INCONTRI ANNO 2024

INCONTRO 58 - PRENDITI CURA DI LEI  di Kyung-Sook Shin

VIDEO DELL'INCONTRO




CITAZIONI
" Prima che perdessi di vista tua moglie alla stazione di Seul, per te era solo la madre dei tuoi figli. Fino al momento in cui hai capito che avresti potuto non rivederla mai più, lei era come un albero tenace: un albero che dura nel tempo, a meno che non sia tagliato o strappato via.
Quando è scomparsa la madre dei tuoi figli, hai capito che era scomparsa tua moglie. Tua moglie che avevi dimenticato per 50 anni, era una persona nel tuo cuore. solo dopo la sua scomparsa è diventata tangibile, come se potessi allungare la mano e toccarla." p.115

" Mentre dormivano io finivo di cuocerle, le mettevo in un cesto, le coprivo, le lasciavo sulla piattaforma e me ne andavo a letto. La rugiada del mattino induriva lievemente l'esterno delle focaccine. Appena si svegliavano i bambini avvicinavano il cesto e ne mangiavano ancora. Per questo ai miei figli piacciono ancora le focaccine cotte al vapore fredde con la crosta indurita. Erano così certe notti d'estate. Notti d'estste con le stelle che piovevano dal cielo." p. 185

" Esci dall'ingresso della basilica e, abbacinata, guardi verso la piazza racchiusa dal lungo colonnato, immersa nella luce sfolgorante. Solo in quel momento le parole che non sei riuscita a dire davanti alla statua ti sfuggono dalle labbra.
" Ti prego, ti prego, prenditi cura di lei." p.217




NOTE BIOGRAFICHE

Kyung-sook Shin nasce nel 1963 in un villaggio vicino Jeongeup, nella provincia del Nord Jeolla in Corea del Sud.

Quarta di sei figli, è la maggiore tra le sue sorelle. Suo padre è un orfano di guerra e sua madre una donna devota: l'infanzia di Shin trascorre tra semina e mietitura.

 Presto si rende conto del suo amore per la lettura ed inizia a prendere in prestito libri dai suoi fratelli. La vita che lei e la sua famiglia conducono nel villaggio tuttavia non favorisce un'istruzione soddisfacente, così i genitori di Shin, che ancora vivono in campagna, sacrificano tutto per mandare i loro sei figli all'università.

A sedici anni Shin si trasferisce a Seul, dove inizia a lavorare in uno stabilimento di elettronica mentre vive con il fratello maggiore. Sono gli anni della legge marziale imposta dal Generale Chun Doo dopo il colpo di stato del 1979 e, mentre gli studenti protestano, decisi a far sentire la propria voce in quello che sarebbe stato ricordato come il massacro di Gwangiu, Shin frequenta una scuola serale. In una sua intervista riportata nel The Guardian ricorda come quell'evento l'abbia segnata in maniera indelebile, tanto che alcuni dei suoi personaggi sono stati ispirati proprio da alcune vicende legate a quell'evento storico.

 Il debutto letterario di Kyung-sook Shin risale al 1985, a 22 anni, dopo la laurea in scrittura creativa presso l'Istituto d'Arte di Seul. In quell'anno pubblica la novella Favola della Notte con cui vince il premio Munye Joogang come autrice emergente.

Assieme a Kim In-Suk e Gong Ji-Yeong, Kyung-sook Shin è una delle scrittrici del gruppo definito "Generazione 386".

Nel 1999 si sposa con il critico letterario, poeta e professore Jin-u Nam e nel 2008 pubblica il romanzo che l'ha resa celebre nel mondo: Prenditi cura di lei lett. "Prenditi cura della mamma per favore". Kyung-sook Shin ha rivelato alla CNN che avrebbe voluto scrivere 30 anni prima questa sua opera ma che, a causa della continua evoluzione della sua idea di "madre", elaborare il romanzo si è rivelato più difficile del previsto.

Shin ha vinto moltissimi premi letterari inclusi il Today’s Young Artist Award offerto dal Ministro della Cultura, dello Sport e del Turismo sud coreano, il premio letterario Hanguk Ilbo, il premio letterario Hyundae e quello Manhae, il Premio Dong-In, Yi Sang e Oh Yung-Su. Nel 2009 la traduzione francese di una sua opera, Una Stanza Solitaria (La Chambre Solitaire) è una delle vincitrici del Prix de l'Inapercu, che premia le eccellenze letterarie che ancora non hanno raggiunto un pubblico vasto.

I diritti per il bestseller Prenditi cura di lei sono stati venduti in 32 Paesi inclusi l'America e innumerevoli nazioni in Europa ed Asia, a partire dalla Cina. In inglese è stato tradotto da Kim Chi-Young e pubblicato nel 2011,[11] classificandosi al primo posto al Man Asian Literary Prize nel 2012.

Kyung-sook Shin vive a Seoul con il marito nei pressi del Monte Bukhansan.



RESOCONTO DELL'INCONTRO

Prenditi cura di lei”, romanzo dai tratti biografici pubblicato nel 2008 e tradotto in gran parte dei Paesi del mondo, ha ottenuto uno strepitoso successo internazionale. In Italia il romanzo è pubblicato da Neri Pozza nel 2011. 

Il titolo della opera in coreano è “엄마를 부탁해” traducibile letteralmente con: “prenditi cura di mamma”. 

Da notare come, 엄마를 부탁해, sia simile a 엄마 부탁해che letteralmente vuol dire: “mamma per favore” n.d.r.

Prenditi cura di lei”, bestseller internazionale di Kyung-sook Shin, è una lettura coinvolgente. Per la trama, certo, ma anche perché porta a una riflessione inevitabile sul rapporto con la propria madre e con le persone importanti della nostra vita. Quanto diamo per scontata la loro presenza, a volte? Pensiamo che ci saranno per sempre, pensiamo di conoscerle davvero, ma quanto sappiamo di loro realmente? Conosciamo i loro veri sentimenti e pensieri? È facile rendersi conto di quanto sono fondamentali per noi solo nel momento in cui le perdiamo.

L'autrice racconta di una realtà rurale dove la moglie è sottomessa alla suocera. E questo fa venire in mente anche le raltà rurali nostre del dopoguerra. Inoltre descrive le usanze religiose presenti nella Corea del Sud, soprattutto dando rilievo alla festa degli antenati. 

Qua risalta il fatto che i figli, una volta emncipati trascurano i genitori che per vederli sono costretti a fare un lungo viaggio nella grande città di Seoul ed è proprio in questa occasione che la mamma si perde e di lei non si hanno più tracce.

La narrazione si sposta attraverso punti di vista diversi, parlano della mamma i figli e il marito in seconda persona singolare e poi in un caputolo è la mamma stessa a parlare di sè.

Dal racconto trapelano mestizia e angoscia, i figli manifestano in diverso modo il loro senso di colpa per quanto accaduto alla madre.

La scomparsa è l'espediente narrativo dal quale scaturisce tutta la narrazione. Si tratta della storia di una donna invisibile ma che si da da fare per tutti e tutto questo spendersi per gli altri emerge solo a seguito della sua scomparsa. Quando una persona manca emergono affetto e rispetto. si tratta di un libro policromo, molto poetiche le parti in cui si parla di lei.

Leggendo si impara a conoscere una nazione molto lontana da noi che ha vissuto una guerra lacerante.

Per alcuni è stata una lettura dolorosa.

Alcuni hanno trovato commovente l'epilogo.

Qualcuno suggerisce la visione del Film " Viaggio a Tokyo di Yasujirō Ozu che ha somiglianza con la storia narrata nel romanzo.

INCONTRO 57 - I MIEI ULTIMI 10 MINUTI E 38 SECONDI IN QUESTO STRANO MONDO  di Elif Shafak.

VIDEO DELL'INCONTRO

PARTE 2

CITAZIONI

" Nell'alto del cielo si vedeva una falce della luna di ieri, fulgida e irraggiungibile, come il vestigio di un ricordo felice; Leila faceva ancora parte di questo mondo, e dentro di lei c?era ancora vita, quindi come poteva essere morta? come poteva non essere più, neanche fosse un sogno che sbiadisce al primo accenno d'alba?" 

" Jamila era nata in Somalia da padre mussulmano e madre cristiana. I suoi primi anni erano stati beatamente liberi, anche se lei lo avrebbe capito molto tempo dopo che erano trascorsi. Una volta sua madre le aveva raccontato che l'infanzia era una grande onda azzurra che ti solleva, ti spinge avanti e poi, proprio quando pensi che durerà per sempre, sparisce e tu non puoi rincorrerla nè riportarla indietro.Ma prima di sparire, l'onda ti lascia un ricordo: una conchiglia di strombo, dentro cui si conservano tutti i suoni dell'infanzia. E ancora oggi, se chiudeva gli occhi e ascoltava attentamente, jamila riusciva a sentirli: gli scoppi di risa dei fratelli più piccoli, le parole amorevoli di suo padre quando rompeva il digiuno con qualche dattero, il canto di sua madre mentre cucinava, il crepitio del fuoco la sera, il fruscio dell'acacia appena fuori..."

" Quanto alla famiglia di acqua, uno se la fa molto più in là nella vita, e in larga misura se la fa da solo. E se è vero che niente può sostituire una famiglia di sangue amorevole e felice, quando questo manca, una bella famiglia di acqua può spazzare via le pene e le ferite che ti si sono accumulate dentro come fuliggine. E' per questo che gli amici possono occupare un posto prezioso nel cuore, più ampio di quello riservato a tutti i parenti messi insieme."




NOTE BIOGRAFICHE

 Scrittrice turca nata a Strasburgo nel 1971, è considerata tra le voci più originali della letteratura turca contemporanea.

