano il rifiuto della propria personalità e il
desiderio di un cambiamento radicale, assumendo le sembianze o la vita di un
altro. Sebbene le opere condividano l'assenza di moralità e il fascino
esercitato dai protagonisti, è stato riconosciuto che Dorian Grey
affronta temi filosofici più profondi, collocandoli su livelli diversi e
lontani nel dettaglio.
In conclusione, l'abilità di Patricia Highsmith nel
delineare la psicologia borderline e narcisistica di Ripley, unita
all'uso del flusso di coscienza e all'assenza di giudizio morale, ha reso il
romanzo un "capolavoro" del genere noir.
INCONTRO 66 - UNDICI di Andrej Longo
VIDEO DELL'INCONTRO
CITAZIONI
"Devo camminare non posso fermarmi, se mi fermo mi arrivano i pensieri. Cammino. Vado sul pontile dove stanno le barche. Arrivo fino in fondo. Vorrei mettermi a letto e dormire un giorno intyero, dormire una settimana intera, dormire per sempre ma non riesco a prendere sonno, pure se prendo le pasticche non dormo, mi sveglio la notte e comincio a pensare. Sono così stanca adesso." p.64
" Attraverso il vetro vedo le macchine che camminano piano nel traffico. più avanti, dalla parte del mare, le nuvole scure si muovono veloci nel cielo. Il semaforo diventa rosso e le macchine si fermano. Un ragazzo, con in testa un cappello enorme colorato di giallo, scende dal marciapiede e comincia a lanciare in aria delle palle da tennis.".p201
NOTE BIOGRAFICHE
Andrej Longo non ama parlare molto di sé. A lui piace ascoltare
soprattutto i racconti degli altri e quello che pensano della vita.
Nato a Ischia e lì per molto tempo ha vissuto. A 12 anni ha scoperto che leggere libri era una cosa meravigliosa. A 13 ha imparato a giocare a scacchi. Dai 14 ai 17 anni se n’è andato in giro per l’Italia con la tenda e il sacco a pelo per fare tornei di scacchi. D’estate ha spesso lavorato a Ischia con il turismo: istruttore di windsurd, bagnino, cameriere, agenzie di viaggio, animatore, eccetera. Ha fatto studi un po’ confusi che sono terminati con la laurea al Dams. Poi ha seguito corsi di regia, di cinema e di sceneggiatura e da lì a poco ha cominciato a scrivere per la radio e per il teatro. Più raramente per il cinema.Ma il suo sogno era scrivere romanzi. Era una cosa che immaginava sin da ragazzo.
Ha vinto diversi premi letterari tra cui il bagutta e il premio Chiara.
A un certo punto della vita ha deciso che avrebbe scritto solo quello che gli piaceva. Così ha imparato un altro lavoro, il pizzaiolo.
Ha scelto questo lavoro perchè gli piaceva l’odore delle cucine e questi uomini vestiti di bianco che sembravano un po’ maghi e un po’ dottori. Guarda caso, appena ha cominciato a guadagnare qualcosa con le pizze gli hanno pubblicato il primo libro,
Lui comunque dice che scrivere non è un lavoro vero, perchè lui
scriverebbe ugualmente se con le sue storie non guadagnasse un euro. Però dice
anche che la scrittura è una cosa seria e bisogna farlo con serietà, onestà e
passione.
Che poi alla stessa maniera bisognerebbe vivere.
I suoi romanzi sono:
Prima o poi tornerò (1992) — racconto pubblicato insieme a Lina Wertmüller
Più o meno alle tre (2002) — raccolta di racconti ed esordio letterario
Adelante (2003) — romanzo con cui ha vinto il Premio Nazionale Letterario Pisa
Dieci (2007) — raccolta di racconti ambientati a Napoli ispirati ai Dieci Comandamenti; pluripremiata
Chi ha ucciso Sarah? (2009) — romanzo giallo morale ambientato a Posillipo, indagine e introspezione interiore
Lu campo di girasoli (2011) — romanzo ambientato nel Sud, lingua immaginata dai dialetti meridionali
L’altra madre (2016) — romanzo ambientato a Napoli tra giovani vite e scelte difficili
Solo la pioggia (2021) — breve romanzo intenso su tre fratelli, edito da Sellerio
Mille giorni che non vieni (2022) — romanzo più recente edito da Sellerio, riflessioni sul percorso personale
Undici. Non dimenticare (2025) — raccolta di undici racconti al femminile ambientati a Napoli e dintorni; tema della memoria e della speranza
RESOCONTO DELL'INCONTRO
L'incontro del
gruppo di lettura è stato interamente dedicato all'esplorazione delle due
intense raccolte di racconti di Andrej Longo: Dieci (2007) e la
più recente Undici (pubblicata nel 2025). Il dibattito si è
svolto in preparazione all'incontro con l'autore, Andrej Longo, e l'entusiasmo
era palpabile, data la statura e l'originalità del narratore.
Sebbene i
libri siano stati pubblicati a distanza di tempo, i partecipanti hanno notato
che sono profondamente interconnessi, quasi fossero "capitolo 1 e capitolo
2" di un unico progetto.
Il primo elemento che ha colpito tutti è stata la straordinaria
abilità narrativa di Longo. La sua scrittura è stata definita cinematografica.
Longo riesce a descrivere le azioni in modo così vivido che si ha l'impressione
di guardare una serie televisiva o un film. Un partecipante ha persino
immaginato un non vedente che ascolta le scene descritte attraverso i
sottotitoli.
Questa immediatezza è amplificata dall'uso sapiente
del napoletano mescolato con l'italiano. Questo linguaggio non è un dialetto staccato
o intellettualistico, ma è usato in modo così naturale ed efficace da far
sentire il lettore all'interno della scena. Molti lo hanno apprezzato per la
sua aderenza alla realtà e per la sua attualizzazione notevolissima della
letteratura.
I racconti, tuttavia, non lasciano spazio a facili
consolazioni. Sono stati definiti "molto dolorosi",
"crudi", "brucianti", paragonati a una "doccia
fredda" o un "pugno nello stomaco". Longo è un maestro del
racconto breve: in quattro o cinque pagine, senza fronzoli, riesce a
tratteggiare personaggi in maniera indelebile e a dare l'idea di una vita
intera.
Molti partecipanti hanno sottolineato che le storie di
Longo affondano le radici in fatti di cronaca quotidiana e in situazioni di disagio
sociale. Nonostante l'ambientazione sia spesso il Sud o Napoli, si è
riconosciuto che il "mondo sotterraneo" e i problemi di solitudine e
degrado sono universali e rintracciabili anche in città come Milano.
