INCONTRI IN PRESENZA 2021



INCONTRO 26 - IL SIGNORE DEGLI ORFANI di Adam Johnson




Il 13 Dicembre abbiamo parlato de "Il signore degli orfani " di Adam Johnson.

CITAZIONI

Nel mio sogno lui si allontana galleggiando, immerso nella luce sfolgorante con la sua radio.

Ed è reale come gli squali che balzano fuori dall’acqua scura, come i denti nel mio braccio.

Io so che una cosa è reale e l’altra invece un sogno, ma continuo a dimenticarmene, così entrambe sono vere. Non riesco più a distinguerle. Non so più quale è la storia vera.” P143


“Per tutta la sua vita gli avevano assegnato missioni senza dargli spiegazioni o preavvertirlo. Non c’era mai stato bisogno di fare domande o interrogarsi sulle motivazioni, perché ciò non avrebbe cambiato il lavoro che avrebbe dovuto svolgere.  Perché non aveva mai pensato di avere qualcosa da perdere prima.”p.148


“Nel posto dal quale veniamo noi”gli disse”le storie sono reali. Se un contadino viene chiamato un vistoso della musica, è meglio che tutti comincino a chiamarlo maestro e sarebbe saggio da parte sua comunicare a studiare il pianoforte. Per noi la storia è più importante della persona. Se un uomo e la sua storia sono in conflitto è l’uomo che deve cambiare” p.154


Un nome non è una persona" disse Ga. "Non ci si ricorda di una persona per il nome. Per tenere qualcuno in vita, lo metti dentro di te, metti la sua faccia sul tuo cuore. E allora, non importa dove sei, sarà sempre con te, perchè fa parte di te."p.469


 

NOTE BIOGRAFICHE

Adam Johnson

 

E' uno scrittore staunitense, nato nel Dakota del Sud, il 12.7.1967 e cresciuto in Arizona. 
Si è laureato in giornalismo presso l'Università statale dell'Arizona nel 1992, ha ottenuto un Master presso la McNeese State University e un Dottorato in inglese presso l'Università Statale della Florida nel 2000.
Vive a San Francisco e insegna scrittura creativa alla Stanford University.

I suoi racconti sono stati pubblicati su riviste come Granta, Esquire, The Paris Review, Best New American Voices e Best American Short Stories.
Vincitore del Whiting Award e del National Endowment for the Arts Fellowship, è uno dei pochissimi americani ad aver visitato la Corea del Nord.
Da quella esperienza è nato Il Signore degli Orfani, romanzo pubblicato in Italia da Marsilio nel 2013 e finalista al National Book Critics Circle Award, che ha richiesto un lavoro preparatorio di ricerca durato sette anni.
Dopo l'incredibile successo negli Usa, è in uscito in 12 Paesi. Nel 2016 ha pubblicato la raccolta di racconti La fortuna ti sorride (Marsilio).



 

 





RESOCONTO DELL'INCONTRO

Questo romanzo è piaciuto nonostante sia terribile, difficile e doloroso. Il regime procura un annullamento della personalità degli individui e anche delle famiglie.

Tra le righe traspare una forma di propaganda dell’America, del resto lo scrittore è statunitense e ha trascorso un breve periodo in Corea del Nord, soggiorno spesso vietato ai cittadini americani, quindi ha potuto toccare con mano la realtà di cui parla nel romanzo.

Si tratta di un romanzo avventuroso il protagonista vive molte situazioni molto diverse tra loro, entra anche in relazione con l’elite del Regime. Si tratta di un uomo buono, dimostra sempre una carica positiva nonostante le sofferenze e privazioni a cui è stato sottoposto sin da bambino.

Qualcuno si chiede come fa questo uomo che non ha conosciuto amore a rimanere umano.

Per il solo fatto di aver suscitato curiosità nei confronti di un paese così chiuso di cui non si sa quasi nulla, ha raggiunto un importante obbiettivo.

La Corea ci appare come un paese rimasto congelato i cui cittadini sono tenuti sottomessi da uno stato di terrore.

La lettura non scorre, spesso occorre interromperla la realtà descritta sembra surreale e atroce.

A tratti si fatica a discernere cosa sia realtà e cosa invece immaginazione.

Lascia sgomenti il fatto che non si organizzi nessuna forma di ribellione nei confronti del “Caro Leader”. La popolazione affamata e terrorizzata è completamente in balia del Dittatore paranoico.

Perché non si ribellano? Non sanno cosa c’è all’esterno del paese, intenet è proibito, sono indottrinati e non sanno come si vive negli altri posti dove c’è la libertà.

E’ un romanzo per lettori forti con stomaco forte. Inoltre, quando un romanzo parla di politica bisogna prendere i racconti con le pinze, nulla è dimostrato se non la breve esperienza fatta dallo scrittore.