 Esordisce nel 1994 con la raccolta di racconti Kem Gözlere Anadolu. Il suo primo romanzo Pinhan appare nel 1997 e con esso inizia un’esplorazione di tematiche legate al misticismo che continua, seguendo diverse traiettorie narrative, nel successivo «Gli specchi della città» del 1999 e nel best seller Le quaranta porte, 2009. Nei romanzi IntimoIl palazzo delle pulci, 2008.

 La bastarda di Istanbul, 2007 le dà notorietà internazionale a causa dell’imputazione, conclusasi poi con un proscioglimento, per aver insultato l’identità turca.

 Elif Shafak, si è sperimentata con una grande varietà di temi, personaggi, stili narrativi e strategie linguistiche, al fine di rivendicare e riflettere nella scrittura le sue appartenenze multiple, i suoi svariati interessi culturali e la profonda attenzione a questioni politiche e sociali. Accenti fortemente autobiografici ha il romanzo Latte nero, 2010 in cui, ripercorrendo l'esperienza di depressione post partum seguita alla nascita della sua primogenita, riflette sulle difficoltà che le donne hanno nel conciliare le loro discordanti aspirazioni.

 La casa dei quattro dei venti, 2012 si snoda invece intorno a un delitto d’onore che lacera una famiglia di origini curdo-turche nella Londra degli anni Settanta; nel 2011 ha pubblicato l’e-book The Happiness of blonde people, breve riflessione sulla vacillante appartenenza a più culture e sulla necessità di promuovere identità fluide costantemente ridefinibili.

Elif Shafak ha ricevuto importanti premi e riconoscimenti internazionali, tra cui il titolo di Chevalier dans l’ordre des arts et lettres nel 2010. Collobora attivamente anche con molte testate giornalistiche sia in Turchia all’estero.




RESOCONTO DELL'INCONTRO
Questo romanzo ha un architettura molto particolare. Nella prima parte i capitoli sono scanditi dagli ultimi minuti prima di morire mentre la seconda parte narra ciò che fanno gli amici della protagonista affichè abbia una degna sepoltura.
Abbiamo letto molti brani intensi e significativi di questo romanzo così particolare.
Istambul è anche essa protagonista e l'autrice la tratta quasi come un personaggio femminile di essa dice che è una città donna (she city). E' descritta con molti dettagli e il lettore ne percepisce anche gli odori.
La frase della sua nscita è molto intensa e sembra quasi dare tutto il senso alla sua vita quando non sembra essere pronta da neonata ad intraprendere il percorso della sua esistenza ma quando la mettono nel sale sembra riaversi.
Qualcuno aveva letto già altri romanzi di questa autrice e ciò che l'ha colpita in questo romanzo è il rapporto trai vivi e i morti.
La protagosnista è morta ma ha un rapporto molto intensa con i vivi.
Gli amici fanno capire che la relazione va al di là del corpo quasi che non fosse quello l'elemento importante, infatti gli amici non hanno dei corpi imponenti, anzi sono dei corpi con specifiche peculiarità.
Questo libro si può consierare anche un innno all'amicizia e alla tolleranza.
C'è tutto in questo libro: la poesia, l'orrore, la redenzione, il mondo degli ultimi.
I protagonisti sono degli emarginati, però tra questi amici la protagonista trova l'amicizia e addirittura l'amore.
L'autrice tratta anche la questione religiosa e lo fa proprio attraverso le diverse fedi dei suoi amici.
Gli amici compiono un grandissimo gesto di amore quando fanno di tutto per onorare l'amica defunta e darle una degna sepoltura.
Anche la diversità è un tema cardine del romanzo. 
L'autrice raggiunge alte vette dello stile, ma sembra avere delle manchevolezze nella trama che si manifesta carente in alcune parti soprattutto nel finale che lascia un pò perplessi.
L'autrice è ststa accusta di attacco all'identità turca in base all'art. 301 del Codice penale turco. La denuncia deriva da una dichiarazione che un suo personaggio fa relativamente al genocidio armeno. L'inchiesta è stata archiviata il 21 settembre 2023.
L'autrice manifesta un forte impegno civile e infatti in due diverse occasioni ha manifestato il suo pensiero relativamente a Oriente e Occidente e alla barriera dei pregiudizi che andrebbero distrutti:

“Istanbul permette di comprendere, forse non razionalmente ma intuitivamente, che Oriente e Occidente sono in ultima istanza concetti immaginari, e quindi possono essere immaginati di nuovo e diversamente”.

Oriente e Occidente non sono come l'acqua e l'olio. Possono essere mescolati. E in una città come Istanbul essi sono combinati intensamente, incessantemente e incredibilmente”

Per alcuni dei partecipanti la lettura del romanzo è stata un'occasione per condividere ricordi e sensazioni molto personali ma che sono scaturite proprio dalla lettura delle pagine di Elif Shafak, magia della letteratura!

Inoltre, un'insegnante ha letto due pagine del romanzo ai suoi studenti per far megli loro comprendere attraverso la letteratura la storia in modo originale.



INCONTRO 56 - IL DESERTO DEI TARATRI -  di Dino Buzzati.

VIDEO DELL'INCONTRO

VIDEO PARTE 1  

CITAZIONI

“L’amarezza di lasciare per la prima volta la vecchia casa dove era nato alle speranze, i timori che porta con sé ogni mutamento, la commozione di salutare la mamma, gli riempivano si l’animo, ma su tutto ciò gravava un insistente pensiero, che non gli riusciva di identificare, come un vago presentimento di cose fatali, quasi egli stesse per cominciare un viaggio senza ritorno.”

" Fosse il pensiero di essere completamente solo a comandare il fortino, fosse la vista della disabitata landa, fosse il ricordo del sogno di Angustina, Drogo sentiva ora crescergli attorno, col dilatarsi della notte, una sorda inquietudine.Era una sera di ottobre, di incerto tempo, con chiazze di luce rossiccia disseminate qua e là sulla terra, riflesse non si capiva da dove, e progressivamente inghiottite dal crepuscolo colore di piombo."

" Il tempo intanto correva, il suo battito silenzioso scandisce sempre più precipitoso la vita, non ci si può fermare neanche un attimo, neppure per un'occhiata indietro. " Ferma! ferma! Si vorrebbe gridare, ma si capisce che è inutile. Tutto quanto fugge via, gli uomini, le stagioni, le nubi: e non serve aggrapparsi alle pietre, resistere in cima a qualche scoglio, le dita stanche si aprono, le braccia si afflosciano, inerti, si è trascinati ancora nel fiume, che pare lento ma non si ferma mai."



NOTE BIOGRAFICHE

Nato a Belluno nel 1906, a quattordici anni Dino Buzzati-Traverso era un ragazzino coscienzioso e diligente, con un punto fermo: la passione per la montagna, una passione che non lo avrebbe mai abbandonato, alimentando la sua abitudine a fantasticare.

  Il piacere e poi il bisogno della letteratura nacquero così, liberamente, nutriti non tanto dalle sollecitazioni scolastiche, quanto semmai dal mondo immaginario dell'infanzia: quello delle estati trascorse nella villa di famiglia con il suo giardino incantato, delle passeggiate in campagna e dei tanti racconti leggendari e fantastici narratigli dalla governante.

  Sarà quindi la matrice fantastica della narrazione a segnare il suo esordio letterario che lo porrà da subito, anche per la scelta di un linguaggio colloquiale e quotidiano, in un'area appartata rispetto alla narrativa novecentesca degli anni Trenta, caratterizzata dal recupero del classicismo e da una rigorosa cura stilistica.

 Il romanzo che lo rese famoso fu Il deserto dei Tartari (1940). La trama, povera di avvenimenti esterni, s'incentra sulla vita interiore del protagonista, oppressa da una logorante attesa destinata a restare insoddisfatta.

Una dimensione esistenziale che viene raffigurata dal deserto ‒ metafora di un'arida solitudine sempre uguale a sé stessa ‒ e dal viaggio che, con la sua progressione incompiuta, rappresenta un'esistenza priva di sviluppi.

 Il gusto del favoloso resta così l'aspetto caratteristico della scrittura di Buzzati e fornisce materia anche alla produzione elaborata negli anni successivi con la quale lo scrittore mette a punto quella misura narrativa che gli rimase poi congeniale: il racconto breve.

 Anche quando, dopo il conflitto mondiale, Buzzati tornerà a scrivere in un clima sociale e politico sostanzialmente nuovo ‒ segnato dalla caduta del fascismo, di cui egli aveva subito il fascino e condiviso gli ideali ‒ continuerà a prediligere la forma breve del racconto, piegandola anche ad argomenti frivoli e leggeri.

Coltiva il tema dell'evasione, sempre più necessario per allontanarsi da una realtà in cui egli non era più disposto a riconoscersi e si pone lontano dal neorealismo contemporaneo.

 In quegli anni Buzzati inizia a sperimentare generi letterari diversi: torna al romanzo, si esercita senza successo alla composizione di opere teatrali e si dedica anche alla poesia. 

Tra questa consistente e varia produzione, si distingue il Poema a fumetti del 1969 dove trova compimento accanto alla vena di narratore quella di disegnatore, passione che Buzzati aveva coltivato fin dalla fanciullezza e che nella maturità divenne, come già la scrittura, uno strumento finalizzato a raccontare storie: attraverso i disegni prendono forma quei mondi fantastici che mai lo abbandonarono fino al momento della sua morte, avvenuta a Milano nel 1972.