Tra le vicende più impattanti si
citano:
L'Orrore Quotidiano che è
descritto nel racconto "la sedia" in Undici, tratto da un fatto reale,
cioè l'omicidio di Maurizio Cerrato a Torre Annunziata nel 2021 per un posto
auto. Questo episodio, sebbene banalissimo nella sua origine (lo spostamento di
una sedia), evidenzia la brutalità e il dominio che la camorra esercita sui
cittadini e la difficoltà di vivere in quei quartieri.
Il Declino Umano che si ritrova
nella storia di un giovane talentuoso, destinato al successo (magari a
Sanremo), che finisce per indebitarsi e diventare una cavia per testare
sostanze stupefacenti pur di ripagare il debito. Il racconto si rivela come
un'agghiacciante rappresentazione della degenerazione umana.
La Solitudine è descritta
nel racconto della porta rossa dove una donna finge di mettere in vendita la
sua casa per godere della compagnia dei possibili acquirenti.
La Sofferenza raggiunge il culmine nel
racconto della madre malata che non ce la fa più e del figlio che la aiuta a
smettere di soffrire in Dieci.
Lo Sfruttamento e la Schiavitù
si ritrovano in diversi racconti come il lavoro manufatturiero svolto dai
cinesi, il commercio clandestino di organi e la violenza nelle carceri.
Una caratteristica distintiva, soprattutto in Undici,
è la capacità di Longo di calarsi nelle situazioni femminili con grande
sensibilità. I racconti sono popolati da madri, figlie, mogli e vedove che
affrontano la solitudine, la malattia (l'Alzheimer è citato come un tema
devastante) e la brutalità della vita. Molte di queste donne, pur nella
sofferenza, dimostrano un grande coraggio.
Un esempio di sprazzo di luce in Dieci è la
storia della madre che decide di supportare la figlia nel rinunciare al
matrimonio, per non farle ripetere la stessa vita che aveva condotto lei
stessa.
Se Dieci
è stato percepito come veramente buio, in Undici alcuni lettori hanno
trovato un po' più di luce e speranza.
La speranza è visibile nel racconto Per Sole Donne,
dove una madre, di fronte a una decisione cruciale, si chiede: "Vogliamo
provare a cambiare questo mondo?". Oppure nell'episodio della bambina che,
dopo aver assistito a un omicidio, prende la bicicletta e si allontana da quel
mondo negativo.
Un racconto
particolarmente apprezzato è quello della badante ignorante, Anna, che trova e
impara a leggere un libro della poetessa Anna Achmatova, riuscendo poi a
diffondere speranza anche agli altri.
Destino o Caso? Longo affronta un dilemma esistenziale
che collega il primo all'ultimo racconto di Undici: la vita è un
"programma stabilito o se tutto capita per caso". La risposta, o
almeno una riflessione, arriva con l’appendice, che è di natura autobiografica.
Longo narra di sua madre, Lucia, che si salvò durante i bombardamenti dell'8
settembre del '43, solo perché un raffreddore la spinse a cambiare letto.
L'autore sembra quindi suggerire che, oltre alle azioni e alle intenzioni
umane, è a volte il caso a risolvere tutto.
L'autore, descritto come una persona con una vita avventurosissima,
ha suscitato grande interesse anche per la sua capacità di riconoscere il
contributo di chi legge i suoi manoscritti, creando un scambio quasi corale e
dimostrando grande sensibilità e rispetto. Non a caso, è stato Longo stesso a
chiedere che i suoi racconti venissero proposti al gruppo di lettura per
poterne discutere direttamente con i partecipanti.
INCONTRO 65 - VITA E DESTINO di Vasilij Semënovič Grossman
VIDEO DELL'INCONTRO
CITAZIONI
" C'è un limite al progresso che crea macchine a immagine e somiglianza dell'essere umano? Evidentemente no.Possiamo immaginarcele le macchine dei secoli e dei millenni a venire. Ascolteranno la musica la musica, apprezzeranno la pittura, sapranno dipingere quadri e comporre melodie e versi.
C'è un limite alla loro perfezione? Terranno testa all'uomo o faranno meglio di lui?" p232-233
“L’amicizia è uno specchio in cui l’uomo si riflette. A volte, chicaneando con un amico impari a conoscerti e comunichi con te stesso.
L’amicizia è uguaglianza e affinità. Ma l’amicizia è anche differenza e disparità.
L’amico è colui che ti perdona debolezze, difetti e vizi, che conferma la tua forza, il tuo talento, i tuoi meriti.” p.401-402
NOTE BIOGRAFICHE
GROSSMAN, Vasilij Semenovič - Scrittore russo, nato a Berdičev il 29 novembre1905, morto a Mosca il 14 settembre 1964. Figlio di un chimico, compì studi fisico-matematici all'università di Mosca, e dal 1932 lavorò come ingegnere chimico nel bacino minerario del Donbass.
Stabilitosi a Mosca, Grossman si dedicò interamente alla letteratura. Sono di questi anni i racconti: Nella città di Berdičev, su un episodio della guerra civile; Quattro giorni, Compagno Fedor, La cuoca, in cui descrive con sobrio realismo il coraggio del popolo all'epoca della lotta clandestina contro lo zarismo e durante la guerra civile, e un romanzo in quattro volumi, Stepan Kol'čugin (1937-40), il cui protagonista è seguito nel suo sviluppo da giovane operaio di un villaggio di minatori a bolscevico rivoluzionario.
Corrispondente dal fronte del giornale Krasnaja zvezda, Grossman ottenne grande popolarità con il romanzo breve Il popolo è immortale, 1942, primo grande affresco della guerra quale atto di eroismo di un intero popolo, raccontato liricamente. Da questo momento la riflessione sulla guerra e sul suo significato acquista un ruolo centrale nell'opera di Grossman: a esclusione di una pièce, Se dobbiamo credere ai pitagorici, scritta prima della guerra e pubblicata nel 1946, le sue opere hanno come nodo centrale la battaglia di Stalingrado.
Dagli schizzi del ciclo Stalingrad 1943 si passa a epopee di sempre maggior respiro. Si tratta di riflessioni dolenti, oneste, preoccupate: già Per una giusta causa, concepito come prima parte di una dilogia e pubblicato nel 1952 sulla rivista Novyj Mir, dopo un'accoglienza calorosissima da parte della critica e soprattutto del pubblico, fu sottoposto nel 1953 a duri attacchi: gli eroi del romanzo non sono rappresentativi, ci sono più ebrei che russi, il ruolo del partito non è sottolineato abbastanza. La morte di Stalin impedisce che Grossman paghi un prezzo toppo alto per queste accuse: i detrattori si scusano, il romanzo è pubblicato in volume.