A pag. 134 si legge:” “ In uno stato comunista si ottiene l’obbedienza con le minacce, mentre in uno stato capitalista si ha lo stesso risultato con le bustarelle.”

E’ un libro avventuroso, la massa non è riuscita a ribellarsi ma i singolo compiono atti di ribellione che potrebbe sfociare in una rivolta se anche gli atti solitari possano contribuire a formare una coscienza di massa.

L’autore non indugia sulle emozioni, si fida molto del lettore e lascia che sia trasportato dalla sua immaginazione. L’autore racconta la crudeltà con una scrittura evanescente che non lascia spazio ai sentimenti.

In atto c’è un processo di disumanizzazione anche le parole indicano significati contrari, come definire il Leader caro che non è padre di nessuno ma padrone di tutti.


INCONTRO 25 - L'EREDITA' di Vigdis Hjorth

Il 18 novembre parleremo del romanzo " L'eredità di Vigdis Hjorth.



CITAZIONI
"Chi non osa tremare in realtà è terrorizzato e nostro padre non osava farlo, non osava mostrare segni di debolezza.
Il regime di nostro padre si reggeva sulla paura. Se mio padre avesse mostrato un unico segno di debolezza, sarebbe potuto crollare ed era proprio questo che temeva nostro padre. Era in grado di accettare Bard soltanto quando quest'ultimo era umilato e sottomesso, ma Bard non ci voleva stare.
A nostro padre non piaceva che suo figlio fosse diventato ricco, anche se i soldi erano il suo metro di misura, perchè dal momento in cui Bard era diventato ricco, nostro padre aveva perso su di lui quel potere che è insito nel denaro." p.79

Non abbiamo fatto altro che piangere, abbiamo pianto fino a non avere più lacrime, esordì nostra madre, come se volesse scusarsi perchè non piangevano, non davano l'impressione di avere ancora finito di farlo, parevano agitate quasi ossessionate.
Mentre bevevamo il caffè, ci raccontarono per filo e per segno, parlavano tutte insieme, erano completamente prese. era stato tutto così drammatico, dissero, nessuna di loro aveva mai vissuto niente di simile." p. 150 

" Ci infilammo i cappotti e uscimmo al freddo, si stava già facendo buio, forse era in arrivo una tempesta. 
Mentre ci stavamo salutando davanti alla pizzeria, il buio si era infittito. Era un buio di quelli che ti piombano addosso, un buio di quelli che aleggiano, si diffondono, penetrano negli edifici e nelle case, prendono il sopravvento a prescindere dal numero di candele che si mettono sul tavolo o sul davanzale delle finestre, a prescindere dalle fiaccole posizionate davanti ai negozi, ai centri commerciali e nei vialetti d'accesso di normali villette dove si festeggerà il Natale.
Era un'oscurità che non arrivava dall'alto, dal cielo, ma dal basso, che si levava dalla terra fredda dove i morti marcivano soli, avvolti dalle tenebre. 
Un'oscurità che che fluiva dai rami neri e rigidi degli alberi gelati e tremanti di freddo, dai cespugli piccoli e brutti, un'oscurità satura di coltelli, un'oscurità che recideva corpo e anima, un'oscurità che non lasciava ferite visibili, ma cicatrici ruvide e rugose, noduli che impedivano al sangue, alla linfa, ai pensieri di scorrere, quell'oscurità procedeva a singhiozzo, si fermava, si accumulava in grovigli rigidi e insolubili." p.160


"Il vento era mite, dentro di me lo ero anch'io, mi sedetti a un caffe' con una birra e un taccuino, pervasa da una sensazione di pace, quasi di gratitudine.
Quella volta non avevo nessun compagno a cui dovermi relazionare, nessuno a cui desideravo telefonare nè parlare, non avevo bisogno di condividere perchè era già tutto condiviso. Avvertivo una profonda appartenenza al mondo che, ancora adesso, sono in grado di percepire, quando ripenso a quella particolare serata di venerdì a Spalato.
l'obiettivo e lo scopo devono essere quelli: vivere il maggior numero di momenti simili che facciano da contrappeso a quanto esiste di doloroso, costruire una casa fatta di attimi del genere, dove posso rifugiarmi nei momenti duri.
Presagivo che sarebbero arrivati." p. 311




NOTE BIOGRAFICHE


Vigdis Hjorth


Nata a Oslo nel 1959, dove risiede, si è laureata in storia, scienze politiche e letteratura ed è una delle scrittrici norvegesi più conosciute e stimate.

Ha esordito nel 1983 con Pelle-Ragnar i den gule gården, grazie al quale il Ministero della Cultura norvegese le ha attribuito il premio per il miglior romanzo d’esordio.

