INCONTRI VIRTUALI

INCONTRO 22 - CASINO TOTALE di Jean Calude Izzo

Il 22 Luglio abbiamo parlato di "Casino Totale"di Jean Claude Izzo.

Ecco il video: 



"Sorrise. Per un attimo, il sonno sembrò sparire dal viso. Aveva scacciato il sogno. Lo guardò con occhi malinconici: sembrava stanco e preoccupato, le solite paure.

Gli piaceva che Lole fosse avara di parole, di spiegazioni. Il silenzio rimetteva in ordine la loro vita. Una volta per tutte." p12

"Avevo sedotto parecchie donne. Non ero riuscito a tenerne neppure una. Ogni volta rivivevo la stessa storia. Quel che a loro piaceva in me, si mettevano a cercare di cambiarlo. Quando riemersi dal metro’ era già notte. Ero esausto. Troppo svuotato per tornare a casa. Avevo bisogno di andare un po’ in giro. Di vedere gente. Di sentire palpitare qualcosa che somigliasse alla vita. Era dopo l’amore che in me crollava tutto. Che non davo più. Che non sapevo più ricevere. Dopo l’amore passavo dall’altro lato della frontiera, di nuovo. In quel territorio dove ho le mie regole le mie leggi, i miei codici. Idee fisse da stronzo. Dove mi perdo. Dove perdevo le donne che ci si avventuravano."


NOTE BIOGRAFICHE

Izzo, Jean-Claude

Scrittore e giornalista francese (Marsiglia 1945 - Parigi 2000).

Attivo in politica sin dalla giovinezza, sul finire degli anni Sessanta è stato un noto esponente della sinistra marsigliese.

In seguito, la popolarità di Izzo è dipesa dai suoi meriti intellettuali: caporedattore di La Marseillaise e Viva, negli anni ha ottenuto riconoscimenti crescenti come poeta e autore di romanzi (e come sceneggiatore cinematografico, anche se in misura minore).

Si ricorda in particolare la cosiddetta trilogia marsigliese, composta dai noir Casino totale - 1995, Chourmo - 1996 e Solea - 1998.

L’ultimo suo romanzo pubblicato è  Il sole dei morenti - 1999



RESOCONTO

Anche se siamo alle soglie della vacanze estive i lettori del gruppo hanno partecipato alla discussione sul romanzo noir di Jean Claude Izzo con entusiasmo e un'attenta partecipazione.

La trama è tortuosa, labirintica mentre l'atmosfera e le descrizioni della città sono descritte molto bene.

L'intreccio è molto complicato unisce tante realtà e la lotta intestina che riguarda i vari clan malavitosi che si spartiscono le zone della città, è compliicato e probabilmente verrà ripreso e dipanato negli altri due romanzi che compongono la trilogia.

Marsiglia come tutte le città di porto hanno connaturato in sè un po di malavita come già era evidente nella novella di Boccaccio Andreuccio da Perugia nella quale l'ingenuo mercante si misura con la malavita di una città del sud forse Napoli.

L'autore nel parlare della sua città afferma che vivere a Marsiglia vuol dire sempre camminare su una corda tesa col rischio sempre di cadere.

I quartieri e i locali sono descritti minuziosamente e tutto sembra accompagnato da una colonna sonora e dagli odori delle spezie.

La trama, i tre amici, accomunati da un rapporto sentimentale con una donna non è particolarmente originale ma il modo in cui l'autore racconta e descrive fa immergere completamente in quell'atmosfera.

Izzo descrive il mondo e i quartieri degli immigrati che popolano la periferia della città. La mescolamza rende la facilità di comunicare e i cittadini intessono relazioni sociali sempre nuove.

Scrittura per qualcuno è nervosa e composta da frasi brevi e ad effetto mentre qualcuno la definisce sobria.

La scrittura del noir obbliga sempre all'attenzione e se si perde qualcosa non si capisce bene la trama.

Qualcuno preferisce la scrittura più riflessiva.

La città è scostituita da una mescolanza di etnie e questa atmosfera si respira durante tutto il racconto.

E' molto forte l'amicizia trai protagonisti che rimangono legati pur avendo scelto vite molto diverse. Da giovani si frequentano e il loro punto di ritrovo è una libreria dove passano i pomeriggi a leggere e commentare le loro letture.