La sua crisi, morale e filosofica, si approfondì, esprimendosi nella seconda parte della dilogia, Vita e destino, 1984, portata a termine nel 1960 e consegnata alla redazione della rivista Znamja; dopo un anno di silenzio il romanzo fu ''arrestato'' dal KGB: Grossman, cui stranamente non si tolse lo status di autore classico sovietico, non sopravvisse al dolore, si ammalò e morì dopo aver scritto ancora qualche breve racconto Salve!, appunti relativi a un soggiorno di due mesi in Armenia pubblicati postumi a Erevan .
RESOCONTO DELL'INCONTRO
L'incontro in videoconferenza è stato interamente
dedicato a un'analisi approfondita del romanzo monumentale di Vassili Grossman,
"Vita e Destino". L'opera è stata universalmente definita come
"incredibile", "ricca" e "poliedrica", capace di
spaziare dalla storia all'umanità, fino al significato profondo dell'amicizia e
della giustizia. La sua statura letteraria è tale che George Steiner lo definì
"uno di quei libri che ecclissano quasi tutti i romanzi che oggi in
Occidente vengono presi sul serio".
I partecipanti hanno riconosciuto che, a causa della
sua vastità e densità, con molte storie che si intersecano e numerosi
personaggi (elencati tra 143 e 154 in alcune edizioni), il romanzo richiede una
lettura lenta e meditata. È un'opera che per molti risulta da rileggere,
concepita quasi come un puzzle o tanti libri incastrati.
Si ritiene che Grossman si sia identificato in larga
misura nel personaggio di Strum, il quale rappresenta un polo morale e la cui
crisi di coscienza è descritta come incredibile. Strum è l'alter ego che trova
rifugio nella scienza non trovando spazio nella religione o nella politica.
Grossman, ebreo assimilato e cosmopolita, era, come
Primo Levi, un uomo di scienza (un chimico) e un corrispondente di guerra a
Stalingrado. Entrambi credevano nella scienza quasi come un rifugio, pur
affrontando le atrocità dei lagher senza cadere nell'enfasi patetica. Il
dilemma tra lo studio scientifico per la difesa della nazione (il bene) e la
potenziale creazione di qualcosa di terribile (il male), come la fusione
nucleare a cui lavora Strum, è un nodo cruciale.
A livello biografico, Grossman viene descritto come
"l'unico" scrittore del suo calibro ad aver subito una
"conversione". Non fu un dissidente per scelta, ma proveniva dalle
file del marxismo, e la sua trasformazione, spinta dalla comprensione della
disumanità della guerra, fu "lenta, però inesorabile". Egli
sperimentò una profonda perdita di fiducia nel sistema sovietico, lacerato dal
fatto che lo Stato per cui aveva combattuto riproduceva le stesse mostruosità
che si prefiggeva di combattere.
Nonostante la sua complessità, il romanzo è apprezzato
per la capacità di Grossman di descrivere le atrocità con una "sensibilità
incredibile", mantenendo una lingua "asciutta", raffinata e
letteraria, senza scadere nel patetico. Grossman è anche considerato un poeta,
capace di lirismo nella descrizione di scene di guerra, come l'alba sul Volga
ghiacciato. La sua opera è stata accostata a "Guerra e Pace" di
Tolstoj per la natura epica, ma possiede una struttura più moderna.
Un'ipotesi discussa è che la caoticità e l'alto numero
di pagine del testo potessero essere un tentativo di "depistare la
censura", anche se si è notato che i contenuti sovversivi erano già
presenti sin dalle prime pagine.
Il romanzo è illuminante per i suoi spaccati di
umanità, in cui si vede sempre una "fiammella di umanità" anche nelle
situazioni più tragiche. Vengono evidenziati atti di contrasto
all'autoritarismo, come un capitano che disubbidisce a un ordine diretto di
massacro pur di salvare la vita di alcuni giovani, a grave rischio personale.
Vengono descritte la forza dell'amore coniugale (Krimov durante
l'interrogatorio), l'importanza della matriarca (la madre di Strum) come punto
di riferimento, e persino il rispetto per gli animali (come la preoccupazione
dei soldati a Stalingrado di non calpestare le formiche).
In termini di critica politica, è stata citata la
frase della figlia di Strum, Nadia: "I rivoluzionari o sono scemi o sono
disonesti non si può sacrificare un'intera generazione per una fantomatica
felicità futura".
L'esperienza di lettura è stata sintetizzata
metaforicamente come "una rosa rossa": il colore rosso simboleggia
l'ideale di libertà e giustizia, e i petali rappresentano le molteplici storie
che si intersecano, tutte accomunate da questi valori.
Per una comprensione più completa, è stato suggerito
ai partecipanti di leggere prima il romanzo "Stalingrado", in cui
molti personaggi di "Vita e Destino" sono solo accennati. La
discussione si è conclusa con l'annuncio della prossima lettura del gruppo: i
romanzi di Andrei Longo.
INCONTRO 64 - QUANDO LE MONTAGNE CANTANO di Nguyễn Phan Quễ Mai
VIDEO DELL'INCONTRO
CITAZIONI
" Prima di quel giorno, odiavo a morte gli americani e i loro alleati. Li odiavo per aver bombardato la nostra gente, per aver ucciso civili innocenti. ma da allora ho odiato la guerra."
"Di fronte a me centinaia di sampane scivolavano sull'acqua color smeraldo.[...] per un po' ci è sembrato di aver lasciato la guerra ed essere entrati in un mondo di pace. Niente più bombe e proiettili, niente più morte. [...] In quelle grotte ho respirato la dolcezza della pace, Huong. L'ho inspirata a pieni polmoni, desiderandola con tutto me stesso,[...] avrei voluto restare lì per sempre" pag.182
Ciò che disse mio zio mi fece pensare. Anche io avevo odiato l'America. Eppure leggendo i loro libri, mi ero imbattuta in un altro asepttodi quel popolo: la loro umanità. mi ero convinta che, se le persone avessero incominciato a leggere e a scoprire le culture degli altri popoli, non ci sarebbero più state guerre".p.185
"Una parte della nostra storia è stata cancellata, assieme alle vite di innumerrvoli persone. Ci è proibito di parlare di eventi collegati a errori del passato o a comportamenti illeciti di chi comanda, perchè proprio chi ci comanda si è arrogato il diritto di riscrivere la storia".p.191
NOTE BIOGRAFICHE
Nguyễn Phan Quế Mai nasce in un villaggio
nel nord del Vietnam nel 1973. A sette anni migra con la famiglia nel Delta del Mekong. I suoi genitori sono insegnanti e
coltivatori di riso; per aiutare la famiglia svolge diversi lavori tra cui la
coltivatrice di riso e la venditrice di verdure e sigarette.