Ha pubblicato più di trenta libri, fra cui una ventina di romanzi, conquistando i premi letterari più svariati. 

Eredità, Fazi, 2020, è vincitore del Norwegian Booksellers’ Prize e del Norwegian Critics Prize for Literature – i due principali riconoscimenti norvegesi –, è il romanzo con cui ha ottenuto la fama internazionale, rientrando nella rosa dei finalisti del National Book Award for Translated Literature nel 2019.

Sempre per Fazi nel 2021 ha pubblicato il romanzo Lontananze.




                                                                                           



  

RESOCONTO DELL'INCONTRO

Ci siamo riunite in semicerchio e abbiamo parlato per quasi due ore di questo romanzo intenso e particolare ambientato in Norvegia.

Qualcuno rileva che a differenza di altri romanzi del genere "autofiction" dove il lettore si sentiva trascinare dai sentimenti dell’autrice che narrava di sé in prima persona, qui la storia è narrata con lucido distacco.

La narrazione è frammentaria e non segue un vero e proprio ordine cronologico, anzi  si avanza e si retrocede e spesso ricorrono delle ripetizioni quasi a sottolineare certi momenti scandendo il tempo della narrazione con un ritmo tutto particolare.

L’autrice da un taglio psicoanalitico al racconto e traspare il messaggio per cui solo se una colpa è riconosciuta è possibile perdonare.

Solo il taglio netto dalla famiglia le fa fare pace con il suo senso di colpa.

E’ una lettura che si digerisce lentamente. Si seminano degli indizi, si narra di una famiglia che custodisce un segreto non rivelato e ci sono dinamiche pesanti.

La protagonista è una vittima e l’abilità della scrittrice sta nel porre i suoi familiari davanti alla sua verità. Sembra un personaggio quasi fastidioso e i membri della famiglia preferiscono dimenticare o minimizzare piuttosto che affrontare la realtà.

Il padre è un Giano bifronte che ha riservato un trattamento diverso ai primi due figli rispetto agli altri due.

Solo in presenza di un estraneo, nella figura del commercialista, la protagonista riesce a chiamare le cose come stanno. Il padre è vissoto tutta la vita soffocato dalla sua vergogna, mentre Bergljot diventa una persona adulta quando riesce ad affrancarsi dai suoi genitori.

Tra l’altro non pare casuale il nome della protagonista che in norreno significa “luce che salva”.

Qualcuno ha ritenuto ansiogena la lettura e alcuni personaggi come la madre sono davvero terribili, addirittura quando pensa di separarsi dal marito, chiede alla figlia della violenza subita dal padre quasi potesse esserle utile a  legittimare il suo distacco da lui.

Per Bergljot bambina, il padre era stato il suo primo amore che poi però l’ha ignorata senza che lei ne capisse il motivo.

Gli amici l’aiutano a chiarire i processi manipolatori a cui era sottoposta in famiglia.

Mentre il compagno è assente e spesso scocciato e insofferente.

La natura svolge un ruolo importante, le fa recuperare la pace e la seranità, le lunghe passeggiate nei boschi col cane la fanno riappacificare con lei stessa. Il paesaggio nordico è uno dei protagonisti del romanzo. Scrive pagine meravigliose sul freddo e sulla pioggia.

La natura e il bere sono per Bergljot i due elementi anestetizzanti del suo grande dolore.

Tutto il racconto è un’analisi lucida e fredda che comunica tanta sofferenza, descrive i sentimenti senza farli agire, manifesta il suo dolore e ce lo comunica.

Ci fa capire bene cosa accade a un bambino che subisce uno stupro, il bambino, al contrario dell’adulto, non ha sessualità. Anche la triangolazione padre, madre e bambina è molto destabilizzante e crea molta confusione.

Alla fine Bergljot è riuscita a dividersi dal marito, al contrario della madre e anche in questo dimostra di avere più consapevolezza e maturità rispetto a questa genitrice infantile e invadente.

Qualcuno ritiene che potrebbe essere un’ottima sceneggiatura per un film, l’autrice riesce ad incastrare alla perfezione le tessere del puzzle.

Si tratta di una storia universale, attraverso la sua sofferenza la protagonista mette in evidenza anche la sofferenza degli altri che comunque non riescono a tagliare i ponti con lei anche se continuano ad ignorare la violenza.

La scrittrice ha uno stile molto particolare, pur utilizzando un linguaggio essenziale dosa e misura alla perfezione le parole e nessuna è utilizzata a caso.

Qualcuno lo definisce un libro in bianco e nero. Al candore della neve e dell'ambiente fa da controaltare il travaglio interiore, il buio e l'oscurità dei sentimenti e degli affetti.