Il protagonista è molto affascinante e le donne hanno un posto importante nella sua vita dimostra di rispettarle e proteggerle.

Fabio dimostra una cura e un'attenzione degli aspetti femminile che caretterizzano le figure femminili con cui si relaziona.

Il protagonista e' un poliziotto illuminato che va al di là del pregiudizio, apprezza sempre l'aseptto umano di coloro in cui si imbatte senza giudicare la loro posizione sociale.

L'autore non  descrive il suo protagonista, sappiamo che è affascinante dai commenti degli altri protagonisti che si relazionano con lui.

INCONTRO 21 - TRE PIANI di Eshkol Nevo

Il 24 Giugno 2020 abbiamo parlato del romanzo "Tre piani" di Eshkol Nevo.

ecco il video:



Tre vite, tre confessioni, tre voci intime, un'allegoria per rappresentare i tre piani freudiani dell'anima. Una palazzina di tre piani, nei pressi di Tel Aviv.

Al primo piano c'è Arnon, padre furioso e convinto che la sua bambina sia stata oggetto di molestie da parte di un vicino affetto da Alzheimer, ne parla al suo vecchio amico scrittore.

Al secondo piano troviamo Hani con i suoi barbagianni che le parlano dall'albero e lo spettro della follia che non le dà tregua, scrive una lunga lettera alla sua più grande amica di sempre.

Al terzo piano vive Dvora, vedova e giudice in pensione, alla ricerca della sua strada e del modo per poter espiare le proprie colpe, dialoga con suo marito morto attraverso una vecchia segreteria telefonica.

Tre vite, tre confessioni, tre voci intime, un'allegoria per rappresentare i tre piani freudiani dell'anima.

Arnon con i suoi istinti e le sue pulsioni abita il piano dell'Es, del principio del piacere.

Hani con il suo essere sempre in bilico tra sogno e verità è l'inquilina perfetta del piano dell'Io, che coniuga desideri e principio di realtà.

Dvora, con il suo essere donna ligia e irreprensibile, abita il piano di Sua Altezza il Super-Io, il censore che richiama all'ordine.

"I tre piani dell'anima non esistono dentro di noi. Esistono nello spazio tra noi e l'altro, nella distanza tra la nostra bocca e l'orecchio di chi ascolta la nostra storia. E se non c'è nessuno ad ascoltare, allora non c'è nemmeno la storia".


«Ognuna delle tre storie finisce a modo suo, come succede nella realtà. Anzi, nessuna finisce davvero. "Tre piani" si svolge così, lasciando che i protagonisti si confessino a muti interlocutori affidando i propri segreti a qualcuno - anzi a qualcosa - che mai li rivelerà. Se non fosse che ci sono uno scrittore e il suo lettore ad ascoltare dietro l'angolo della pagina.» - Elena Loewenthal, TTL, La Stampa

" Dopo venti anni con una donna si diventa una cosa sola. E se lei ti molla ti porta via con sè. Almeno qualche parte di te. Io e Ayelet siamo due gemelli siamesi. Sono anni che non prendo una decisione senza consultarla. Dico sempre: lasciatemi una notte per dormirci sopra. Ma in realtà aspetto che le bambine si addormentino. Le preparo un Nescafè con un pizzico di cacao come piace a lei e poi la metto a parte dei miei dilemmi. E lei sentenzia. Non sempre accetto la sua sentenza, ma mi aiuta comunque a riconoscere quale è il vero dubbio. A individuare l'essenziale avulso da quello che ci sta intorno." p. 68

"Non puoi sapere che genere di padre sarà l’uomo con cui avrai figli, ma ci sono i segnali premonitori. Come si comporta con i tuoi fratelli minori, ad esempio. Se ci gioca a nascondino prima di cena o se confonde i loro nomi. Oppure come reagisce quando un bambino piccolo entra nel suo raggio d’azione: durante la luna di miele, a Parigi, eravamo al ristorante e al tavolo accanto era seduta una famiglia con una bambina che piangeva senza sosta. Invece di incavolarsi e chiedere al cameriere di cambiarci posto, lui ha cominciato a imitare tutte le verdure, per farla ridere. “Dopo l’imitazione della zucchina, i suoi genitori erano definitivamente innamorati e ci hanno invitato a passare il fine settimana nella loro casa di vacanza a Nizza”. p.80