RESOCONTO DELL'INCONTRO
La fortezza svolge un ruolo fondamentale sembra che tenga imprigionati i soldati con una malia.
C'è l'assuefazione al luogo e il protagonista non si trova più quando torna in licenza a casa sente un senso di straniamento.
Spesso l'autore descrive i colori e le descrizioni sembrano dei quadri, c'è un senso di sospensione quasi metafisico, il richiamo ai quadri di De Chirico è forte.
Buzzati è stato definito il Kafka italiano ma lui rifiutava questo parallelismo, effettivamente in lui c'è più esistenzialismo che assurdità del potere.
Emerge già dall'inizio del romanzo l'incapacità del protagonista di vivere l'istante presente, oscilla sempre tra la nostalgia e l'aspettativa futura. L'incapacità di vivere il presente ad alcuno ha ricordato la canzone Time dei Pink Floyd le cui parole dicono "ora sei giovane la vita è lunga poi ti accorgi che il sole è dietro di te, il fiato è corto e la vita è passata".
E' anche una lettura dolorosa e angosciante.
L'autore stesso dichiara di aver lavorato al romanzo mentre lavorava al Corriere e provava un forte senso di straniamento.
La trama è molto scana quasi inesistente ci sono pochi episodi che denotano attività, è sempre tutto sospeso o governato dalla monotonia.
Uno di questi è quello del canocchiale che viene bandito, dietro si cela un simbolismo, forse chi vede più lonano viene impedito dal farlo e tenuto giù.
C'è un senso di solitudine della vita, soprattutto nella sofferenza.
E' un libro prismatico può essere visto da punti di vista differenti, oltre alla precisone e poesia del linguaggio si presta a molteplici interpretazioni.
Anche Borges ha inserito il Deserto dei Tartari nella Biblioteca di babele

Poi l’autore de La biblioteca di Babele parla della produzione del prosatore bellunese, sottolineando due elementi in particolare, da una parte il realismo magico e dall’altra l’angosciosa dimensione esistenziale: «La sua vasta opera, non di rado allegorica, emana angoscia e magia».

In questo modo lo scrittore argentino mette in evidenza due fattori che influenzano decisamente anche l’atmosfera de Il deserto dei tartari. Questo libro, spiega Borges sempre nel prologo, «che è forse il suo capolavoro e che ha ispirato un bellissimo film di Valerio Zurlini, è governato dal metodo della procrastinazione indefinita e quasi infinita, cara agli eleati».

Siamo così giunti alla definizione di quella che è la legge che governa il romanzo di Buzzati, secondo Borges la postergación, il rinvio infinito, in un gioco di rimandi che ricorda la scuola di Elea e il paradosso di Zenone di Achille e della tartaruga, che rende impossibile il movimento mentre attesta che l’infinita divisibilità equivale all’indivisibilità del tutto.

Anche il capolavoro di Buzzati è permeato di questa immobilità e del fatto che il movimento è solo illusione. In esso infatti non accade niente e quante volte appare illusorio agli stessi soldati della fortezza Bastiani anche il movimento dei barbari lungo confine... Eppure, continua Borges, a differenza di Kafka, anche lui un maestro della proroga e del differimento, a prevalere non è il tono, tipico delle narrazioni dello scrittore praghese, «volutamente grigio e mediocre, che ha il sapore della burocrazia e della noia».

Questo non è il caso del romanzo di Buzzati. Qui, scrive Borges, «c’è una vigilia, che è quella di una grande battaglia, temuta e attesa». In questa prospettiva l’apparente scorrere monotono e uguale del tempo trova un suo orientamento e un suo senso proprio nella preparazione all’evento.

Per questo motivo il libro, proprio mentre descrive un nulla di avvenimenti, è sottratto alla legge della noia e inserito in una dimensione più grande, da cui trae la sua giustificazione, che è quella l’attesa.  Il deserto dei tartari è infatti per Borges come una grande «veglia», i turni di guardia dei soldati, le loro vigiliae sugli spalti della fortezza sul confine più lontano, non fanno altro che scandire i  momenti di questa preparazione e non ne sono che una metafora. «In tal modo Buzzati, in queste pagine, riporta il romanzo all’epopea, che ne fu la fonte», spiega Borges, rilevando la contraddizione, l’ossimoro, che anima e tiene vivo tutto il romanzo e non lo consegna a nessuna deriva nichilistica ma lo agita con l’attesa di un senso: «Il deserto è reale ed è simbolico. È vuoto eppure l’eroe aspetta la folla».

Ad alcuno ricorda la morte del Principe Andrej in Guerra e Pace, questo per i rimandi letterari a cui sembrano sempre richiamarsi le grandi opere.

 L’immagine con cui il capitolo si apre è quella del principe Andrej ferito a morte nella battaglia di Austerlitz. Giacendo in mezzo ai feriti, ciò che lo assorbe completamente è l’immensità del cielo che lo sovrasta. Andrej lo guarda come se non lo avesse mai notato prima. E di fronte alla scoperta di quel cielo prende corpo  una preghiera: “Come sarebbe bello – pensa il principe – sapere a chi chiedere aiuto in questa vita, cosa aspettarsi dopo, là nell’Oltretomba. Come sarei felice e calmo se potessi dire adesso: Signore, abbi misericordia di me. Ma a chi lo direi? E’ quella forza indefinita, inconcepibile alla quale non soltanto non posso rivolgermi, ma che non posso nemmeno esprimere in parole: il grande Tutto o il grande Nulla”.

A qualcuno ha ricordato Leopardi del "Il naufragar mi è dolce in questo mare"

Buzzati fa tanti collegamenti con Zenone e i Presocratici e tempo fa c'è stata una mostra tra disegni di Buzzati e l'immobilità del movimento come è presente nel paradosso di Achille e la tartaruga di Zenone.
Angustina fa esattamente ciò che la vita militare richiede rispetti la rigidità gerarchica e solo ti è data la possibilità di fare l'eroe e Monti infatti guarda Angustina con invidioso stupore.
La fortezza sembra un monastero e i soldati sembrano dei monaci che vivono l'isolamento. L'Angustina è come un martire. esiste una dignità del loro ruolo e solo questo tenente la porta fino in fondo.


INCONTRO 55 - LA STORIA -  di Elsa Morante

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CITAZIONI


" Non s'era mai vista una creatura più allegra di lui. Tutto ciò che vedeva intorno lo interessava e lo animava gioisamente. Mirava esilarato i fili della pioggia fuori dalla finestra, come fossero coriandoli e stelle filanti multicolori. E se, come accade, la luce solare arrivando indiretta al soffitto, vi portava, riflesso in ombre, il movimento mattiniero della strada, lui ci si appassionava senza stancarsene: come assistesse a uno spettacolo straordinario di giocolieri cinesi che si dava apposta per lui.Si sarebbe detto, invero, alle sue risa, al continuo illuminarsi della sua faccetta, che lui non vedeva le cose ristrette dentro i loro aspetti usuali; ma quli immagini multiple di altre cose varianti all'infinito. Altrimenti non si spiegava come mai la scena miserabile, monotona, che la casa gli offriva ogni giorno, potesse rendergli un divertimento così cangiante e inesauribile."p. 120

"L'umanità, per propria natura, tende a darsi una spiegazione del mondo nel quale è nata. E questa è la sua distinzione dalle altre speci. E senza quella cadrebbe nella pazzia e in quella si adatta a vivere."

" Taciute le radio e cessato anche il traffico tardivo della mezzanotte, si udiva solo, a intervalli, lo stridore dei tram diretti al deposito o il soliloquio di qualche ubriaco di passaggio sul marciapiede. a Ida sembrava, in una specie di vertigine all'inverso, che quete voci, povere voci, si imbrogliassero nella rete fitta di stelle."

"Tutto il resto del mondo era un'insicurezza minatoria per lei, che senza saperlo era fissa con la radice in chi sa quale preistoria tribale. E nei suoi grandi occhi a mandorla scuri c'era una dolcezza passiva, di una barbarie profondissima e incurabile, che somigliava a una precognizione. Precognizione, invero, non è la parola più adatta, perché la conoscenza ne era esclusa. Piuttosto, la stranezza di quegli occhi ricordava l'idiozia misteriosa degli animali, i quali non con la mente, ma con un senso dei loro corpi vulnerabili, "sanno" il passato e il futuro di ogni destino. Chiamerei quel senso - che in loro è comune, e confuso negli altri sensi corporei - il senso del sacro: intendendosi, da loro, per sacro, il potere universale che può mangiarli e annientarli, per la loro colpa di essere nati".

NOTE BIOGRAFICHE



Scrittrice italiana (Roma 1912 - 1985).

Assai presto si rese indipendente con collaborazioni a giornali e riviste, allontanandosi da una complicata situazione familiare.

Visse a lungo con Alberto Moravia, che aveva conosciuto nel 1936 e sposato nel 1941 (se ne separò definitivamente nel 1962).

 Un naturale talento di affabulazione, che si rivelò fin dalle giovanili collaborazioni al Corriere dei piccoli e dal racconto per ragazzi Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina, fu il tratto più peculiare della sua personalità, forse non solo letteraria. Esplicitamente dichiarata nei primi racconti Il gioco segreto, 1941, questa centralità della fantasticheria, che da strumento diviene ragion d'essere, valore da difendere e discrimine decisivo tra la sua narrativa e il mondo, ispirò alla Morante le opere maggiori, Menzogna e sortilegio (1948) e L'isola di Arturo (1957), due romanzi di largo respiro, in cui il modello realistico di stampo ancora ottocentesco viene restituito a un'inesauribile produttività di invenzioni.

La rivolta anarchica e populistica contro le trame della Storia di cui gli umili sono inconsapevoli vittime ispira l'ambizioso progetto del romanzo La Storia (1974), con cui la Morante spinge la ormai obsoleta poetica del neorealismo ai suoi forse prevedibili effetti melodrammatici, suscitando, oltre a vivaci polemiche, un enorme interesse di pubblico.

 Ma il più coerente svolgimento della sua ricerca è piuttosto rappresentato dal successivo romanzo Aracoeli (1982), testimonianza ultima di un autentico strazio personale, in cui la Morante torna al tema prediletto delle relazioni familiari, descrivendo in giustapposizione di tempi diversi un intricato e torbido rapporto madre-figlio.

 Articoli, saggi e interventi critici, pubblicati negli anni tra il 1950 e il 1970, sono stati riuniti nel volume postumo Pro o contro la bomba atomica e altri scritti (1987); sono poi apparsi due voll. di Opere (1988-90) e le pagine inedite raccolte sotto il titolo Diario 1938.