La famiglia da luogo sicuro si trasforma in un luogo di dolore, di segreti, il cui svelamento danneggia tutti i componenti.

E' un libro di silenzi oltre che di parole. Parole che vengono negate, la parola incesto diventa insesto, quasi ad annullare il segreto che lega tutta la famiglia. Se non lo si nomina non esiste.



INCONTRO 24 - LE AFFINITA' ELETTIVE di Johann Wolfgang von Goethe


Il 21 ottobre, finalmente presso L'Auditorium abbiamo parlato del romanzo di Goethe " Le affinità elettive".



CITAZIONI


“Diciamo affini quelle sostanze che incontrandosi, subito si compenetrano e si influenzano vicendevolmente. Quest'affinità è particolarmente spiccata negli alcali e negli acidi, che, quantunque opposti o forse proprio per questo, e cioè perchè sono opposti tra loro, si cercano e si afferrano nel modo più risoluto, si modificano e formano insieme una nuova sostanza.

" Mi lasci dire" dichiarò Charlotte " che quando lei chiama affini quelle sue strane sostanze, la loro non mi appare tanto un'affinità di sangue, quanto di spirito  e di animo. Ed è su questa base appunto che possono sorgere tra le persone amicizie veramente significative: perchè sono le qualità opposte a reneder possibile una più intima unione."

"Diciamo che le affinità divengono interessanti solo quando producono separazioni" rispose Edward

"Questa parola triste che si sente purtroppo pronunciare troppo spesso in società, compare dunque anche nella scienza naturale?" domandò Charlotte

" Eccome!" confermò Edward "Era addirittura un titolo di onore per gli alchemici che li si definisse gli artisti della separazione".

E allora riallacciamoci subito a ciò che abbiamo detto e discusso prima" disse il Capitano " Quella che denominaimo calcare, per esempio, è una sostanza calcarea più o meno pura, intimamente combinata a un acido leggero con il quale abbiamo confidenza nello stato gassoso. Se si immerge un pezzo di questo minerale in acido solforico diluito, esso aggredisce la calce e si muta insieme ad esso in gesso, mentre il leggero acido gassoso si volatilizza. Siamo quindi in presenza di una separazione e di una nuova combinazione, e ci si sente perciò anche autorizzati a usare l'espressione 'affinità elettiva', perchè si ha proprio l'impressione che una relazione sia preferita all'altra, che sia scelta rispetto all'altra." Goethe Le Affinità elettive pp. 67/69

 

 

“Una vita senza amore, senza la vicinanza dell’amato, è solo una comedie a tiroir, una brutta commedia a scomparti. Si aprono uno dopo l’altro, lì si richiude, si passa velocemente al successivo. Tutto quel che di buono e significativo possa comparirvi si compone insieme solo miserevolmente. Bisogna cominciare ovunque da capo e si potrebbe finire ovunque.”p.256 

 

“ La notizia che non le si potè più tener nascosta che Edward si era esposto alla mutevole sorte della guerra, dovette straordinariamente colpire Ottilie. Né le sfuggì, purtroppo, nessuna delle relative considerazioni che aveva ben ragione di fare. Per fortuna, l’essere umanoriesce a concepire solo un determinato grado di sventura; quel che va oltre lo distrugge o lo lascia indifferente.  Ci sono situazioni in cui paura e speranza si fondono, si elidono vicendevolmente e sfumano in una cupa insensibilità. Come potremmo altrimenti sapere i nostri cari lontani in costante pericolo eppure tirare avanti ugualmente con la nostra solita vita quotidiana?”p.197



NOTE BIOGRAFICHE

Goethe, Johann Wolfgang von. - Poeta, narratore, drammaturgo tedesco (Francoforte sul Meno 1749 - Weimar 1832).

Genio fra i più poderosi e poliedrici della storia moderna, si manifestò in un'epoca in cui ormai risultava operante la consapevolezza d'una acquisita libertà di sentimenti e di espressione; gli fu quindi spontaneo rendersene partecipe e anzi incrementarla segnando un cambiamento radicale nella coscienza culturale tedesca ed europea.

Definito "olimpico" per il suo equilibrio, per esso esaltato e anche censurato, e talora persino schernito, di questo equilibrio non fece oggetto di soddisfatta fruizione bensì oggetto ambizioso d'una continua, tutt'altro che olimpica ricerca, operata nei varî campi d'interesse, negli studî scientifici, nell'azione pubblica e soprattutto nella produzione poetica.

Nel 1770 si trasferì a Strasburgo per terminarvi gli studî; tra le esperienze decisive che ivi compì spiccano l'incontro "fatale" con J. G. Herder e le sue teorie su storia e natura, creatività individuale e divenire universale, e la lettura di Shakespeare, che segnarono la prodigiosa produzione del successivo quinquennio.