"Fra me e Hani non c'è un rapporto di tipo abbracciante - abbracciato. Non ci siamo mai scambiate nemmeno una stretta di mano. Perciò la mia prima reazione è stata di rimanere raggelata tra le sue braccia.Lo stupore mi ha immobilizzata. Ma lei non ha mollato nè si è tirata indietro, come ci si aspetterebbe da di sente il suo abbraccio non corrisposto. Ha solo aumentato la pressione delle mani, che teneva posate sulla mia schiena, affondandole sempre di più, dopodichè si è avvicinata, o mi ha attirato a sè, finchè non ci siamo trovate allacciate. Avvinghiate.Piano piano ho sentito il mio corpo sciogliersi nel suo. le spalle e il petto che cominciavano ad affondare nel suo abbraccio, e la mia resistenza si è vaporizzata." p.164


NOTE BIOGRAFICHE

Nevo, Eshkol. 

E' uno scrittore israeliano nato a Gerusalemme nel 1971.

Nipote di Levi Eshkol, terzo Primo Ministro di Israele.

Ha vissuto tra Israele e gli Stati Uniti prima di completare gli studi a Tel Aviv.

Dopo aver lavorato come pubblicitario, si è dedicato alla scrittura e all’insegnamento di scrittura creativa in diverse università israeliane.

In Italia sono stati editi:

- Nostalgia (2005, Book Publisher's Association's Golden Book Prize)

La simmetria dei desideri (2010)

Neuland (2012)



RESOCONTO


Qualcuno l'ha letto più di una volta, è un romanzo che si presenta su vari livelli, ci sono tre racconti, tre confessioni che simboleggiano i tre livelli dell'anima così come individuati da Freud ma anche tre storie differenti ambientate tutte nello stesso palazzo.

Qualcuno ricorda la simbologia richiamata: il primo piano è quello dell'ES, infatti, il protagonista è in preda agli istinti e la sua parte inconscia prende il sopravvento sulla razionalità.

Il secondo piano è quello dell' IO, la protagonista oscilla costantemente tra realtà e immaginazione cercando di mantenersi in equilibrio tra queste due situazioni.

Infine, il terzo piano rappresenta il SUPERIO, l'aspetto moralizante e infatti la protagonista è un giudice in pensione quasi come se la sua professione rafforzasse questo aspetto interpretativo simbolico.

In generale la lettura è piaciuta molto e nella discussione sono emersi molti commenti positivi.

Nel ripercorrerere le storie è stato posto l'accento sulla grande capacità descrittiva dell'autore e la sua capacità di sondare la psicologia umana.

Le storie rimangono aperte non hanno un finale.

La casa che è elemento che li caratterizza è il luogo dell'interiorità e degli affetti che poù donare all'individuo sostegno e armonia ma può altresì trasformarsi in una gabbia di sentimenti negativi.

Tra un racconto e l'altroc'è un rimando e quasi l'uno completa l'altro, infatti i vicini si intersecano anche solo per brevi momenti e le storie si intrecciano.

Qualcuno domanda come è possibile, nel terzo racconto, che Avner Ashdot si siano incontrati per casualità?

La risposta è aperta, lui aveva lavorato nei servizi segreti israeliani, però è anche vero che spesso la vita ci propone degli incontri provvidenziali e inaspettati.

E' anche il romanzo dell'amicizia, in tutte e tre le situazioni c'è un dialogo a cuore aperto con qualcuno, nel primo l'amico confidente è addirittura uno scrittore di fama ( forse questo aspetto è autobiografico?) e emerge l'importanta terapeutica e catartica del raccontarsi a qualcuno.

Nel secondo racconto addirittura l'amica di infanzia con le sue parole aiuta la protagonista a ritrovare se stessa in un momento di smarrimento.

Qualcuno che ha letto sempre di nevo "L'ultima intervista" aggiunge particolari interessanti che arricchiscono la discussione.

Davvero interessante l'io narrante delle tre storie. Sempre si rivela un'ansia di comunicare che parte da una profonda solitudine.