RESOCONTO DELL'INCONTRO

La partecipazione è mlto numerosa per parlare di questo importante romanzo di Elsa Morante.

Iniziamo leggendo una descrizione dell'opera tratta da " Testi nella storia" di Cesare Segre.
"La storia è la storia degli eroi che subiscono cioè le vittime dello scandalo, il libro prima che opera di poesia vuole essere atto di accusa e di preghiera."

Qualcuno esordisce dicendo che non è riuscito a leggere l'opera e chiede agli astanti di convincerlo che vale la pena farlo.
C'è anche una giovane partecipante di 18 anni che dichiara di aver amato molto il romanzo che era tra le letture estive.
Il romanzo ha molto diviso la critica creando anche fratture tra gli intellettuali del momento ma un ottimo riscostro da parte del pubblico dei lettori.
La parte iniziale è la più poetica che poi lascia il posto alla parte più neorealistica.
La figura di Nino è il personaggio più pasoliniano. Per qualcuno è sacrificato nel racconto da fascista diventa partigiano, facendo quasi una parabola. E' il personaggio che è piaciuto meno a Pier Paolo Pasolini col quale Elsa era amica.
Poi il loro rapporto viene interrotto anche se tra loro la connessione era forte e si sono influenzati sicuramente a vicenda.
Il pubblico ha apprezzato moltissimo il romanzo quando è uscito, ma è arrivato in un momento in cui c'era una predominanza in cui si indagava una forma di linguaggio moderno. Qualcuno l'ha visto come un romanzo reazionario mente si stavano esplorando nuove forme di scrittura, da un punto di vista letterario non è stato capito.
I personaggi sono schiacciati dalla Storia e la sinistra lamentava che non seguisse le idee portate avanti dal dibattito sociale del dibattito socio politico.
Hanno stignatizzato la parte deteriore della passibvità dei personaggi. Morante era molto apprezzata per Menzogne e sortilegio mentre la Stria viene vissuta come un passo indietro e non le perdonano la passività dei personaggi. Calvino la critica per il troppo sentimentalismo.

La Ortese è stata una delle poche voci che descrive come una figura meraviglosa Useppe e sottolinea le molteplici emozioni provate che denotano quanto nel racconto sia passata la vita.
La scrittrice dichiara di voler scrivere qualcosa che possa essere capito da tutti.
A qualcuno ha molto colpito il personaggio el partigiano che vive dei suoi valori e dimostra grande generosità nei confronti di Ida che capisce in difficoltà.
Qualcuno leggendo ha provato molta tristezza  perchè i personaggi non hanno scampo sono vittime e anche gli animali lo sono, i cavalli squartati e il cane che quando avviene il bombardamento rimasto a casa muore. Anche gli animali sono vittime ma solo i bambini simpatizzano con loro. E' venuto in mente anche il personaggio di Nakata del romanzo Kafka sulla spiaggia, addirittura lui parlava con i gatti ed aveva un animo gentile. 
La grande Storia che travolge i vinti è proprio descritta mirabilmente tanto che addirittura il brano dell'esplosione è stato usato come traccia per l'esame di maturità qualche anno fa. Morante racconta con immaginazione fervida i sentimenti senza cadere nel sentimentalismo. All'inizio sembra che nulla accada e qualcuno ha fatto fatica ad entrare nel racconto.
Non è il protagonista attivo che fa la storia, i protagonisti qua non sono padroni del loro destino ma solo cercano di sopravvivere e arrivare a sera in una desolazione creata dala guerra.
La descrizione dei personagi è accurata e li presenta con un profilo psicologico molto accurato che ce li fa apprezzare.
Nino ha un'indomita voglia di vivere.
Anche i personaggi della prostituta sfiorita e il suo pappone sono descritti mirabilmente. non c'è commisirazione di chi guarda dall'alto verso il basso ma c'è amorevole descrizione senza giudizio.
La storia è come una macina che schiaccia e tritura tutto. Il desiserio di scriere un libro pololare acccessibile a tutti è dovuto anche al fatto che questa storia non si conosce, non è quello che si studiava a scuola allora.
Scrive per inquadrare quello che è importante, la descrizione del treno che parte per Auswitz del 16 ottobre è molto realistica. 
Morante ci spinge a fare un salto di qualità basta fare la Storia con le guerre e accettare questa assurda violenza. Bisognerebbe fare un salto di qualità. 

INCONTRO 54 - LA LUNGA ESTATE DEL COMMISSARIO CHARITOS -   di Petros Markaris

VIDEO DELL'INCONTRO


CITAZIONI

“ Ricordo quello che mi aveva detto il commissario che mi aveva sostituito allá Narcotici dopo che ero stato trasferito allá Omicidi. Gli ateniesi, mi aveva detto, vivono tutto il giorno nell’inferno di Atene, solo per riuscire a vivere qualche ora di notte nel suo paradiso.”



NOTE BIOGRAFICHE

 Petros Markaris è scrittore e drammaturgo e sceneggiatore greco nato a Istanbul nel 1937.

 Di origini armene, dal 1964 si è stabilito ad Atene e nel 1974 ha ottenuto la cittadinanza greca.

 Dopo l’esordio come drammaturgo con l'opera Storia di Alì Retzos (1965) è stato collaboratore di T. Anghelopulos nella sceneggiatura di pellicole quali Megalexandros (1980) e L’eternità e un giorno (1998).

 La sua fama di scrittore è legata principalmente ai romanzi polizieschi il cui protagonista è il commissario di polizia Kostas Charitos, personaggio scontroso e cinico ma dalle profonde doti umane, che si muove sullo sfondo di una Atene gravemente turbata dalla crisi sociopolitica che attraversa la Grecia odierna, di cui Markaris scandaglia con accuratezza e talora con acuto sguardo lirico il caos, la corruzione e le contraddizioni di una cultura in bilico tra Oriente e Occidente.

 Tra i suoi numerosi lavori tradotti in italiano occorre citare: Ultime della notte 2000, Difesa a zona 2003, La lunga estate calda del commissario Charitos 2009, Resa dei conti 2013, Titoli di coda 2015, L'assassinio di un immortale 2016, Il prezzo dei soldi 2017, L'università del crimine 2018, Il tempo dell’ipocrisia 2019, L’omicidio è danaro 2020, Quarantena 2021, La congiura dei suicidi 2022 e Atene nel metrò 2023.




RESOCONTO DELL'INCONTRO

Anche se apparentemente potrebbe sembrare una lettura da ombrellone, questo giallo ha acceso una discussione molto approfondita e interessante trai partecipanti del Gruppo.
Intanto, il titolo originale è "L'azionista di riferimento", in italiano è stato cambiato per non dare l'idea che si trattasse di un libro di finanza. All'interno sono molte le tematiche che vengono affrontate, le principali sono, la storia della Grecia ai tempi dei colonnelli, una critica sociale che principalmente riguarda la crisi finanziaria che ha coinvolto Atene e tutto il paese e l'importanza della pubblicità, il socio di riferimento appunto, la complessità della società greca contremporanea.
Il commissario Charitos è un personaggio che affronta sfide personali e professionali con rigore ed ironia, cercando il filo rosso che lega i vari delitti. ha il volto umano e morale della polizia greca.
In generale si può dire che la trama è avvincente e multidimensionale, integra in sè le due principali linee narrative: il dirottamento e gli omicidi seriali.
Ci sono state posizioni differenti, alcuni l'hanno paragonato ad altri famosi giallisti come Montalbano e altri, invece qualcuno ha sconsigliato il fare questo paragone ma senza compararlo accettarlo per la sua unicità.
Qualcuno non sopportava il personaggio della moglie Adriani, altri invece l'hanno elogiata.
L'autore è stato bravo ad organizzre bene la struttura del romanzo.
Spesso ci sono descrizioni della città ingolfata.
La tematica della pubblicità è tra quelle principali, per qualcuno è giusto puntare il focus su questa realtà che di fatto condiziona l'informazione e spinge al consumismo più sfrenato.
Alcuni su questo punto hanno dissentito nel senso che senza di essa non ci sarebbero i soldi per avere un'informazione plurale e poi sta sempre al singolo spettatore usare il proprio discernimento e non farsi influenzare.
La trama lascia in sospeso alcune domande, in particolare una sulla violenza, si può paragonare quella dei terroristi a quella dei polizziotti? e ancora: chi è responsabile degli omicidi commessi dai terroristi? Il mandante o l'esecutore materiale?


INCONTRO 53 - Incontro speciale sulla poesia con Alessandro Angelelli

VIDEO DELL'INCONTRO

CITAZIONI

NAZIM HIKMET, Arrivederci fratello mare.

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po' della tua ghiaia
un po' del tuo sale azzurro
un po' della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.

Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino mare
eccoci con un po' più di speranza
eccoci con un po' più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.

Varna, 1951


Le onde

 

Mi corrode il tuo sorriso

distante e ignavo,

 consuma il mio desiderio

che svanisce,

si infrange, si schianta,

come onde sulla riva.

 Mentre lo osservo, sussurro:

 “ Ecco dove finiscono le vane speranze,

felici di svanire,

senza alcun rimpianto,

come un gelido bacio d’addio.”


NOTE BIOGRAFICHE


Alessandro Angelelli nasce a Terni, in Umbria, il 30 giugno 1968. Dopo alcuni anni, passati nella regione natale e nelle Marche, il padre Guglielmo si trasferisce con la famiglia in Lombardia, dove Alessandro risiede, con la propria famiglia, nella città di Monza.

Alessandro segue un percorso di studi legato all’Economia e Marketing: si diploma in un istituto tecnico per periti aziendali e corrispondenti in lingue estere e prosegue gli studi, laureandosi all’Università Bocconi in Economia Aziendale nel 1993.