Nel
1992 riceve una borsa di studio dal governo australiano che le permette di
studiare quattro anni a Melbourne, per poi laurearsi in economia aziendale e amministrazione aziendale alla Monash University.
Torna
in Vietnam dove contribuisce allo sviluppo sostenibile del suo Paese attraverso
la sua posizione presso le organizzazioni internazionali, comprese le agenzie
delle Nazioni Unite. Fonda Chắp Cánh Ước Mơ Volunteer Group, un
gruppo di volontariato per sostenere i bambini ammalati di cancro.
Nel
2012 riceve una borsa di studio dalla Lancaster University e inizia così un master in scrittura
creativa che conclude nel 2020 con il dottorato.
Nel
2021 entra a far parte dell'organizzazione no-profit Room to Read, promuovendo
l'alfabetizzazione e l'accesso alle biblioteche scolastiche nelle aree più
povere.
Nguyễn
Phan Quế Mai ha due figli; suo marito lavora negli ambiti dello sviluppo e
della riduzione della povertà. Nel 2023 è impegnata nello sviluppo sostenibile
del Vietnam, oltre che scrivere per diversi giornali vietnamiti come il Tuổi
Trẻ. È Peace Ambassador di PeaceTree Vietnam, un'organizzazione che lavora per
rimuovere le bombe inesplose in Vietnam ed è ambasciatrice dell'organizzazione
no-profit DVAN che sostiene gli scrittori vietnamiti.
RESOCONTO DELL'INCONTRO
Il romanzo "Quando le montagne cantano"
è descritto come una saga familiare e un romanzo storico. Il titolo stesso ha
un significato profondo: Il titolo è legato alla credenza che il canto di alcuni
uccelli raggiunga il cielo e che gli spiriti dei defunti ritornino sulla terra
sulle ali del loro canto. Questa spiritualità, legata anche al buddismo, vede
gli antenati come presenze che vegliano sul futuro e si manifesta nel recupero
del valore della vita attraverso la meditazione e i canti degli antenati,
affermando che solo attraverso l'amore si può sfuggire all'oscurità del male.
Il libro attraversa molti anni di storia,
focalizzandosi sulla guerra del Vietnam. Le fonti menzionano l'occupazione
giapponese dell'Indocina nel 1951 e l'espulsione dei francesi nel 1954. Il
romanzo esplora gli orrori della guerra, le armi chimiche usate e la brutalità
degli eventi. Un aspetto notevole è la rappresentazione del totalitarismo
attraverso temi come la riforma agraria e la rieducazione, che imponevano una
cieca obbedienza e annullavano la libertà individuale, un sistema che viene
paragonato ai gulag russi o al nazismo per la sua logica di svilimento e
distruzione.
Nonostante le atrocità, un tema centrale è la resilienza
e l'umanità, incarnate dalla figura della nonna, che mostra empatia, coraggio e
una visione orientata al futuro. Lei riesce ad andare avanti senza odio, anche
nei confronti di coloro che le hanno fatto del male, come i giapponesi che le
hanno ucciso il padre. Questa capacità di superare l'odio viene trasmessa alla
nipote.
La letteratura e la cultura giocano un ruolo fondamentale nel romanzo.
Attraverso la lettura, la nipote trova conforto e consolazione, arrivando a
capire che non tutti gli americani sono "mostri". Si sottolinea che "con
la cultura, se ci fosse più cultura, non ci sarebbe la guerra". La
letteratura offre un mezzo per superare le difficoltà, come dimostrato dalla
nipote che usa le lezioni di un libro per difendere la nonna.
Riguardo allo stile, il romanzo è stato scritto dall'autrice, che è
vietnamita, per la prima volta in inglese. Alcuni lettori hanno trovato la
scrittura "semplice" o "povera", probabilmente a causa
della traduzione o della scelta stilistica dell'autrice di usare un linguaggio
diretto e lineare. Nonostante questa semplicità, il testo è considerato molto
coinvolgente e in alcuni tratti mostra "molta poesia e grazia",
mantenendo un senso di leggerezza anche di fronte a situazioni truculente. Il
romanzo offre una prospettiva vietnamita sulla guerra, che è meno comune
rispetto ai racconti occidentali.
INCONTRO 63 - GDL POESIA
VIDEO DELL'INCONTRO
Lunedì 16 Giugno il Gruppo di lettura ha parlato di poesia. Il nostro ospite Alessandro Angelelli che avevamo conosciuto l'anno scorso ha interpretato le poesie che i partecipanti avevano selezionato.
Abbiamo visto che la poesia è tante cose: è prosa ed è musica ma soprattutto ha valenza universale.
E' stato bello immergerci nella musicalità e profondità di questo genere letterario.
INCONTRO 62 - NOI CHE CI VOGLIAMO COSI' BENE di Marcela Serrano
VIDEO DELL'INCONTRO
CITAZIONI
A Rafael la gente non era mai piaciuta, tanto meno gli “intellettuali della sinistra d’oro”, come definiva Magda il proprio ambiente. Lei invece si sentiva. A proprio agio e parte dell’ insieme. Le piaceva stare seduta accanto al fuoco con un bicchiere di whisky in mano, circondata da amici che discutevano, ascoltando fino all’alba le analisi sulla congiuntura politica, intervenendo, scaldandosi, vibrando con lo sviluppo dei fatti, sentendosi sempre protagonista del divenire del proprio paese.p.119
Appoggio’ la sua guancia sulla fronte umida di Maria e l’abbraccio del ballo si fece più stretto.
È sempre di più, come a voler raccogliere in un cerchio tutta la sensualità che stavano sprigionando. Quando cominciarono a sentire dentro di sé l’uno il sesso dell’altra, sentirono anche che erano amici da lungo tempo e si adagiarono nella nitidezza di quella sensazione.p.122
“Decise di raccontare per la prima volta ciò che le era capitato. Scelse me. Io l’ascoltai. Non le dissi grandi cose. Ma lei si liberò in modo incredibile per il fatto di aver lasciato che l’esperienza si tramutasse in parola. Come se, nel farsi verbo, il passato si relativizzasse, e il fatto in sé smettesse di opprimerla.
La morale a cui giunsi, Ana, dopo quell’esperienza, fu che non c’è nulla di così terribile che non possa essere detto. Che nel
rendere pubblica una colpa privata, trasformi la colpa in vergogna, stato d’animo molto più dominanbile.