Di lì a poco Stella (1775), dramma d'un uomo che con pari intensità ama due donne, denuncia l'aspirazione alla libertà sentimentale.

Una produzione tanto varia è tenuta insieme tuttavia dalla continua disposizione a confessarsi, a legare fino alla più intima convergenza vita e poesia. In tale spirito nacque anche l'opera conclusiva e più fortunata di questa felice stagione, il romanzo epistolare Die Leiden des jungen Werthers ("I dolori del giovane W.", 1774), appassionata storia di una delusione amorosa che si conclude con il suicidio del protagonista; essa, in un'epoca segnata da un sentimentalismo esorbitante, conobbe un immediato, clamoroso successo.

Intanto si era già affacciato nello spirito di Goethe il tema del Faust, che lo accompagnerà ossessivamente sino agli ultimi giorni della sua lunga vita. Tornato a Francoforte al termine degli studî, dopo aver soggiornato a Wetzlar per farvi pratica presso il supremo tribunale imperiale, abbandonò gli ambiziosi disegni di carriera tracciati per lui dal padre, e nell'autunno del 1775 lasciò, questa volta definitivamente, la città natale per stabilirsi alla corte di Weimar.

Entrato nelle simpatie della famiglia ducale, fu nominato consigliere segreto e quindi ministro, ottenendo infine il titolo nobiliare.

Il primo decennio trascorso a Weimar fu di relativo silenzio poetico e d'intensa attività pratica. Il contatto costante coi problemi della vita lo sospingeva, piuttosto, verso le scienze naturali.

Si occupò di geologia e di mineralogia (fra l'altro scrisse il trattato Über den Granit, "Sul granito", 1784), passò all'anatomia, scoprendo nello stesso 1784 l'osso inframascellare; fu attratto infine dalla botanica e dalla storia naturale, in cui la sua riflessione trovava testimonianza di quella immanenza del divino che aveva già avvertito in forma intuitiva. Si compiva così la maturazione di quel panteismo cui del resto già da tempo aderiva.

La produzione letteraria di questo periodo si può considerare limitata alle liriche e all'atto unico Die Geschwister ("I fratelli", 1776), ispirati a Charlotte von Stein, donna di grande cultura alla quale Goethe fu legato per dieci anni e che influì profondamente sulla sua formazione.

Nell'autunno del 1786, il viaggio in Italia si configura quasi come una fuga e segna un passaggio decisivo per la vita e l'ispirazione del poeta. Nel "paese dei limoni", l'Italia classica del meridione e, più ancora, Roma, trovò realizzata quella sintesi di natura e arte, passato e presente, spiritualità e sensualità verso cui era proteso, e sentì rifiorire tutte le aspirazioni poetiche che il decennio attivistico di Weimar aveva in buona parte represso.

Nel giugno del 1788 tornò a Weimar e il suo cambiamento gli procurò accoglienze decisamente fredde. Interruppe la relazione con la signora von Stein, e iniziò la convivenza con la giovane e umile Christiane Vulpius, che sposò solo nel 1806 pur avendone avuto fin dal 1789 un figlio, August, morto poi a Roma nel 1830.

L'operosità creativa che era esplosa in Italia continuò a Weimar, in una stagione contrassegnata dal succedersi di opere quasi tutte ad alto livello. Intanto, nel 1794 si era creato il sodalizio con J. C. F. Schiller che, durato fino alla morte di quest'ultimo (1805), nel decennio definito per eccellenza classico, portò a reciproco arricchimento le due personalità, pur tanto diverse per estrazione e per temperamento.

Per Goethe l'amicizia con Schiller significò una coscienza della propria missione poetica pienamente riconquistata. Con la morte di Schiller (1805) e la catastrofe nazionale di Jena (1806), si era aperta per Goethe la lunga stagione della senilità.

Allo sconforto e all'isolamento aveva reagito immergendosi negli studî scientifici, in particolare sull'ottica, senza con questo rallentare l'intensità della produzione letteraria.

Allo stesso anno del Faust appartiene il dramma allegorico Pandora, e nel 1809 vide la luce Die Wahlverwandtschaften ("Le affinità elettive"), esemplare romanzo sulla passione amorosa vissuta in età adulta.

La profondità dell'analisi psicologica e la tensione della vicenda sono sorrette da una scrittura perfettamente sorvegliata che asciuga senza offuscare il pathos che attraversa l'intera narrazione.

Nonostante i frequenti attestati di stima da tutta Europa e l'omaggio di uomini come Byron e Manzoni, Goethe conobbe negli ultimi anni l'amarezza dell'isolamento quasi integrale nel nuovo clima culturale creatosi con il Romanticismo, a lui radicalmente estraneo.