La passione per l’arte e la cultura, sboccia nello stesso anno quando Alessandro comincia col frequentare, quasi per gioco, il Teatro della Contraddizione, storica compagnia milanese, fondata da Marco Maria Linzi (regista), Sabrina Faroldi e Micaela Brignone (attrici).

È un percorso congiunto che dura oltre vent’anni; Alessandro è un attore quasi sempre presente nelle produzioni del Teatro della Contraddizione, recitando in opere teatrali di quello che si può considerare uno dei più importanti teatri di ricerca della scena meneghina. Alessandro, recita in oltre venti spettacoli prodotti dalla compagnia, l’ultimo, in ordine cronologico, e uno dei più amati è “Berlin, Berlin – Kaffe Bordello” nel 2016.

Dopo quell’ultima esperienza con il Teatro dela Contraddizione, Alessandro entra nella compagnia Icdun Teatro, portando in scena lo spettacolo “Alegher – che fatica essere uomini“, rappresentato assieme all’amico attore e regista Eugenio Vaccaro.

Più recentemente l’autore, forse stimolato da tanti anni passati sulla scena, comincia a scrivere dapprima pièce teatrali e poi racconti e poesie che diventano il nuovo canale di veicolazione delle proprie energie creative.

Nel 2022 esce la sua prima silloge dal titolo: “Metallo Pesante “ (L’Erudita) che riscuote un ottimo successo di pubblico. Dopo quella prima esperienza Alessandro, grazie alla collaborazione con Edit Real di Michela Tanfoglio, comincia a lavorare ad un nuovo libro di poesie dal titolo: “Attraverso i miei occhi” che viene pubblicato, nel febbraio 2024 da La Corte Editore.




RESOCONTO DELL'INCONTRO

Per la prima volta si è svolto un Gruppo di lettura incentrato sulla poesia. Il tema prescelto dai partecipanti è stato il mare. 

Ciascuno ha selezionato una poesia, Alessandro Angelelli le ha lette interpretandole con maestria.

Sembrava che fossimo immersi in una magica atmosfera e che il tempo si fosse fermato permettendci di vibrare con ogni verso, per questo abbiamo deciso di ripetere ogni anno a Giugno un incontro dove la poesia sarà la protagonista.

INCONTRO 52 - KAFKA SULLA SPIAGGIA  di Haruki Murakami

VIDEO DELL'INCONTRO

CITAZIONI


“Col tempo la maggior parte delle cose finisce per essere dimenticata. Anche quella guerra terribile, e la tragedia irreparabile di tante persone, appartengono ormai a un passato lontano. Il vivere quotidiano occupa inesorabilmente i nostri pensieri e molte cose importanti si eclissano dalla nostra coscienza, come vecchie stelle pietrificate. Ci sono troppe cose di cui dobbiamo occuparci ogni giorno, troppe cose nuove da imparare.[…] E tuttavia ci sono esperienze che, per quanto tempo possa passare e per quante cose possano accadere nel frattempo, non si riescono a dimenticare. Ricordi che non sbiadiscono.”

" - Anche io quando avevo la tua età, sognavo sempre di andare in un mondo a parte, - dice la signora Saeki sorridendo - un posto al di fuori del tempo, dove nessuno avrebbe potuto raggiungermi.
- Ma un posto del genere non esiste.
 - Infatti non esiste. Per questo vivo così. In un mondo dove tutto si danneggia, il cuore si consuma e il tempo scorre senza un attimo di tregua. - Tace per qualche istante, come a suggerire con quella pausa il fluire silenzioso del tempo. Poi riprende: - Ma quando avevo quindici anni, pensavo invece che quel posto esistesse. Che da qualche parte fosse possibile trovare l'entrata di quel mondo speciale."p.270  

"Tutti perdiamo continuamente tante cose importanti (...). Occasioni preziose, possibilità, emozioni irripetibili. Vivere significa anche questo. Ma ognuno di noi nella propria testa - sí, io immagino che sia nella testa - ha una piccola stanza dove può conservare tutte queste cose in forma di ricordi. Un po' come le sale della biblioteca, con tanti scaffali. E per poterci orientare con sicurezza nel nostro spirito, dobbiamo tenere in ordine l'archivio di quella stanza: continuare a redigere schede, fare pulizie, rinfrescare l'aria, cambiare l'acqua ai fiori. In altre parole, tu vivrai per sempre nella tua biblioteca personale". pag.510


NOTE BIOGRAFICHE

Haruki Murakami, scrittore giapponese, nato a Kyoto il 12 gennaio 1949. Considerato uno dei migliori rappresentanti della nuova generazione di scrittori emersa agli inizi degli anni Ottanta, Murakami ha acquistato notorietà internazionale con romanzi quali  Sotto il segno della pecora, 1992, Tokyo blues, 1993, e Dance, dance, dance, 1998.

Nel 1992 ha confermato il suo successo in Giappone con il romanzo A sud della frontiera, a ovest del sole, una sorta di horror story di ambientazione urbana. Sono seguiti L'uccello che girava le viti del Mondo, 1999, lunga storia dai toni surreali divisa in tre parti; la raccolta di racconti del 1997, Il fantasma di Lexingtonnel 1997 scrive , Underground, una serie di interviste alle vittime degli attentati con il gas sarin avvenuti nella metropolitana di Tokyo nel 1994.

Nei suoi romanzi, caratterizzati da un taglio di tipo cinematografico e da una grande cura per i dettagli, Murakami mescola con intelligenza e mestiere avventura e fantasia, cinismo e note sentimentali, qualificandosi come uno degli scrittori più facilmente assimilabili in Occidente, specchio di un'integrazione, accettata senza problemi, della cultura americana (quella dei fast food, ma anche della musica jazz, pop, rock) nella vita quotidiana giapponese.





RESOCONTO DELL'INCONTRO


L'incontro inizia con delle informazioni fatteci pervenire da una partecipante circa la Biblioteca creata nell'università Waseda di Tokyo dove lo scrittore si è laureato tratte dal libro " A Tokyo con Murakami" di Giorgia Sallusti.
Kafka fa riferimento a tanti grandi classici della letteratura mondiale e giapponese.
Il livello onirico non è mai del tutto separato dalla realtà.
La presenza di luoghi isolati caratterizza la scrittura di Murakami come qui la foresta inaccessibile.
Anche i gatti sono una presenza costante delle sue narrazioni.
Il romanzo è molto difficile da raccontare, è come se l'autore ti conducesse alla soglia e poi ti lasciasse lì con la tua interiorità. Infatti in un' intervista ha recentemente affermato che lui conduce il lettore in un viaggio nella sua interiorità con cui il lettore singolo risuona.
Parte con tre stori distinte apparentemente scollegate che poi trovano dei punti di contatto all'interno della narrazione.
Libro oscuro ma con pilastri che ricorrono anche nelle altre opere dell'autore: l'amore per la musica. Il riferimento al classico, qui il complesso di edipo è molto evidente.
L'abbandono è un file rouge che attraversa tutto il racconto, Nakata abbandona e ogni personaggio lo fa. Ci sono delle pietre miliari che ciascuno incontra lungo il cammino e che decide del loro destino.
Il labirinto è un luogo fisico ma può essere qualsiasi cosa è un tema determinante che si ritrova tra le pagine.
Il tempo è soggettivo, ognuno da allo scorrere del tempo un suo scandire.
I templi scintoisti sono dei portali dove si cambia dimensione e il personaggio non ha piena coscienza di ciò che sta succedendo.
La genesi dei personaggio è molto evidente in Oschino che ha una crescita interiore, mentre Nakata è un personaggio puro ma allo stesso tempo un efferato assassino, Oshimo proviene da una giovinezza carattarizzata dalla devienza e l'incontro con Nakata lo trasforma e lui si fa trasformare.
Il tempo è scandito attraverso gesti quotidiani che danno rassicurazione circa l'esistenza del mondo scandita da certi rituali che prende il lettore che è avvolto da questa armonia rassicurante.
la mole del romanzo è grande ma la sua scrittura è cosi scorrevole e il lettore è sospinto da una tensione costante della trama che avvince. 
Si capisce bene che si tratta di  un libro scritto da un uomo.
Mieko Kawakami si è scontrata con Murakami accusandolo di misogenia.



INCONTRO 51 - MADAME BOVARY di Gustave Flaubert



CITAZIONI

 “Si guardarono, i loro pensieri confusi nella stessa angoscia si premevano stranamente come due petti palpitanti(….) “Addio” sospiro’ lui, lei tiro’ su la testa bruscamente “ah sì addio andate!” Avanzarono uno verso l’altro Lui le tese la mano lei esitò un attimo “All’inglese dunque “ disse poi abbandonandogli la mano e sforzandosi intanto di ridere. León la senti’ tra le dita, gli pareva che la sostanza di tutto il suo essere si raccogliesse entro quel palmo umido poi schiuse la mano i loro occhi si incontrarono ancora e lui scomparve.”

"Quando Leon arriva all’albergo Emma non c’è. Esasperata dalla lunga attesa se ne è andata. Quella mancanza di parola all’appuntamento le sembrò un oltraggio: lo considero’ incapace di eroismo, debole, più molle di una femmina avaro e pusillanime. Poi si calmo’ e scopri’ di averlo calunniato. Ma la denigrazione di coloro che amiamo ci allontana sempre un poco da loro. Non bisogna toccare gli idoli, la doratura ci resta sulle mani.”


NOTE BIOGRAFICHE


Romanziere (Rouen 1821 - Croisset 1880).

Figlio dell'illustre chirurgo Achille-Cléophas, compì gli studî secondarî a Rouen, quindi fu indirizzato dalla famiglia agli studî giuridici e inviato a Parigi; ma egli riconobbe presto la sua vocazione letteraria.