Quella donna si risposò ed ebbe un rapporto, come era auspicabile, assolutamente normale. Più tardi mi rivelò che l’aver parlato con me era stato vitale, le era stato di enorme aiuto, e mi ringraziava per questo. Io risi e con tutta modestia, virtù abbastanza rara in me, le spiegai che non avevo fatto proprio niente. La sua salvezza era stata quella di distruggere il carattere di tabù della storia: io avevo fatto solo da detonatore.”
NOTE BIOGRAFICHE
Nasce a Santiago del Cile nel 1951. È figlia della romanziera Elisa
Pérez Walker e del saggista Horacio Serrano, ed è la quarta di cinque sorelle,
con due delle quali trascorre un anno a Parigi per studiare
alla "Maison des Amériques". Nel 1973, a causa del golpe militare, lascia il Cile e si trasferisce
in Italia a
Roma.
Nel 1977
rientra definitivamente in Cile. Si iscrive alla facoltà di Belle Arti della Pontificia Università Cattolica del
Cile, ottenendo il diploma in incisione nel
1983. In seguito lavora in diversi ambiti delle arti visive,
vincendo anche un premio del Museo delle Belle Arti per un lavoro sulle donne
del sud del Cile, ma presto abbandona queste attività. Sebbene cominci a
scrivere molto presto, pubblica il suo primo romanzo, Noi che
ci vogliamo così bene, nel 1991.
Il romanzo
è la rivelazione dell'anno e vince nel 1994 il Premio Sor Juana Inés de la Cruz, il Premio Feria
del Libro de Guadalajara e nel 1996 il premio della casa editrice
francese Coté des Femmes, come miglior romanzo ispanoamericano scritto
da una donna. Nel 1993 pubblica Para que no me olvides, che ottiene
il Premio Municipal de Literatura , a Santiago del Cile. Nel
1995 scrive in Guatemala Antigua, Vita Mia e nel 1997 L'albergo delle donne tristi.
Dopo molte
riedizioni dei precedenti romanzi, pubblica il romanzo giallo Nostra signora della solitudine (1999), i racconti Un mundo
raro (2000), Quel che c'è nel mio cuore (2001), finalista del Premio
Planeta 2001 a Barcellona e Arrivederci
piccole donne (2004).
Marcela
Serrano è una delle figure più rinomate e significative della nuova narrativa del
suo paese e dell'America Latina. Ha vissuto in Messico col marito,
Luis Maira Aguirre, e le loro due figlie, Elisa e Margarita, poiché il marito è
stato ambasciatore del Cile in Messico e Belize fino al 2003 e
dal 2004 al 2010 ambasciatore in Argentina.
RESOCONTO DELL'INCONTRO
Il gruppo di
lettura si è riunito per discutere il romanzo "Noi che ci vogliamo
così bene" di Marcela Serrano. Scritto nel 1991, il libro è
ambientato a ridosso della fine della dittatura in Cile ed è stato
pluripremiato. La storia narra di un gruppo di amiche di vecchia data che si
ritrovano in una casa in riva a un lago e iniziano a dialogare, facendo emergere
ricordi. È definito un libro femminista.
Nonostante il
successo e il riconoscimento ricevuti, la discussione ha rivelato pareri
contrastanti tra i partecipanti. Alcuni hanno trovato l'opera
deludente rispetto ad altri autori cileni, percependo una visione
"edulcorata" della dittatura. L'impressione generale è stata che
assomigliasse più a una raccolta di articoli di riviste femminili
degli anni '80-'90 piuttosto che a un'opera letteraria profonda.
Le critiche
principali si sono concentrate sullo stile narrativo e sulla
struttura. La scrittura è stata definita priva di agilità, difficile,
fastidiosa e frammentata, con continui salti nel passato che rendono la trama
poco scorrevole e lenta. Questa frammentazione ha portato i lettori a perdersi
nelle numerose storie dei personaggi, trovando difficile seguirle. Nonostante
la descrizione iniziale della casa al lago, l'ambientazione non è un punto
fisso per l'emersione delle storie, che si perdono invece in flashback dei
dieci anni della loro conoscenza.
Tuttavia, sono
stati riconosciuti anche degli aspetti positivi. Il valore
dell'amicizia femminile, vista come un sostegno fondamentale
nei momenti difficili, è un tema centrale e apprezzato, considerato una
caratteristica distintiva dell'autrice che ricorre anche in altri suoi libri.
Il romanzo è inoltre costellato di frasi molto incisive e memorabili,
quasi "epitaffi", che offrono spunti di riflessione psicologica
profonda. Un esempio citato è l'osservazione che gli uomini sembrano
"vivere i rapporti mentre le donne li pensano". Particolarmente
potente è stata ritenuta la frase che descrive il potere liberatorio
della parola, la capacità di trasformare un'esperienza terribile o una
"colpa privata" in "vergogna", uno stato d'animo più
gestibile, semplicemente raccontandola e togliendole il carattere di tabù.
L'atto di ascolto, come quello compiuto dal personaggio di Maria, è visto come
quasi psicoanalitico.
Alcuni personaggi
e specifiche scene hanno colpito i lettori. Maria è stata una delle figure più
apprezzate. La sua vicenda di crisi e depressione, la sua riflessione su una
vita vissuta compiacendo gli altri, sentendosi come un "narciso senza
acqua" per aver perso se stessa guardando solo attraverso gli altri, e la
sua successiva riscoperta di senso attraverso la cura della nipote, sono state
considerate "belle cose". Al contrario, le descrizioni delle diagnosi
psichiatriche su Maria sono state giudicate terribili e ormai datate.
Il ritratto degli uomini è stato generalmente critico, visti come problematici
o quasi solo "oggetti sessuali". La scena in cui il marito reagisce
terribilmente a un regalo di Isabel è stata evidenziata come un esempio di
violenza psicologica che "urta i nervi".
Per quanto
riguarda il contesto politico, è presente sullo sfondo, dato
per certo ma non approfondito né spiegato, a differenza di altre opere cilene
che si focalizzano sulla dittatura. Viene però toccato il tema dell'esilio,
suggerendo che abbia umanizzato gli uomini cileni espatriati, arricchendoli con
l'esposizione a culture diverse.
Confrontando
"Noi che ci vogliamo così bene" con altri libri di Marcela
Serrano, alcuni partecipanti che ne avevano letti altri hanno trovato
opere come "Il tempo di Blanca" e "I quaderni del pianto"
migliori. "I quaderni del pianto", in particolare, è stato citato per
la sua efficace narrazione del rapimento di bambini durante il regime e della
solidarietà femminile. Nonostante le critiche a quest'opera specifica, Serrano
è stata comunque considerata una "brava scrittrice".