Nelle tre storie trovo che i personaggi femminili siano sempre in primo piano, anche nel primo racconto l'adolescente emerge come personalità anche se il narratore è un personaggio maschile.

Sullo sfondo troviamo anche cenni della realtà israeliana anche se le storie sono universali. In particolare qualcuno sottolinea l'aspetto politico è trattato con cura e vengono evidenziati alcuni passaggi significativi che esrtano le persone ad accuparsi in prima persona dei grandi temi socili come fa la protagonosta del terzo racconto.

I personaggi di questi racconti confermano  quanto sia difficile poter affermare di conoscere una persona perché l'immagine pubblica che diamo di noi è molto diversa da come siamo realmente.

Curioso l'escamotage che l'autore trova per permettere ai suoi personaggi di trovare a chi raccontare, una volta è il lettore, un'altra la segreteria telefonica di un morto e nel secondo racconto prima di decidere di scrivere una lettera ad un'amica lontana la protagonista cerca una sua ex psicologa ma scopre che è morta, cerca un confessore ma la chiesa che conosceva è stata distrutta per costruire un palazzo.

Ma questo non la fa desistere, il bisogno, la paura di impazzire sono molto più forti. Se qualcuno avesse ancora dei dubbi che scrivere, narrare è terapeutico credo che con questo libro se li possa togliere. Difficile fare una classifica fra queste tre storie.

Forse l'ultima, la più complessa alla fine vince. Anche perché termina con la liberazione della protagonista e il lieto fine, che poi non è un fine ma un nuovo inizio carico di speranza.

INCONTRO 20 - ARCHIVIO DEI BAMBINI PERDUTI di Valeria Luiselli

Il 20 Maggio abbiamo parlato di Archivio dei bambini perduti di Valeria Luiselli,

Qui il video


NOTE BIOGRAFICHE


Valeria Luiselli è nata a Città del Messico nel 1983 ed è cresciuta in Sudafrica. Scrittrice e saggista, collabora abitualmente con numerose riviste e giornali tra cui The New York Times, Granta e McSweeney’s.

Vive a Brooklyn con il marito, lo scrittore Álvaro Enrigue. Di origini italiane, ha vissuto negli Stati Uniti, in Costa Rica, nella Corea del Sud e in Sudafrica prima di far ritorno in Messico dove si è laureata in filosofia alla National Autonomous University.

In seguito si è trasferita a New York per studiare letterature comparate alla Columbia University.

Con La Nuova Frontiera ha pubblicato i seguenti romanzi:

- Volti nella folla 

- La storia dei miei denti

- Archivio dei bambini perduti

e i saggi:

- Carte false

- Dimmi come va a finire


Riconoscimenti:


International IMPAC Dublin Literary Award: 2017 finalista con La storia dei miei denti

American Book Awards: 2018 vincitrice con Dimmi come va a finire

Premio Fernanda Pivano: 2020 vincitrice con Archivio dei bambini perduti



I suoi libri sono stati tradotti in numerose lingue.

Nel 2017 il suo nome è stato inserito nella lista “Bogotà39” che segnala i trentanove migliori autori latinoamericani con meno di quarant’anni.

RESOCONTO

Romanzo complesso e faticoso, racchiude in sé molte storie, quella della famiglia dei protagonisti, gli indiani di america, i bambini del sud protagonisti del border Crisis.

Si ha spesso una sensazione di incertezza dove è labile il confine tra realtà e irrealtà, in certi momendi si parla di un mondo che tende a svanire.

Per dare consistenza a questo mondo l’autrice si serve dell’espediente dell’archivio.

Ognuno dei protagonisti porta con sé nel viaggio delle scatole che rappresentano il loro bagaglio di vissuto.

Inoltre, i personaggi non sono nominati fino alla fine del racconto, qualcuno suggerisce che per questo la scrittrice voglia richiamare degli archetipi.

A qualcuno il viaggio nel centro dell’America, le stazioni ferroviarie narrate nell’elegia ha ricordato l’ambientazione del romanzo La ferrovia sotterranea che abbiamo letto a Luglio.

Qualcuno è stato colpito dai numerosi riferimenti bibliografici a cui l’autrice fa riferimento durante tutto lo svolgimento del romanzo.