Sin dagli anni del liceo aveva redatto da solo un piccolo giornale scolastico, Le Colibri, pubblicandovi scritti in cui possono già scoprirsi alcuni tratti del futuro romanziere e artista; leggeva gli scrittori romantici, Chateaubriand, Byron, Hugo; si era iniziato al culto di Goethe; aveva scritto pagine di qualche valore.

Nel febbraio del 1843 cominciò una prima Éducation sentimentale (terminata nel 1845), per concretare, nelle forme ampie e obiettive di un romanzo alla Balzac, le sue prime conclusioni sulla vita: lo sfiorire dei sogni giovanili al contatto col reale.

Nel gennaio 1844 un gravissimo male nervoso troncò i suoi studî: cominciò allora una esistenza solitaria tutta dedita all'arte. Nel 1846 si stabilì a Croisset, in una sua proprietà isolata nelle vicinanze di Rouen. Quivi trascorse, si può dire, tutta la vita, povera di avvenimenti, e qui andò acquistando sempre più netta coscienza della propria missione letteraria: completare e purificare la rivoluzione romantica, liberando dalle tare deformanti (autobiografismo, disordine passionale, asservimento a interessi extra-artistici) il suo ideale di verità e di bellezza.

Fu il primo in Francia a giungere al concetto di stile inteso come creazione estetica pura. Con quale intensità abbia vissuto il problema teorico dell'arte appare dalla sua Correspondance (specie dalle lettere a L. Colet e a G. Sand).

 Fanatico, fino all'assurdo, della propria dottrina, egli vuole che le sue opere ne siano l'applicazione sempre più rigorosa: per evitare la "personalità" egli comprime il lirismo; per non sottostare come artista alle sue passioni di uomo si rifugia nell'ironia:maschera ingenua che non nasconde a nessuno il suo vero pensiero e che mette come una stonatura nella lirica purità delle sue fedi.

 Con l'aumentare degli anni si ha un'attenzione sempre maggiore ai problemi contemporanei e un più vivo contrasto (artisticamente funesto) tra la sua coscienza di uomo moderno e la sua dottrina intransigente di un'arte impersonale, impassibile, inattuale, fine a sé stessa.

Il primo grande lavoro, dopo la crisi giovanile, fu la Tentation de Saint Antoine (1ª red., terminata nel 1849, pubbl. postuma nel 1910), magnifica espansione lirica, prima obiettivazione del turbinoso romanticismo che ingombrava il suo animo. 

Madame Bovary (pubblicata dapprima a puntate sulla Revue de Paris, nel 1856, poi in volume, aprile 1857) riprende il tema della prima Éducation sentimentale: l'urto dei sogni romantici con la realtà quotidiana. Imbrigliata la fantasia col legarla a una storia reale e a un ambiente preciso, dove riesce a inserire nella verità umana il poema del disinganno che l'ossessionava fin dall'infanzia.

 Riesce a dominare il suo sogno abbassandolo, incarnandolo in una eroina troppo impari alla propria chimera; ma la pietà e l'ironia restano mirabilmente congiunte.

 Il successo della Bovary (anche per lo scandalo e il processo che suscitò) lo incoraggiò ad altri tentativi, Salammbô (1862) e l'Éducation sentimentale (1869) segnano la piena maturità del suo genio; bisogna, per comprenderle, non separarle. 

Salammbô è la vita come egli la sogna: incendio pittoresco di passioni grandi e inflessibili, libero spiegarsi degl'istinti nella gran festa del mondo, unità di tutto l'essere verso uno scopo degno: vita che solo l'antichità ha realizzato.

 L'Éducation sentimentale è l'umanità moderna: naufragio di piccole volontà dietro scopi meschini, indifferenza od ostilità alla libera bellezza delle forme e degl'istinti. Uguale per i due libri è l'illusione di raggiungere l'impersonalità mercé la più meticolosa documentazione. Ma per quanto mirabile sia stato nei particolari lo sforzo del ricostruttore, in tutte e due le opere l'obiettività della visione storica resta illusoria: è troppo brutale e spasmodica l'antichità (e come soffocata dall'erudizione dell'artista), com'è troppo insignificante la vita moderna.

 

 







RESOCONTO DELL'INCONTRO

Alcuni partecipanti hanno trovato piacevole leggere questo classico della letteratura, per molti è stata una rilettura.
Mondo di personaggi modesti che non si ascoltano. Il farmacista è un personaggio che osanna la scienza e cerca di convicere il medico ad effettuare la nuova cura per lo storpio.
Emma vive di sogni e non affronta la realtà. L'autore sogghigna trovando gusto ad infierire su di loro, l'unico a cui concede il lieto fine è il farmacista. Flaubert ha creato il romanzo moderno.
Flaubert ha messo molti riferimenti biografici nel libro tanto che molte persone hanno rotto i rapporti con lui. La sua amante dopo aver letto il romanzo ormai pubblicato ha rotto con Flaubert riconoscendosi in molte scene descritte. 
Costumi di provincia è il cuore della narrazione. Emma vive di sogni la provincia le sta stretta e sogna Parigi anche arriverà solo a Rouen.
Charles viene descritto come un bonaccione ma il romanzo inizia col discorso indiretto dello scrittore onniscente. Flaubert è stato rivoluzionario nello stile è stato un perfezionista del realismo. Su ogni oggetto e luogo si documentava tantissimo. Questo romanzo risulta ancora molto attuale.
Il contrappunto armonico viene utilizzato nella parte della festa campagnola tra comizi e le moine di Rodolph, Flaubert è il primo che utilizza questo metodo che verrà poi ripreso da moltissimi romanzieri del 1900.
Riletto in una versione con carteggio con Louis Colet che era l'amante di Flaubert. L'autore dice che i personaggi lo ripungnano e fa molta fatica a scriverlo.
Per quanto riguarda la fiera dichiara di voler introdurre la sintonia dove la scena si sviluppa trai muggiti di tori e i sospiri d'amore.

Flaubert dimostra di avere una grande attenzione sul particolare.
qualcuno è andato a guardare i luoghi citati nel romanzo scoprendo che di alcuni ha cambiato il nome, esiste anche una visita guidata ai luoghi del romanzo.
Lui mette in scena le miserie umane, non la nobiltà e l'eroismo. Emma è mediocre, sogna l'altrove e altro. Riesce magistralmente a rendere le debolezze e le miserie dei personaggi.
Flaubert è un esperto che oltre a tratteggiare i personaggi descrive magistralmente l'ambiente.
Flaubert è stato bravo a contrapporre Charles a Emma, che sono molto diversi,lei è affascinante affascinante mentre lui sembra privo di qualità.
Il funerale di Emma con le tre bare e la frase sulla pietra tombale "fermo passante calpesti una moglie degna di essere amata". Qua traspare la grande ironia di Flaubert.
Emma è un pò come Don Chichotte crede di vivere amori meravigliosi mentre invece è solo circondata da tanta mediocrità.

INCONTRO 50 - SENI E UOVA di di Mieko Kawakami

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CITAZIONI

" Vivevo nell'apatia più totale, per inerzia, e i giorni si succedevano l'uno all'altro grigi e monotoni. Uscivo da casa solo per andare al lavoro e non mi andava di vedere nessuno. Finchè un giorno, all'improvviso, mentre ancora rimuginavo su quella maledetta telefonata notturna, mi era scoppiata dentro una rabbia incontenibile, una forza che saliva dal profondo...... "Ma chi si c rede di essere quello lì? Come si è permesso di giudicarmi e dire che non sarò mai una vera scrittrice?!" Poi avevo premuto la faccia dentro al pouf e cacciato un urlo rabbioso, dal profondo dello stomaco, ripetendo la cosa più volte. Dopo un bel pezzo ero andata in cucina, mi ero versata un bicchiere di mugicha freddo e lo avevo mandato giù tutto di un fiato. Poi ero tornata nella stanza e avevo fatto un respiro profondo, guardando a uno a uno gli oggetti che mi circondavano, la libreria, la scrivania, il pouf e tutto il resto. Forse era solo la mia impressione, am ogni singola cosa sembrava più luminosa di prima."

“Intanto la nostra cabina aveva raggiunto e superato il punto più alto della ruota panoramica, mentre il crepuscolo estivo calava lento e inesorabile sul paesaggio circostante, mandando segnali via via più evidenti e cambiando la scena con magica destrezza. E noi osservavamo in silenzio il porto che mutava luci e colori, sotto il cielo striato di innumerevoli sfumature blu, indaco e viola.” 

Appoggiai il bicchiere sul tavolino: nel momento in cui lo feci, le angosce, le preoccupazioni degli ultimi tempi svanirono nel nulla e decisi di cancellare per sempre quell'imbecille dalla mia vita." p.213

"La sera incombeva dietro la tenda chiusa, che a poco a poco aveva assunto tonalità scure. Di colpo mi sono affiorati alla mente pensieri foschi: quante altre volte, d'ora in poi, osserverò questo blu notte arrivare alla mia finestra a questa stessa ora della sera? Cosa significa realmente vivere e morire da soli? Forse è come continuare a stare sempre e soltanto in un unico posto, qualunque cosa si veda e si faccia, dovunque si vada".p. 271




NOTE BIOGRAFICHE


Kawakami Mieko; Osaka29 agosto 1976) è una scrittrice e poetessa giapponese.

Nata nel 1976 a Osaka[1], vive e lavora a Tokyo[2] con il marito, lo scrittore Kazushige Abe.

Dopo aver lavorato come hostess di bar e commessa di libreria, prima di dedicarsi alla scrittura è stata cantante J-pop con all'attivo tre album.

Blogger molto seguita in Giappone[6], dopo una raccolta di poesie e una novella, ha raggiunto la popolarità nel 2008 con Seni e uova venduto in 250000 copie e vincitore del Premio Akutagawa.

Nell'agosto 2020 il romanzo breve Seni e uova viene pubblicato in Italia dalle Edizioni e/o, notevolmente ampliato dall'autrice rispetto alla prima versione.