In sintesi, la
discussione ha evidenziato come, pur riconoscendo il valore storico e alcuni
elementi di profondità, in particolare l'esplorazione del legame femminile e il
potere della parola, il romanzo sia apparso frammentato,
stilisticamente difficile e datato nel suo approccio ad alcuni temi,
inclusa la politica. L'esperienza di lettura è stata per alcuni simile a quella
di tenere in mano "un pugno della sabbia che mi scorre via e alla fine mi
sono trovato il palmo vuoto". Nonostante ciò, il libro ha evidentemente
stimolato un confronto acceso e ricco di spunti.
INCONTRO 61 - L'OTTAVA VITA di Nino Haratischwili
VIDEO DELL'INCONTRO
NOTE BIOGRAFICHE
Nino Haratischwili nasce a Tbilisi, Georgia, nel 1983. Emigra in Germania da giovanissima, per sottrarsi ai rivolgimenti seguiti al crollo dell’Unione Sovietica. Nel nuovo Paese studia teatro, poi, nel 2010, approda alla scrittura con Juja. Non scrive in georgiano, ma in tedesco. Nei suoi romanzi racconta mondi lontani ma non troppo: gli ultimi in modo particolare parlano di Russia, Georgia e del periodo sovietico. Temi complessi, da cui l’Europa e specialmente la Germania sono al contempo attratte e respinte. Fin dagli esordi desta interesse nel pubblico e nella critica, e nel giro di pochi anni viene tradotta in diverse lingue e riceve numerosi riconoscimenti. Tra i vari, il Premio Adelbert von Chamisso e il Premio Anna Seghers.
RESOCONTO DELL'INCONTRO
L'incontro è iniziato con una graditissima sorpresa. Abbiamo ospitato in collegamento dalla Georgia una cara amica della scrittrice Nana Zardiiashvili che ci ha parlato di Nino Haratishwili. Sono coetanee e hanno tante amicizie in comune. Anche se Nino scrive in tedesco si considera una scrittrice georgiana. La Georgia che Nino descrive nel romanzo è realamente così, Nino rappresenta fedelmente i fatti storici del suo paese.
Il pregio di questo romanzo è proprio quello di narrare le vicende storiche che hanno coinvolto la Georgia parallelamente al racconto dell'epopea familiare.
Il piccolo grande uomo è identificato in Berija alleato di Stalin.
Sono molto piaciuti i personaggi femminili, e la lettura del romanzo ha fatto riflettere su come potrebbe essere differente la vita delle persone che vivono in quel contesto sociale e politico se fossero vissute in un altro luogo.
L'autrice insiste su danza e musica come se l'arte potesse supplire alla mancanza di libertà.
Anche il pianoforte che rimane durante l'assedio di Leningrato è quasi simbolo di libertà nonostante le atrocità della guerra.
Niza e le parole: da bambina nel lettone col nonno che le racconta tante cose pensa che le parole possano sostituire l'amore; da ragazza le parole la tradiscono e sono sostituite dal corpo. Col fidanzato non riescono più a parlare ma litigano soltanto e il corpo è l'unico modo che trovano per riconciliarsi. Da adulta sono l'ancora di salvezza a cui aggrapparsi per sopravvivere, solo attraverso le parole infatti riesce a dare senso alla sua vita.
Niza è la sorella ombra, sta all'ombra di daria la sorella bellissima al centro dell'attenzione. Alla fine trova il suo riscatto nelle parole.
I personaggi belli sono i più sfortunati: Christine, affascinante ma è davvero triste la sua storia.
Niza e Stasia si rivelano molto forti anche se non hanno la bellezza.
I personaggi femminili sono affascinanti e pieni di vita, mentre quelli maschili non losono molto solo Giorgi è molto interessante.
Sembra che Niza sia l'autrice e attraverso questo personaggio l'autrice narri un aspetto autobiografico della sua vita. La voce narrante del libro fino alla nascita di Brilka è la terza persona quando nasce la nipote cambia e si alternano la terza persona con la prima.
Niza è una persona non risolta non si sente in grado di amare e trova difficoltà a gestire il rapporto con la nipote che viene a cercarla.
Da ragazza cerca quasi di sostituirsi alla sorella per aiutarla quasi dimenticandosi di se stessa.
Niza dona a Brilka la sua storia familiare. Si svela quando capisce che la nipote è colei che alla quale si può dare un testimone per il futuro.
L'amore, la solitudine, la sorellanza e il senso di colpa sono i temi principali del romanzo.
Sopra tutti si staglia un sentimento fortissimo di sorellanza. Kostia è abituato al regime di totalitarismo lo vuole imporre anche a casa sua ma nosnotante questo le donne riescono comunque a portare avanti la loro vita.
E' una storia dove si trovano elementi magici e di superstizione ma che vengono spazzati via da una sola frase dell'adolescente Brilka:"e anche se fosse una pozione maledetta c'è una formula magica per ogni maledizione, una formula che la rende innocuo, comunque io non mangio marrone".
Ci sono anche i fantasmi delle donne morte. Li vedono Stasia, Kitti e Nizia. Erano un modo di sopravvivere ai sensi di colpa, in loro rivedono le persone che hanno amato ed era anche un modo di sopportare la realtà.
Alcune parti dell'intreccio non sono stati apprezzati sembrano una soap opera.
Troppa casualità spinta, troppe coincidenze, i fidanzamenti con poersone che hanno legami nascosti con altri protagonoisti, la scelta di un'attrice per un film poi dimenticatoin un cassetto che poi improvvisamente emerge.
Nana interviene per dire che alla domanda se c'è qualcosa di autobiografico nel libro l'autrice sempre risponde che no si tratta solo di un'opera di immaginazione.
Per la loro generazione è difficile pensare al futuro perchè la loro situazione li costringe a sopravvivere solo nella quitiduanità.
La trama fa emergere rapporti sforzati quasi da soap opera, in relatà succedono davvero.
Qualcuno ha visitato molte volte la Georgia che appare come come un paese europeo piazzato in Asia e risente molto pur essendo di cultura europea e di religione ortodossa come i russi risente delle influenze asiatiche.
Il libro è una storia di donne che sono sacrificate nel corso del Novecento, è una persona che fa paura e si fa carico di tantissime responsabilità.
Gli uomini georgiani hanno una cultura diversa dell'occidente europeo.
Le pagine di Brilka sono bianche perchè la sua storia deve essere ancora scritta.
Il punto centrale delle donne è la famiglia, la sorellanza. Anche Kitty che vive di più in occidente non fa che sognare di tornare a casa.