Il messaggio che arriva al lettore è quello della migrazione che ha avuto movimenti opposti e contrari: mentre i conquistatori hanno relegato gli indigeni nelle riserve, con violenza e servendosi anche di un linguaggio volutamente edulcorato, i bambini che oggi migrano attraversando la frontiera spesso hanno un destino segnato.

Migrare genera un senso di sradicamento che fa mettere in discussione la propria identità.

il romanzo sembra un metatesto che racchiude in sé saggio e romanzo e le suggestioni sono molteplici.

L’autrice si serve di suoni odori e intreccia nella trama vari livelli e storie diverse, rendendo la struttura davvero particolare. Il tema dei piccoli che attraversano la frontiera viene trattato in modo laterale, con delicatezza, fuori dal sensazionalismo e privo di echi sentimentali ed emotivi.


INCONTRO 19 - NON LASCIARMI di Kazuo Ishiguro

Il 22 Aprile abbiamo parlato di Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro.

Qui il video dell'incontro sul romanzo Non Lasciarmi di Kazuo Ishiguru




" Così rimani in attesa, anche se non sai esattamente di cosa, in attesa del momento in cui comprenderai che sei davvero diversa da loro; che là fuori ci sono persone come Madame, che non ti odiano o ti augurano alcun male, ma che tuttavia rabbrividiscono al solo pensiero di una come te - di come sei venuta al mondo e perchè - e che sono terrorizzate all'idea che la tua mano sfiori la loro.

La prima volta che cogli l'immagine di te attraverso gli occhi di una persona simile, è una sensazione tremenda.

E' come passare davanti a uno specchio davanti al quale sei passata ogni giorno della tua vita, e che all'improvviso riflette qualcos'altro, qualcosa di strano e inquietante."p. 42

"Tutto ciò potrà anche sembrare sciocco, ma dovete ricordare che per noi, in quel periodo della nostra vita, qualunque luogo al di là dei confini di Hailsham era un paese fantastico, possedevamo solo nozioni molto vaghe del mondo di fuori, e di ciò che fosse o non fosse possibile in quel mondo."p.72

‘Dovete accettare il fatto che qualche volta è così che vanno le cose in questo mondo. Le opinioni della gente, i loro sentimenti, spirano in una direzione, poi in un’altra. E’ capitato semplicemente che voi siate cresciuti in un particolare momento di questo processo.’p.270



NOTE BIOGRAFICHE

Ishiguro Kazuo. -

Scrittore giapponese naturalizzato britannico nato a Nagasaki nel 1954.

Ha frequentato le scuole in Inghilterra, dove la famiglia si trasferì nel 1960, ma è stato educato secondo le tradizioni giapponesi.

Nel Regno Unito dal 1960, ha frequentato le scuole britanniche e si è laureato in filosofia e letteratura alla University of Kent nel 1978; ha poi seguito corsi di scrittura creativa, avendo tra gli insegnanti M. Bradbury e A. Carter.

Perfettamente integrato nella cultura britannica, privilegia una forma di scrittura non lontana dal tradizionale realismo occidentale.

Alle sue origini orientali sono forse da ascrivere la meticolosità descrittiva e l'estrema chiarezza formale, così come gli accenni a una realtà sinistra e crudele, presenti soprattutto nei primi romanzi Il suo tema dominante è la rievocazione di un passato individuale e nazionale, situato negli anni del secondo dopoguerra, in un mondo dove è in atto un totale mutamento di costumi, accompagnato dalla perdita dei valori tradizionali.

Ha vinto il Booker Prize nel 1989 con il romanzo Quel che resta del giorno, che gli ha dato fama internazionale, e il Premio Alex nel 2005 con Non lasciarmi.

Nel 2017 gli è stato conferito il premio Nobel per la letteratura "perché, nei suoi romanzi di grande forza emotiva, ha svelato l’abisso sottostante il nostro illusorio senso di connessione con il mondo".

Non lasciarmi, splendida distopia uscita nel 2005, dalla quale è stata tratta una fedele e delicata pellicola nel 2010 per la regia di Mark Romanek, sia un libro di fantascienza. Lo è nel senso individuato da Tzvetan Todorov nel noto saggio del 1970, La letteratura fantastica, quando parlava di «funzione sociale e funzione letteraria che si identificano nella trasgressione di una legge», e in questo caso della legge fondamentale del rispetto della vita umana, la cui trasgressione genera un effetto ancor più disturbante nel lettore perché, nel mondo parallelo creato da Ishiguro, non solo gli astanti, ma le vittime stesse non provano alcun moto di ribellione ma anzi sono completamente rassegnate alla loro stessa fine.