L'ultimo Faust fu elaborato tra il 1825 e il 1831, con la dolorosa parentesi della morte del figlio e di una grave malattia da cui Goethe si riprese, forse, per la estrema determinazione di portare a compimento l'"opera della sua vita".

Quest'opera denuncia il peso dell'investimento che è stato fatto su di essa e risulta eterogenea, sovraccarica, diluita da intellettualismi e genericità, ma ha pagine di straordinaria bellezza e resta la potente e inquietante somma poetica di tutta una vita.

Faust, che all'inizio si ridesta a nuova vita, è destinato alle esperienze più sbalorditive, ad attingere dimensioni sempre più vaste e globali, passando di affanno in affanno e di colpa in colpa finché, vecchissimo e quasi cieco, saluterà la morte con un esaltante inno alla libertà.

La seconda parte del Faust (Faust. Der Tragödie zweiter Teil) fu pubblicata pochi mesi dopo la morte di Goethe, per sua esplicita volontà.

Egli era certo che non avrebbe ricevuto comprensione da parte di contemporanei, e non s'ingannava: in particolare l'ultimo Goethe non era fatto per essere agevolmente inteso, ma in generale il clima intellettuale e politico degli anni della Restaurazione non era fatto per recepire un autore che sembrava fossilizzato su posizioni esclusive e in ogni modo antiquate.

Nonostante la varietà e disparità d'opinione dei suoi innumerevoli critici (tra cui Hauptmann, Hofmannsthal, George, Hesse, Th. Mann), è unanime il giudizio che lo riconosce campione geniale dell'autonomia individuale, nel solco di una cultura di cui ha saputo raccogliere e incrementare la grande eredità.

 


 


 





RESOCONTO DELL'INCONTRO


Ieri sera, finalmente ci siamo ritrovati in presenza e abbiamo parlato di un grande classico della letteratura di tutti i tempi, il romanzo di Goethe " Le affinità e ettive".
Alighiero Chiusano definisce questo romanzo una medusa della letteratura che ha qualcosa del sorriro dell'Apollo di Vejo e della Gioconda.
Questo romanzo è profondamente ambiguo.
Qui Goethe applica le regole della chimica e delle scienze naturali alla psicologia umana.
Qualcuno ha trovato interessante conoscere uno spaccato di vita ottocentesca, in un mondo in cui i noblili trascorrono la vita nell'ozio e dove non ci sono eroi.
I personaggi vivono attanagliati tra destino e libero arbitrio e ciascuno reagisce in modo diverso.
Alcuni come il Capitano e Charlotte dimostrano sempre grande autocontrollo e razionalità nell'affrontare le diverse situazioni, mentre Eduard e Ottilie sembrano più impulsivi e guidati dalle loro passioni.
Goethe rappresenta un mondo che non esiste più, un' Arcadia dove i nobili vivono a contatto con la natura, sfaccendati, intenti solo a coltivare le loro passioni e la vita sociale.
Solo il personaggio di Mittler sembra voler ricordare a tutti le regole dell'esistente. Mentre il Capitano fa l'apologia della chimica e usa la sua conoscenza per avvicinare le scienze naturali alla psicologia.
L'autore trova anche un modo molto particolare di raffigurare i tratti somatici del bambino di Charlotte che assomiglia a Ottilie e al Capitano quasi come se l'unione adulterina immaginata e non consumata si riverberasse in lei. La spiritualità si manifesta nella forma.
I personaggi di Eduard e Ottilie sono vittime delle loro sensazioni,sono entrambi presi da una follia d'amore che non riescono a gestire mentre Charlotte e il Capitano dimostrano una forte volontà che gli permette di governare le loro emozioni.
Otto, il bambino, muore quasi inosservato, quasi fosse la vittima necessaria alla felicità di tutti.
Qualcuno traduce dal tedesco il titolo come Scelte della parentela.
Per qualcuno è stato interessante scoprire dalle pagine del romanzo che fil rouge deriva dal parrticolare modo in cui erano intrecciate le cime delle navi Inglesi che sempre contenevano nell'intreccio un filo rosso.
Per qualcuno goethe è moralista e lo si capisce dalla condanna al conte e alla baronessa, ma non tutti la pensano così, infatti per altri non lo è affatto anzi, è in grado di vedere e considerare i vari modi in cui le persone decidono di vivere.
Ottilia  porta su di se un forte senso di colpa che probabilmente deriva dal suo senso religioso protestante. Desidera espiare e finisce per lasciarsi morire.
Goethe fa vivere la sua epoca, in ogni passo c'è l'espressione dei tempi ma anche la sua contraddizione.