Il romanzo ci permette di cogliere meglio la nazione georgiana sia dal punto di vista dei lunghi anni della dominazione russa e successivamente il forte desiderio di indipendenza che ha manifestato negli anni più recenti.
C'è una frase emblematica che racchiude un pò il senso di tutto questo e di grande attualità: "Non dovevamo permettere che questa guerra scoppiasse non dovevamo farci guidare dal nostro rifiuto di fare i conti di quelli che siamo, con noi stessi come nazione, dall'arbitrio, dall'assenza di principi, dall'incapacità della diplomazia, da un pensiero basato unicamente sull'istinto, da un patriottismo cieco".
Nana ci farà dono della lettera che Nino aveva scritto per sua figlia che non era ancora nata e che lei ha tradotto e ce ne farà omaggio e che ha un collegamento con questo romanzo.
INCONTRO 60 - LA PANNE di Friedrich Dürrenmatt
VIDEO DELL'INCONTRO
NOTE BIOGRAFICHE
Friedrich Dürrenmatt (Stalden im Emmental, 5 gennaio 1921 – Neuchâtel, 14 dicembre 1990) è stato uno scrittore, drammaturgo e pittore svizzero.
Dopo un'infanzia piuttosto movimentata, durante la quale ebbe già problemi di alcolismo, droga e fumo, si diplomò nel 1941 e studiò filosofia e lingue germaniche a Zurigo e a Berna. Dopo la seconda guerra mondiale, ispirato dalla lettura di Lessing, Kafka e Brecht, iniziò a scrivere racconti brevi e pezzi teatrali. Le sue prime opere sono ricche di elementi macabri e oscuri, trattano di omicidi, torture e morte.
Il suo esordio in teatro con Sta scritto provocò uno scandalo che gli procurò notorietà anche oltre i confini svizzeri. Nel 1947 sposò l'attrice Lotti Geissler. Nei primi anni cinquanta si mantenne scrivendo romanzi come Il giudice e il suo boia e Il sospetto , che vennero pubblicati a puntate nei giornali. Nel 1956 ottenne fama internazionale con il dramma La visita della vecchia signora . Il dramma venne rappresentato a New York, Roma, Londra e Parigi e vinse numerosi riconoscimenti. Altri drammi di successo furono I fisici e La meteora rispettivamente degli anni 1963 e 1966.
Negli anni settanta e ottanta divenne attivo politicamente, mettendosi in luce come critico della società contemporanea con saggi, conferenze e discorsi celebrativi come: Frasi dall'America, l'articolo Io sto con Israele, il discorso pubblico in occasione del centesimo anniversario della nascita di Albert Einstein e, poco prima di morire, due discorsi con il titolo La speranza di Kant, uno dei quali, in onore di Václav Havel, aveva come titolo: La Svizzera - una prigione. Visitò gli Stati Uniti, Israele, la Polonia e il campo di concentramento di Auschwitz. Anche per questi motivi, Dürrenmatt è stato spiato dalla "Bundespolizei", la polizia federale elvetica, assieme ad altri 800 000 cittadini di simpatie progressiste. Lo scrittore lo sospettava da tempo, tanto che, nel 1966, disse che "la Svizzera sta diventando uno Stato poliziesco con una facciata democratica".Nel 1983 muore sua moglie e nel 1984 si sposa con l'attrice e produttrice Charlotte Kerr. Muore il 14 dicembre 1990 in seguito alle conseguenze di un infarto; solamente un anno prima aveva pubblicato la sua ultima opera: La valle del Caos. A Neuchâtel, la città della Svizzera dove l'autore ha vissuto l'ultimo periodo della sua vita, nel 2000 è stato creato il Centre Dürrenmatt Neuchâtel, un centro interdisciplinare sorto intorno alla casa dello scrittore, che raccoglie anche gran parte dei suoi dipinti.
Insieme al connazionale Max Frisch, Dürrenmatt è stato protagonista del rinnovamento del teatro di lingua tedesca, trattando in chiave grottesca i problemi della società contemporanea e smascherando le meschinità nascoste dalla facciata perbenista della società svizzera.
Anche la produzione letteraria di Dürrenmatt è sempre stata caratterizzata da una pungente satira e spirito critico nei confronti della società. Oltre a numerosi racconti, fra cui spiccano La morte della Pizia, L'eclissi di luna, La panne, Il Minotauro, Natale, sono di grande interesse i già citati romanzi Il sospetto, La promessa, Il giudice e il suo boia, nei quali, attraverso il sapiente utilizzo di trame investigative, intende dimostrare una tesi ben precisa: il caso governa i destini umani. Per Dürrenmatt l'accurata costruzione di una rete chiusa di eventi fittizi nella trama di un romanzo, a maggior ragione romanzo poliziesco, dimostra di non essere un valido specchio del reale e di essere una costruzione intellettuale debole.
Tema centrale nella produzione dell'autore è anche il concetto di giustizia. Per Dürrenmatt il complesso poliziesco-giudiziario, nei suoi meccanismi di indagine e di giudizio, è incapace di cogliere il senso più autentico della verità umana. Ciò che spesso sfugge alla giustizia dei tribunali può essere eticamente condannabile, o viceversa. Il racconto La panne. Una storia ancora possibile è un mirabile esempio di un rovesciamento di situazione del protagonista nei confronti del concetto di giustizia, presente anche in altre opere dell'autore.
RESOCONTO DELL'INCONTRO
Da questo romanzo breve è stato tratto il film di Ettore Scola intitolato "La più bella serata della mia vita."
Durenmatt si è ispirato molto a Kafka si parla di giustizia con un?architettura molto particolare, la scrittura è incisiva e breve ma il messaggio è molto forte e raggiunge profondità abissali. romanzo brevissimo ma densissimo.
La battuta che rompe il ghiaccio è "sarebbe meglio che i magistrati non andassero in pensione."
I protagonosti sono dei magistrati in pensione che si sentono in diritto di giudicare la vita degli altri lo fanno con i grandi personaggio della storia come Gesù, Socrate, Dreyfuss ma ahimè anche con dei poveri malcapitati, come il protagonista, che si trovano a passare dalla loro casa e a cui in cambio dell'ospitalità apparecchiano un processo in piena regola.
Il tema è la giustizia o meglio il giudizio e l'ingiustizia in cui improvissamnete nella vita si può incappare.
Sembra quasi una seduta psicoanalitica anche se non è consenziente ma il protagoniosta narra di sè a questi quattro corvi più un boia mettendo le vicende della sua vita in pasto a questi individui.
Durenmatt dimostra una granda capacità di scovare e descrivere le debolezze che albergano nell'animo umano. Lo scrittore gioca con noi e la lettura genera ansia, prima ci descrive un'atmosfera conviviale ma poi si addentra nella vicenda con sempre maggiore drammaticità con un crescendo sempre più serrato.