E la maestria di Ishiguro sta nel farci indignare per questa allucinata realtà soltanto per renderci conto che tale rassegnazione sussiste, seppur in forme più occulte, anche nel mondo in cui viviamo.

BIBLIOGRAFIA

• Un pallido orizzonte di colline, 1982

• Un artista del mondo fluttuante, 1986

• Quel che resta del giorno, 1989

• Gli inconsolabili, 1995

• Quando eravamo orfani, 2000

• Non lasciarmi, 2005

• Il gigante sepolto, 2015



RESOCONTO

L'incontro è stato molto partecipato.

Qualcuno l'ha letto per la terza volta, riconosce che il tema trattato sia molto triste ma ora l'ha davvero goduto perchè ha capito che è pieno di cose non dette.

Ha apprezzato il modo in cui Kathy ci fa entrare nel suo mondo e noi lettori attraverso di lei viviamo le cose.

Il tipo di comunicazione che ha imparato nel college è l'unica che sa usare e questo denota una grande abilità da parte dell'autore.

I loro lavori che vengono messi nella Galleria servono per dimostrare che anche loro provano emozioni.

nel romanzo non ci sono descrizioni fisiche ma sono preponderanti le descrizioni delle loro emozioni, loro che dovevano esserne privi sono praticamente carattarizzati da queste.

 Ha fatto riflettere sul tema della diversità: la diversità fa paura. 

Madame e gli altri insegnanti sono spaventati dalla loro diversità.

Il titolo in inglese è Never let me go cioè non lasciarmi andare.

La scena cruciale è quella di Kathy che viene sorpresa da Madame mentre balla stringendo il cuscino e piange.

Qualcuno definisce il romanzo con tre aggettivi:

- distopico

-disturbante

- disagio

e poi anche sconvolgente.

Sembra un romanzo di formazione per adolescenti, poi però l'autore senza esplicitarlo ti fa vedere qualcosa di diverso da ciò che uno si aspetta.

C'è disagio se si fa un parallelismo con la nostra vita anche essa ci riserverà sofferenze e dovremo morire. La loro rassegnazione è ancje un po la nostra nei confronti del destino che ci aspetta.

L' autore gioca molto sul non detto anche nel romanzo Quel che resta del giorno l'amore del maggiordomo prende corpo prevalentemente su ciò che non viene esplicitato.

La lettura trasmette tristezza, e stupisce anche il modo in cui aspettino passivamente il loro destino senza nessuna ribellione.

Chi li ha ideati li vuole disumanizzati li vuole senza emozioni.

Solo Madame cerca di renderli umani.

Qualcuno fa una riflessione sullo sfruttamento e uccisione degli animali, spesso gli si nega il fatto di provare emozioni proprio per giustificare il trattamento riservato loro.

Insomma neghiamo che siano capaci di sentimenti per giustificare ilfatto che li mangiamo e li sfruttiamo.

Nel romanzo i ragazzi diventano stanchi, sfiduciati, malandati.

E' una lettura che non lascia indifferenti.

Emerge l'egoismo della società che conosce l'esistenza di questi ragazzi ma li confina lontano dalla vita reale.


INCONTRO 18 - BABILONIA di Yasmina Reza

Il 18 marzo abbiamo parlato di "Babilonia" di Yasmina Reza.

Qui il video del GDLV su Babilonia




"Durante i suoi ultimi mesi di vita, quando andavamo a trovarla, era animata da un'inspiegabile vitalità. Collo in avanti, tratti tesi, attenta a ogni minimo movimento, non voleva perdere nemmeno una parola di quel che si diceva davanti a lei, e questo nonostante la sordità. Lei che era una specialista dell'indifferenza, che di qualunque cosa vedeva il lato negativo, al momento di gettare la spugna, si mostrava divorata dalla curiosità." p.47