Molto apprezzata dallo scrittore Haruki Murakami, nel 2013 è stata insignita del Premio Tanizaki per la raccolta di racconti Ai no yume to ka.








RESOCONTO DELL'INCONTRO

Questo romanzo nasce solo con la prima parte che è stata premiata in Gappone alla quale l'autrice ha aggiunto il resto. In generale sono molte le tematiche trattate, la nipote che sta in silenzio per protesta, la sorella della protagonista che vuole ricorrere alla chirurgia estetica, l'inseminazione artificiale e i problemi derivanti dai figli che scoprono da adulti di essere stati concepiti con l'inseminazione.
Le figure sono prevalentemente femminili e quelle maschili sono quasi tutti negativi, sono solo abbozzati e sembrano degli spettri. L'unico personaggio maschile di rilevanza è l'uomo che incontra quando decide di fare l'inseminazione artificiale. 
E' descritta Tokyo con i suoi ritmi e le sue particolarità, i supemercati, "i Combini" aperti tutta la notte e l'abuso di alcol da parte dei protagonisti.
A Osaka dove la protagonista viveva prima di trasferirsi aveva lavorato in un bar facendo l'intrattenitrice dei clienti. Questa figura femminile l'avevamo già trovata in un altro romanzo La ragazza del Kyüshü di Seicho Matsumoto.
Molti hanno trovato il romanzo pesante e poco significativo.
Per alcuni è un libro a strati multipli, si dipana su vari livelli, i personaggi femminili sono cesellati e vengono descritte a tutto tondo. Le donne vivono in una condizione patriarcale, si sposano per sopravvivere anche economicamente. 
In ogni pagina l'autrice fa un quadro di ogni personaggio, la scrittura è densa e si vede che ci ha lavorato molto.
Anche nella scena alle terme la sua scrittura ricorda quella di Murakami.
Richiama anche il romanzo " La ragazza del convenience store" di Murata Sayaka.
La protagonista è un personaggio positivo, dimostra di avercela fatta. 
Riesce ad affermarsi come scrittrice nonostante provenga da una situazione molto ai margini, ricordiamo che la madre è dovuta fuggire con le due figlie dal padre alcolizzato.
Una sua particolarità è che parla spesso delle finestre, proprio le finestre che in Giappone indicano la condizione economica delle persone, più finestre hanno le case più alto è il ceto sociale di chi vi abita.
Inoltre è bello il rapporto tra la protagonista e la nipote.
L'autrice ha fatto scalpore in Giappone per aver denunciato il patriarcato. 
Scrive avendo la capicità di far vedere al lettore le cose di cui tratta come la linea ferroviaria che è descritta nei dettagli.
La nipote si chiude in un mutismo dovuto alla sua disapprovazione dell'ossessione che la madre dimostra rispetto al rifarsi il seno, per cui cerca tra le molteplici strutture dove andare a fare l'intervento di chirurgia estetica.
L'autrice ci fa conoscere anche la cultura giapponese dove le persone sono molto riservate e tendono a non mostrare mai le loro emozioni.

INCONTRO 49 - ALL'OMBRA DELLE FANCIULLE IN FIORE di Marcel Proust

VIDEO DELL'INCONTRO




CITAZIONI

“Le nostre virtù non sono qualcosa di libero e fluttuante, di cui conserviamo in permanaenza la disponibilità; al contrario esse finiscono con l’associarsi così strettamente, nel nostro intimo, alle azioni per le quali ci siamo sentiti in dovere di esercitarle, che qualsiasi attività di altro tipo ci prende alla sprovvista, neppure sfiorati dall’idea che anche questa possa implicare la messa in opera delle medesime virtù. Swann, nel suo darsi da fare con queste nuove relazioni e nel citarle con fierezza, era come quei grandi artisti modesti o generosi, che avendo cominciato negli ultimi anni di vita a occuparsi di cucina o giardinaggio, manifestano un’ingenua soddisfazione per le lodi tributate ai loro piatti o alle loro aiuole e non ammettono in questo campo le critiche che sono prontissimi ad accettare sui loro capolavori; o come altri che, disposti a dare via per niente un loro quadro, non riescono in compenso a perdere quaranta soldi a domino senza arrabbiarsi.”p.27

"Certamente pochi capiscono il carattere puramente soggettivo di quel fenomeno che è l’amore e come esso sia una specie di creazione di una persona supplementare, distinta da quella che porta lo stesso nome in società, una persona di cui la maggior parte degli elementi sono opera nostra. Perciò pochi sono coloro cui appaiono naturali le proporzioni enormi che finisce con l’ assumere per noi un essere che non è lo stesso che essi vedono.”p.45

“Gli esseri che ne hanno la possibilità - è vero che si tratta degli artisti, e io ero convinto da tempo che non lo sarei mai stato - hanno anche il dovere di vivere per sé; ora, l'amicizia è una dispensa da questo dovere, un'abdicazione a se stessi. Persino la conversazione, che dell'amicizia è il modo d'esprimersi, è una divagazione superficiale, che non ci fa acquistare nulla. Possiamo conversare tutta una vita senza far altro che ripetere all'infinito il vuoto di un minuto, mentre il cammino del pensiero, nel lavoro solitario della creazione artistica, si snoda in profondità, l'unica direzione che non ci sia preclusa, e nella quale ci sia dato anzi dl progredire - sebbene con maggior fatica - verso un risultato di verità. E l'amicizia non soltanto è priva, come la conversazione, di qualsiasi virtù; è anche funesta. Infatti l'impressione di noia cui non possono sottrarsi, quando rimangono accanto agli amici - cioè alla superficie di se stessi - anziché proseguire nel profondo il loro itinerario di scoperte, quelli fra noi la cui legge dl sviluppo sia puramente interna, questa impressione di noia, quando poi ci ritroviamo soli, l'amicizia ci persuade a rettificarla, a ricordare con emozione le parole dell'amico, a considerarle come un apporto prezioso, mentre noi non siamo come costruzioni cui si possano aggiungere pietre dall'esterno, ma come alberi che traggono dalla propria Iinfa il nodo successivo del loro fusto, il piano superiore della loro fogliazione.”



NOTE BIOGRAFICHE

Marcel Proust (Parigi 1871 - ivi 1922).

Figlio di Adrien, professore universitario di medicina, e di Jeanne Weil, di ricca famiglia ebrea, donna sensibile e colta alla quale restò morbosamente legato, all'età di nove anni cominciò a soffrire d'asma, malattia che lo tormentò tutta la vita.

Frequentò il liceo Condorcet di Parigi, dove strinse le prime amicizie importanti e collaborò al periodico studentesco Revue lilas; s'iscrisse poi alla facoltà di diritto, seguendo contemporaneamente corsi alla Scuola di scienze politiche e alla Sorbona, dove fu allievo di H. Bergson.

Collaborò a Le Banquet, la rivista fondata da un gruppo di amici del Condorcet, alla Revue blanche e ad altri periodici e quotidiani tra cui Le Gaulois, e, dal 1903, a Le Figaro.

Dal 1914 uscirono sulla Nouvelle revue française ampî estratti delle sue opere.

Fin dagli anni liceali frequentò assiduamente i salotti dell'alta borghesia e dell'aristocrazia parigina, di cui avrebbe poi stigmatizzato lo snobismo, e nell'affaire Dreyfus si schierò in favore della tesi innocentista.

Dopo la morte del padre (1903) e soprattutto della madre (1905) si dedicò interamente alla stesura della sua opera, in un progressivo isolamento che lo portò a tappezzare di sughero la sua stanza nell'appartamento di boulevard Hausmann dove si trasferì nel 1906, assistito negli ultimi anni dall'autista Alfredo Agostinelli e, dopo la morte di questo, dalla fedele governante Céleste Albaret.

L'unico, immenso romanzo che scrisse, dopo varî tentativi, a partire dal 1909 fino all'anno della morte, s'intitola À la recherche du temps perdu e consta di sette parti intimamente legate: la prima, Du côté de chez Swann, uscì nel 1913 a spese dell'autore da Grasset, dopo che il parere negativo di A. Gide ne impedì la pubblicazione presso Gallimard; seguirono (questa volta da Gallimard) À l'ombre des jeunes filles en fleur, che ottenne il premio Goncourt, Le côté de GuermantesSodome et Gomorrhe.

Postume apparvero le ultime tre parti: La prisonnière , Albertine disparue  e Le temps retrouvé.

Fondata su un impianto autobiografico, l'opera, la cui struttura ciclica richiama quella della Comédie humaine di Balzac e della Tetralogia di Wagner, è un grandioso affresco della società francese all'inizio del secolo, del suo linguaggio, delle sue passioni e delle sue leggi; allo stesso tempo è la storia di una vocazione artistica che si realizza dopo una lunga esperienza di tempo "perduto", tempo che nell'arte è possibile ritrovare, cioè rivivere nella sua verità.

 In contrasto con il canone dell'oggettività del realismo, la narrazione, dietro la quale è percepibile la lezione di Chateaubriand, di Nerval, di Baudelaire ma anche l'influsso degli studî della psicologia del tempo sulle "intermittenze" della memoria, si dispiega attraverso il punto di vista soggettivo di un narratore protagonista, a partire da un evento fortuito: un sapore "ritrovato" nel gustare una madeleine risveglia la memoria facendo inaspettatamente riaffiorare alla coscienza tutto un mondo dimenticato.