  23 -  QUEL CHE RESTA DELLA VITA di Zeruya Shalev


Il 23 settembre abbiamo parlato all'aperto, sotto i frondosi ginkgo biloba di Piazza San Francesco del romanzo di Zeruya Shalev " Quel che resta della vita".




CITAZIONI

" Perfetto incastro di convessità e concavità, di corpo e anima, perfetta la serenità che la coglie, tutto tornerà a posto, sente di colpo, tutto tornerà a posto, ha paura di respirare per non guastare la sacralità del mo0mento, ha paura di muovere anche solo la punta di un dito per non spezzare quell'abbraccio, per non vedersi portare via l'amore della figlia, che infonde vita nel suo corpo. Ha l'impressione di restare così, immobile, per ore : il sole è tramontato ma ora risorgerà, gli anni passano risucchiati nei meandri del passato, sospinti avanti verso i misteri del futuro, quel che è stato e quel che sarà, nascita e morte, vecchiaia ed età adulta e infanzia, tutto ciò non conta quasi nulla al confronto con la sostanza assoluta della loro esperienza d'amore, al confronto con la bellezza dell'anima capace di attingere da se stessa un sentimento così potente e distillato, così nei secondi e engli anniche dura il loro abbraccio lei capisce che nessuno potrà mai portarle via quetsa bellezza, nemmeno Nitzan stessa, perchè il cuore della sua palpitante esistenza lei lo sente dentro al proprio corpo, e di tutta la delizia che si sono date quando lei è nata e sino a oggi, non manca nulla, nulla è andato perduto, perciò non sarà più triste, perchè senza lo sterile ee freddo peso del rimpianto del passato ma anche del futuro, di tutto il futuro, sarà più facile, e forse è proprio questo lo scopo della confessione d'amore che sua figlia le sta facendo: sciogliere il grumo di tristezza che si è formato in lei, lasciarlo colare giù dal corpo come la neve al sole." p.272 

" Da dove salta fuori tutt'a un tratto questo attimo in cui si infrange l'equilibrio fra i ricordi e i desideri? nessuno l'aveva preparata, nè libri nè giornali, non i genitori e nemmeno gli amici. Ma è proprio l'unica sulla faccia della terra che lo sente a uno stadio così precoce della vita, e senza nessuna catastrofe visibile a occhio nudo, la prima che sente tracimare il piatto della bilancia  su cui stanno posati i ricordi. Mentre quello delle speranze è leggero come una piuma, e tutto teso al ritorno di qualcosa che è già stato." p.22

Si, è tutto quello che rimarrà di decenni trascorsi su questa terra: un quaderno vuoto sul quale non aveva mai osato scrivere neanche una parola, perchè quella, la prima, doveva essere unica e speciale, la regina della parole, mai scritta prima di allora, quella parola doveva contenere tutti i suoni che lei aveva udito e le immagini che aveva visto e i profumi che l'avevano attorniata, il fischio del vento da est quando fa stormire le fronde e il gemito dei pesci catturati nella rete, l'odore delle tettoie in papiro degli arabi in una giornata di sole e l'eleganza degli aironi che nidificano nel canneto, le chiacchere delle donne mentre riparano le reti dei pescatori con le loro giovani dita, il rumore delle uova di pesce barbo incollate ai sassi del torrente, quando si schiudono, il verso del pesce gatto acquattato sul fondo del lago in attesa dei pesci piccoli, la sgargiante livrea dei maschi nella stagione della posa, il grugnito dei cinghiali e l'odore di fumo che risale improvvisamente dalla terra, le onde che si frangono nel vento e girando si ricoprono di schiuma, le nuvole sopra il monte Hermon, ad annunciare la pioggia imminente e lo spettacolo delle gru che al loro ritorno in autunno non avevavno più trovato il lago. Un tale peso aveva dato a quell'unica parola, da farla inabissare come le barre di ferro che erano spuntate in fondo al lago dopo che era stato prosciugato, e adesso ha l'impressione che forse potrebbe provarci, fare un ultimo tentativo, che è anche il primo, senza parole, solo posandosi addosso il quaderno, tenendolo così stretto da farlo penetrare sotto la pelle , lasciando che assorba il suo latte e il suo sangue." p.91 

"Si la realtà era una causa persa molto prima di allora e non solo qui, in questo paese, in questa città. A volte mentre attraversa le strade trafficate, mentre osserva i giocattoli che l'uomo si è costruito, automobili e aerei, armi e cariche esplosive, veleni nascosti e palesi, aggeggi mobili e statici, si rattrista per l'umanità che si è data da fare per perfezionare il suo ambiente, senza riuscire a perfezionare e rinforzare se stessa, e con ciò diventa sempre più fragile, man mano che che aumenta la possibilità di subire un attacco, diminuisce la capacità di difendersi, tanto che lui si sorprende ogni sera constatando che è ancora in vita, che la sua casa è ancora in piedi." p.141


NOTE BIOGRAFICHE

Zeruya Shalev, la scrittrice di maggior successo in Israele, è nata nel Kibbutz Kinneret. È, con Amos Oz e David Grossman, tra gli autori israeliani più letti nel mondo.