"Il suo viso si è illuminato, ha parlato di una gioia che gli era arrivata dal cielo e gli è spuntato sulle labbra il nome di Remi. Forse ognuno si inventa la propria gioia. Forse non c'è niente di reale ne gioia ne dolore. Jean Lino chiamava gioia la sorpresa insperata di una presenza infantile al suo fianco. Chiamava gioia la sorpresa insperata di doversi occupare di un altro essere, prendendosene cura. Cosi era fatto Jean Lino. L'infernale Remi era la gioia caduta dal cielo." p. 50

"Certi giorni, quando mi sveglio, la mia era mi prende alla gola. La nostra giovinezza è morta. Non saremo mai più giovani. È questo mai più che è vertiginoso." p. 90

"Nemmeno la virtù è seria. Stamattina, prima di andare al Pasteur, ho chiamato la casa di riposo della zia per sentire come stava. Alla fine della conversazione mi dico, sei veramente una persona attenta, ti preoccupi per gli altri. Passano due secondi e penso, che squallore questo autocompiacimento per un'azione così elementare. e subito dopo brava, ti tieni d'occhio complimenti. C'è sempre un grande adulatore che ha l'ultima parola. Quand'era piccolo Denner usciva dal confessionale e si fermava sul sagrtao di Saint-Joseph des Epinettes, inspirava l'aria a pieni polmoni e si diceva, adesso sono un santo. E subito dopo, scendendo i gradini, ho peccato di orgoglio. Per un verso o per l'altro la virtù non regge. Può esistere solo a nostra insaputa." p.103





NOTE BIOGRAFICHE

Yasmina Reza è una commediografa e scrittrice francese, nasce a Parigi il 1 maggio del 1959, figlia di un ingegnere iraniano e di una violinista ungherese originaria di Budapest, ambedue di origine ebraica.

Comincia la sua carriera teatrale come attrice, partecipando a rappresentazioni di opere contemporanee e di classici di Molière e Marivaux. 

La prima pièce da lei scritta, Conversations après un enterrement, rappresentata per la prima volta nel 1987, la vale il Premio Molière come miglior autore, mentre l'opera seconda, La traversée de l'hiver, vince il Molière come miglior spettacolo regionale.

Il successo internazionale arriva con l'opera successiva, Art (1994), tradotta e rappresentata in oltre trenta lingue, per cui la Reza viene nuovamente premiata con il Molière per il miglior autore.

La produzione britannica, rappresentata al West End, riceve nel 1997 il Premio Laurence Olivier e l'Evening Standard Award come miglior commedia, mentre la produzione americana, rappresentata a Broadway, riceve nel 1998 il Tony Award per il miglior spettacolo. L'opera ha avuto anche diversi adattamenti televisivi.

Le Dieu du Carnage è un'altra  commedia di successo allestita e pubblicata anche in Italia col titolo Il Dio della carneficina.

La commedia narra dell'incontro di due famiglie, riunitesi per discutere, con la dovuta buona creanza ed educazione, sul fatto che il figlio di una delle due abbia picchiato con un bastone quello dell'altra coppia.

Tuttavia, man mano che il tempo passa, la discussione degenera e le buone maniere vengono presto dimenticate da entrambe le famiglie. Lo spettacolo è stato scritto originariamente in lingua francese ed è stato acclamato sia dal pubblico che dalla critica francese; ugualmente applaudite sono state anche le versioni tradotte in lingua inglese approdate a Londra e New York.

Nel 2011 il regista Roman Polanski ha tratto l’omonima pellicola, nelle quali ha coniugato con felicissimi esiti profondità di scavo psicologico e capacità di sguardo critico sulle difficoltà delle relazioni umane.

Nel 1997 pubblica il suo primo romanzo, Hammerklavier. Nel 1999 fa parte della giuria ufficiale del 52º Festival di Cannes.

Nel 2007 ha seguito la campagna elettorale presidenziale di Nicolas Sarkozy, pubblicando L'alba, la sera o la notte.

Bibliografia:

- Hammerklavier 1997

Una desolazione 1999

Uomini incapaci di farsi amare 2003

Nulle part 2005

 -Dans la luge d'Arthur Schopenhauer 2005

L'alba, la sera o la notte 2007

- Felici i felici 2013

- Babilonia 2016

- Anne-Marie la beltà 2020




RESOCONTO

Babilonia è un romanzo originale, l'autrice in una recente intervista ha dichiarato che quando scrive un romanzo parte da una scena che non è necessariamente la prima e su questa idea costruisce il racconto.