 Il racconto, che adotta la forma del monologo interiore e si sviluppa attraverso frasi lunghe, ricche di subordinate, ruota intorno a diversi poli ideologici: si va dalla critica ad ogni mitoamoroso o mondano, che tende a cristallizzarsi in idolo, alla prefigurazione di un bello in sé, a un discorso sull'omosessualità che fornisce lo spunto a una più vasta meditazione sulla condizione di vittima e di carnefice in cui precipita chiunque contragga un rapporto affettivo. Intrisa di un senso drammatico dell'esistenza, ma sorretta da un'ironia che diviene fervido umore narrativo, la Recherche trascende il clima decadente, che pure la sostanzia, per collocarsi agli apici dell'esperienza letteraria del ventesimo secolo. Il momento irrazionale (la memoria involontaria che nel contatto fra due sensazioni, l'una presente, l'altra passata, scopre la loro essenza comune e fa ritrovare il tempo perduto) è solo la prima tappa nel cammino verso l'arte, che si raggiunge nel completo dispendio esistenziale, di ragione oltre che di forze inconscie, poiché solo la ragione sa stabilire i nessi, creando un discorso narrativo.



RESOCONTO DELL'INCONTRO

Stasera Francesco Garbelli ci ha parlato del secondo volume All'ombra della fanciulle in fiore di Marcel Proust.

Il volume entra nell'opera della Recherche che è stato un grande laboratorio che l'autore ha rivisto ossessivamente fino a poco prima di morire.

Tra il primo e il secondo volume trascorrono 6 anni e in mezzo si verifica la Prima Guerra Mondiale.

Il primo volume è stato tagliato per questioni editoriali, era infatti stato giudicato troppo voluminoso cioè doveva comprendere anche tutta la prima parte del secondo.

Quindi possiamo dire che l'opera si flette ad altre esigenze e prende una forma diversa strada facendo, originariamente dovevano essre solo tre volumi.

Alfred Agostinelli è lo chaffeur che assume un ruolo rilevante nella vita di Proust e che nell'opera assume le fattezze e le caratteristiche del personaggio di Albertine, anche le fattezze delle fanciulle l'autore le ha pensate per uomini e poi successivamente sono state trsposte al femminile.

proust non scrive per un'abilità spontanea ma utilizza un coecervo di stili del panorama degli scrittori a lui contemporanei.





INCONTRO 48 - L'IDENTITA' di Milan Kundera

VIDEO DELL'INCONTRO

                                            

CITAZIONI


“In quel momento ho capito qual’e’ l’unico significato che al giorno d’oggi può avere l’amicizia: e’ indispensabile all’uomo per il buon funzionamento della sua memoria. Ricordarsi del proprio passato, portarselo sempre dietro, e’ forse la condizione necessaria per salvaguardare, come si suol dire, l’integrità dell’io. Per fare in modo che l’io non rimpicciolisca, che mantenga immutato il proprio volume, bisogna innaffiare i ricordi come dei fiori in vaso, e tale operazione richiede un contatto regolare con i testimoni del passato - ossia con gli amici, che sono il nostro specchio, la nostra memoria. Ricordarsi del proprio passato, portarselo sempre dietro, è forse la condizione necessaria per salvaguardare, come si suol dire, l'integrità dell'io.
Per fare in modo che l'io non rimpicciolisca, che mantenga immutato il proprio volume, bisogna innaffiare i ricordi come dei fiori in vaso, e tale operazione richiede un contatto regolare con i testimoni del passato- ossia con gli amici, che sono il nostro specchio, la nostra memoria.”p. 53

"L’occhio, la finestra dell’anima, il fulcro della bellezza del volto, il luogo in cui si concentra l’identità dell’individuo; ma al tempo stesso è lo strumento che ci consente di vedere e che ha costantemente bisogno di essere deterso, inumidito, trattato con uno speciale liquido in cui è disciolta una determinata quantità di sale. Insomma, lo sguardo, la cosa più meravigliosa che un uomo possegga, subisce un’interruzione periodica, dovuta a un movimento meccanico di lavaggio."p. 71

" L'eco dei tuoi passi sul marciapiede mi fa pensare a tutte le strade che non ho percorso, e che si ramificano come le fronde di un albero. Tu hai ridestato in me quella che fu l'ossessione della mia prima giovinezza: proprio come un albero, infatti immaginavo la vita che mi si apriva davanti. Lo chiamavo, a quell'epoca, l'albero delle possibilità. Solo per un tempo brevissimo ci è dato di vedere così la nostra vita. Ben presto essa ci appare come una strada segnata una volta per tutte, come un tunnel da cui non possiamo più uscire. Eppure, la vecchia immagine dell'albero ci rimane dentro sotto fprma di un'insopprimibile nostalgia. tu mi hai ricordato quell'albero, in cambio io voglio trasmetterti la sua immagine, affinchè tu oda il suo ammaliante mormorio." p. 83


NOTE BIOGRAFICHE


Milan Kundera - 1º aprile 1929 – Parigi11 luglio 2023,  94 anni e una produzione letteraria eccezionale, che raccontava con una satira pungente e una profondità inusuale il mondo che lo circondava e in cui per lungo tempo aveva abitato.

 Nato a Brno, in Repubblica Ceca, appassionato e studioso di musica, frequentò corsi di letteratura e di cinema, diventò addirittura docente alla scuola FAMU per occuparsi di film e cinematografia.

 Milan Kundera fu anche espulso, da lì, per la sua vicinanza al Partito Comunista e le sue idee, ma poi ci si ricredette e venne riammesso: rispettato e ammirato, divenne punto di riferimento per colleghi e amici per la sua capacità di leggere e parlare del mondo.

Cominciò scrivendo poesie, poi testi teatrali, poi il successo con i primi racconti, quelli contenuti e raccolti oggi in Amori ridicoli (la sua produzione è pubblicata in Italia da Adelphi).

Preferì trasferirsi in Francia nel 1974, in piena Primavera di Praga, per avere più libertà di espressione e movimento: lì insegnò a Rennes, e quando pubblicò Il libro del riso e dell'oblio nel 1979 gli fu tolta la cittadinanza cecoslovacca. Ottenne poi quella francese e lì rimase fino alla sua morte.

Poi, nel 1984, il capolavoro che lo consacrò all’olimpo dei grandi scrittori del Novecento. Con L'insostenibile leggerezza dell'essere Kundera fu capace di raccontare la vita degli intellettuali e degli scrittori cecoslovacchi nel periodo tra la Primavera di Praga e l’invasione a seguito del Patto di Varsavia (grossomodo gli anni intorno al 1968). La narrazione si concentra sulle vite di Tomáš e Tereza, lui un chirurgo che ha perso il lavoro a seguito di un articolo frainteso, lei una fotografa. Attorno a loro, Sabina e Franz, a comporre quel Quartetto di Kundera che si è impresso nell’immaginario di generazioni.

Nonostante la caduta del comunismo, L’insostenibile leggerezza dell’essere aspettò 17 anni prima di essere pubblicato in Repubblica Ceca, e soltanto nel 2006 Kundera concesse i diritti per l’edizione in lingua della sua opera.




RESOCONTO DELL'INCONTRO

Il romanzo ruota attorno a un equivoco messo in atto a partire da un’affermazione fatta da Chantal, la protagonista femminile: «Gli uomini non si voltano più a guardarmi». Jean-Marc, il suo compagno, dapprima offeso dal fatto che la propria donna soffra per la mancanza degli sguardi altrui, decide di inviarle delle lettere fingendosi un suo segreto ammiratore. Ciò che ne scaturisce è un vortice di smarrimenti ancora più acuti: Chantal cambia atteggiamento, è schiva, non racconta ciò che sta accadendo; Jean-Marc ripercorre un itinerario di memorie legate alla definizione di identità. Un’anticipazione circa ciò che si prova nell’impossibilità di riconoscere chi si ama lo aveva avuto nel momento in cui, osservando una donna da lontano, si era convinto si trattasse di Chantal; ma quello che sembrava uno chignon, altro non era che un foulard annodato intorno alla testa di una donna «beffardamente diversa». Allora quell’essere che lui considera «impareggiabile» è solo una figura idealizzata e apparentemente unica? Ogni essere umano ha in sé molteplici sfaccettature e ne mostra sempre una diversa in base a chi ha innanzi. Ripensa allora alla sera in cui l’aveva conosciuta: aveva avuto fin da subito l’opportunità di rimanere da solo con lei. Cosa sarebbe successo se invece l’avesse frequentata per lungo tempo in compagnia di altre persone? Si sarebbe ugualmente innamorato di lei? Tutto ciò diventa per Jean-Marc un tormento: chi è Chantal? E se non è quella che ha sempre immaginato, chi è colei che ama? E, di riflesso, chi è lui?

Jean-Marc si trasforma allora in novello Cyrano de Bergerac nel confessare la propria passione in anonimo, assumendo di volta in volta le sembianze di uno sconosciuto a caso. Il gioco della perdita di identità è quindi compiuto e tutto il racconto si svolge nel tentativo di ristabilire i ruoli smarriti.

La discussione del gruppo su questo romanzo di Milan Kundera è stata vivace e sono state sviscerate bene le tematiche che lo caratterizzando proprio per la sua densità.
Sappiamo che Kundera non amava farsi conoscere e parlare di sè, ha cercato tutta la sua vita di parlare solo attraverso le sue opere. 
I suoi romanzi sono caratterizzati da continui rimandi letterari, la sua particolare cifra è proprio di scrivere opere che stanno a cavallo tra il saggio e il romanzo.
L'identità rimanda ad altre opere come ad esempio Doppio sogno di Schnitzler.
Qualcuno mentre leggeva è stato immerso in un bagno di emozioni e pensieri, viaggiando sul crinale tra la realtà e il sogno.
In questo romanzo il corpo ha importanza, i rossori di Chantal sono indicatori di un disagio, di dissolversi essendo diventata trasparente agli altrui sguardi. " Lei arrossisce. Arrossisce come da molto tempo non l'ha vista arrossire. e quel rossore sembra tradire desideri inconfessati. desideri così violenti che Chantal non riesce più a frenarli e ripete: " Si, gli uomini non si voltano più a guardarmi."Non solo il rossore,  ma nache il battito di ciglia è una funzione che non è solo fisica ma si collega con un ricordo di infanzia portato alla memoria dall'amico malato oltre che ciò che collega l'essere umano col mondo esterno.

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