Zeruya Shalev, è nata in un kibbutz il 13 maggio 1959.

Ha svolto studi sulla Bibbia e sulla Sacra Scrittura.

Vive a Gerusalemme, dove lavora come scrittrice e come editrice.

Ha pubblicato una raccolta di poesie e romanzi.

"Per Una relazione intima"Frassinelli 2000 è  stato ai vertici delle classifiche in Israele, è stata insignita del Golden Book Prize dall'Unione degli Editori Israeliani, e dell’Ashman Prize.

"Una storia coniugale"Frassinelli 2001

"Dopo l'abbandono" Frassinelli 2007

"Quel che resta della vita" Feltrinelli 2013

"Dolore" Feltrinelli, 2016



RESOCONTO DELL'INCONTRO

Ci siamo finalmente ritrovati di persona sotto i frondosi rami del ginkgo biloba che troneggia in cima alla scalinata di pietra di Piazza San Francesco e abbiamo sopportato pazientemente gli schiamazzi dei ragazzi che giocavano a palla e abbiamo espresso le nostre considerazioni sul romanzo " Quel che resta della vita" di Zeruya Shalev.

Non è stata una lettura semplice, anzi si tratta di un romznzo che smuove molti sentimenti.

Qualcuno si è fermato alla prima parte non riuscendo a valicare quel miscuglio di emozioni contrastanti che caratterizzano i presonaggi, sembrava solo un'accozzaglia di desiderio di possesso e prevaricazione all'interno di una grande famiglia, ma tutto senza amore.

Solo chi ha porseguito la lettura vincendo il periodare lungo e faticoso ha visto la trasformazione e ha apprezzato la sensibilità e la profondità di quetsa scrittrice e poetesa israeliana.

Qualcuno ha addirittura pensato che la prima parte fosse ansiogena ed ossessiva e che la scrittrice avesse bisogno di una terapia. Anche la scrittura incalzante trasemtte un senso di ossessione e di angoscia profondi.

L'intreccio è complicato e fatto di continui flash back e sbalzi spazio temporali.

L'autrice ci propone uno studio minuzioso dei personaggi che ci fa percepire la drammaticità della vita.

Ma è anche un libro che parla di amore e di speranza infatti nel prosieguo avviene una specie di cambiamento e riscatto dei presonaggi.

Avner ottiene il sotegno del figlio che lo approva e lo vuole accompagnare in tribunale precependo che ciò per cui lotta è giusto.

Dina riesce a trascinare suo marito nel perseguimento del suo grande desiderio.

Quando muoiono i genitori i figli normalmente si sentono in prima fila senza quella protezione che li ha accompagnati per la loro esitenza. Anche qui i protagonisti sono di fronte alle loro esitenze e decidono cosa vogliono fare ed entrambi in modo diverso danno una svolta significativa prendendo decisioni difficili e scomode.

Hemda muore con le pagine bianche del suo quaderno che avrebbe voluto scrivere ma in quel che resta della sua vita fa sì che i fratelli ritrovino la confidenza che avevano da ragazzi e che negli anni si era persa e riavvicina la figlia alla nipote.

Qualcuno suggerisce un titolo alternativo. " Le ferite dei non amati".

Anche la figua di Rachele ha un certo rilievo e dimostra la forza che sprogiona chi non si arrende di fronte alle vicissitudini della vita. Si rivela disponibile al cambiamento e col suo carattere pensa di modificare il suo destino.

Qualcuno si è informato... e ci riferisce che in israeliano il periodare è diverso da quello latino: non esistono la principale e le subordinate, la punteggiatura è diversa. Inoltre i termini sono estremaente pregni di significato.

Oltre alla storia dei personaggi un ruolo importante lo ricopre la società che fa capolino nella descrizione della vita del kibbuz e  della città di Gerusalemme caotica dove anche il suono di un'ambulanza fa capire se si tratta di una questione privata oppure che riguarda tutti.

Anche la natura è simbolica, il lago che viene svuotato non è solo un lago, simboleggia anche il luogo dell'anima. Qualcuno ci riferisce che durante il capodanno ebraico Rosh Ha-Shanah le persone simobolicamente immaginano di riversare nelle acque del lago tutte le loro mancanze, i loro errori e così si allegeriscono dei fardelli accumulati durante l'anno e si preparano ad affronatre quello che inizierà liberi e purificati.

 


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