Noi non vediamo il nostro lato ombra. Il protagonista si addentra nelle sabbie mobili quando scopre la sua scarsa moralità e la da in pasto ai convitati.
C'è anche un livello grottesco. Appare la spietatezza che raggiunge il suo apice nel finale. Mentre la legge e la morale spesso non coincidono qua i giudici entrano nel merito anche di atteggiamenti moralmente discutibili anche se non sanzionati dalla legge.
Durenmatt era un moralista. l'incipit contiene già tutto. I giudici erano coscienti di essere ora liberi dai vincoli della legge e della procedura.
Loro pensano che in ogni uomo ci sia qualcosa di sbagliato e di colpevole e lo cercano con acrimonia. la fiustizia umana è molto deficitaria. Loro desiderano estremizzare la sitauzione e portarlo alla confessione.
Ceracno di trasforamre la debolezza umana in una colpa.
Durenmatt fa una critica feroce alla giustizia del suo tempo.
"Un tribunale per gioco diventa abile manipolazione narrativa un tribunale della coscienza cui è impossibile sottrarsi. La confessione diventa un bisogno insopprimibile e l'esecuzione della sentenza una vocazione esistenziale tesa fino al sacrificio ultimo che la giustizia vera non avrebbe mai potuto pretendere."
Differenza tra giustizia intesa da Kafka e da Durenmatt, per Kafka è grande e imprescrutabile e la porti dentro di te e per questo ti può colpire anche senza l'intervento di terzi e dunque siamo sempre in attesa di quello che ci arriva addosso per Durenmatt, invece, la giustizia non è assoluta ma è interpretata da esseri umani che se ne appropriano e la piegano ai loro personale senso di giustizia manipolandola e cospargendola di egoismo e di opportrunismo.
INCONTRO 60 - LA PARTE DI GUERMANTES di Marcel Proust ( vol.3 di Alla Ricerca del tempo perduto)
VIDEO DELL'INCONTRO
NOTE BIOGRAFICHE
Marcel Proust (Parigi 1871 - ivi 1922).
Figlio di Adrien, professore universitario di medicina, e di Jeanne Weil, di ricca famiglia ebrea, donna sensibile e colta alla quale restò morbosamente legato, all'età di nove anni cominciò a soffrire d'asma, malattia che lo tormentò tutta la vita.
Frequentò il liceo Condorcet di Parigi, dove strinse le prime amicizie importanti e collaborò al periodico studentesco Revue lilas; s'iscrisse poi alla facoltà di diritto, seguendo contemporaneamente corsi alla Scuola di scienze politiche e alla Sorbona, dove fu allievo di H. Bergson.
Collaborò a Le Banquet, la rivista fondata da un gruppo di amici del Condorcet, alla Revue blanche e ad altri periodici e quotidiani tra cui Le Gaulois, e, dal 1903, a Le Figaro.
Dal 1914 uscirono sulla Nouvelle revue française ampî estratti delle sue opere.
Fin dagli anni liceali frequentò assiduamente i salotti dell'alta borghesia e dell'aristocrazia parigina, di cui avrebbe poi stigmatizzato lo snobismo, e nell'affaire Dreyfus si schierò in favore della tesi innocentista.
Dopo la morte del padre (1903) e soprattutto della madre (1905) si dedicò interamente alla stesura della sua opera, in un progressivo isolamento che lo portò a tappezzare di sughero la sua stanza nell'appartamento di boulevard Hausmann dove si trasferì nel 1906, assistito negli ultimi anni dall'autista Alfredo Agostinelli e, dopo la morte di questo, dalla fedele governante Céleste Albaret.
L'unico, immenso romanzo che scrisse, dopo varî tentativi, a partire dal 1909 fino all'anno della morte, s'intitola À la recherche du temps perdu e consta di sette parti intimamente legate: la prima, Du côté de chez Swann, uscì nel 1913 a spese dell'autore da Grasset, dopo che il parere negativo di A. Gide ne impedì la pubblicazione presso Gallimard; seguirono (questa volta da Gallimard) À l'ombre des jeunes filles en fleur, che ottenne il premio Goncourt, Le côté de Guermantes, Sodome et Gomorrhe.
Postume apparvero le ultime tre parti: La prisonnière , Albertine disparue e Le temps retrouvé.
Fondata su un impianto autobiografico, l'opera, la cui struttura ciclica richiama quella della Comédie humaine di Balzac e della Tetralogia di Wagner, è un grandioso affresco della società francese all'inizio del secolo, del suo linguaggio, delle sue passioni e delle sue leggi; allo stesso tempo è la storia di una vocazione artistica che si realizza dopo una lunga esperienza di tempo "perduto", tempo che nell'arte è possibile ritrovare, cioè rivivere nella sua verità.
In contrasto con il canone dell'oggettività del realismo, la narrazione, dietro la quale è percepibile la lezione di Chateaubriand, di Nerval, di Baudelaire ma anche l'influsso degli studî della psicologia del tempo sulle "intermittenze" della memoria, si dispiega attraverso il punto di vista soggettivo di un narratore protagonista, a partire da un evento fortuito: un sapore "ritrovato" nel gustare una madeleine risveglia la memoria facendo inaspettatamente riaffiorare alla coscienza tutto un mondo dimenticato.
Il racconto, che adotta la forma del monologo interiore e si sviluppa attraverso frasi lunghe, ricche di subordinate, ruota intorno a diversi poli ideologici: si va dalla critica ad ogni mito, amoroso o mondano, che tende a cristallizzarsi in idolo, alla prefigurazione di un bello in sé, a un discorso sull'omosessualità che fornisce lo spunto a una più vasta meditazione sulla condizione di vittima e di carnefice in cui precipita chiunque contragga un rapporto affettivo. Intrisa di un senso drammatico dell'esistenza, ma sorretta da un'ironia che diviene fervido umore narrativo, la Recherche trascende il clima decadente, che pure la sostanzia, per collocarsi agli apici dell'esperienza letteraria del ventesimo secolo. Il momento irrazionale (la memoria involontaria che nel contatto fra due sensazioni, l'una presente, l'altra passata, scopre la loro essenza comune e fa ritrovare il tempo perduto) è solo la prima tappa nel cammino verso l'arte, che si raggiunge nel completo dispendio esistenziale, di ragione oltre che di forze inconscie, poiché solo la ragione sa stabilire i nessi, creando un discorso narrativo.
RESOCONTO DELL'INCONTRO
INCONTRO 59 - WEYWARD di Emilia Hart





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