Babiblonia sembra una piece teatrale, mantiene infatti l'unità di spazio e di tempo, tutto si svolge all'interno di un palazzo nella periferia di Parigi.

Il fotografo Frank Robert è stato una fonte di ispirazione, in più parti vengono descritte le sue fotografie tratte dal suo libro fotografico Americans e anche la stassa Reza dimostra un particolare modo di descrivere come se fosse una fotografia. 

L'inizio disorienta c'è tanta confusione e non si riescono ad inquadrare i personaggi, l'autrice si sposta agilmente tra presente e passato. E' un libro circolare occorre leggerlo due volte, alla seconda lettura si comprende bene la parte iniziale.

Qualcuno l'ha trovato grottesco e caricaturale, a tratti respingente, i personaggi sono tutti mediocri.

Il marito se ne torna tranquillamente a dormire dopo l'accaduto e la moglie si presta a fare cose assurede per aiutare il vicino.

Bisogna entrare nella visuale della scrittrice che analizza gli avvenimenti occorsi alla protagonista come se fosse una spettatrice. Non vuole che il lettore si identifichi nei personaggi, ma solo mostrarci cosa può accadere.

Libro pieno di tante cose, l'omicidio è il pretesto per scavare nella psicologia dei personaggi e fare un'indagine nei rapporti umani, come aveva già fatto nel Dio del massacro.

Descrive bene il rapporto di coppia che quando si sfilaccia accoglie indifferenza o cattiveria pura.

Tra la proptagonista e il vicino c'è amicizia sincera, lo appoggia fino in fondo e quando lo portano via lo guarda con affetto.

Il mondo che descrive è quello di una borghesia radical chic, e il termine grottesco è la parola chiave del romanzo e inizia quando il vicino suona il campanello dopo la festa.

Elisabeth non è in grado di aiutarlo e il grottesco prende piede

Il mondo reale non è mai ordinato, è un caos e l'autrice non cerca di metterlo a posto.

Babilonia il titolo indica anche per metafora una situazione caotica, potrebbe diventare la sceneggiatura di una commedia francese.

Qualcuno ha anche sperato che i due vicini riuscissero nel loro goffo intento di risolvere le cose, perchè l'omocidio non suscita pietà ma complicità.

INCONTRO 17 - LA RAGAZZA DEL KYUSHU di Seicho Matsumoto

Il 25 Febbraio abbiamo parlato del romanzo giallo La ragazza del Kyūshū di Seichō Matsumoto.
 
QUI IL VIDEO


 

"Qualche tempo dopo , Otsuka notò che nelle carte del processo c'era qualcosa che non tornava. Un'imperfezione, in quell'apparente solidissimo oggetto tridimensionale.

La scoperta era dovuta alla sua esperienza ma anche all'alta considerazione che aveva di sè. se si era messo a studiare quel verdetto, non era solo eprchè si sentiva minacciato dalla voce di Kiriko. senza esserne del tutto consapevole, era affascinato dall'idea che solo lui avrebbe potuto individuarvi un punto debole.

Agli inizi della sua carriera era stato un osso duro, sia per la polizia che per la corte.

Le esperienze accumulate quando era un giovane avvocato avevano forgiato il suo orgoglio, e i ripetuti successi lo avevano fattoarrivare nella posizione di cui oggi andava fiero."p.78,79

"Otsuka però non trovava  alcun appiglio. Aveva letto i verbali fino alla nausea, considerato ogni possibile linea di difesa, ma era tutto inutile.Gli mancavano le forze per continuare a combattere. Se ne stava lì seduto con aria assente in quello studio ormai in declino. I raggi del sole, filtrando attraverso la finestra battevano sulle sue spalle curve. così. abbandonato sulla sua poltrona, immobile, sembrava che stesse prendendo il sole". p. 190



NOTE BIOGRAFICHE

Seichō Matsumoto ( Kitakyūshū, 21 dicembre 1909 – Tokyo, 4 agosto 1992)

E' stato un giornalista e scrittore giapponese.

Abbandona gli studi ancora giovanissimo e lavora per diversi anni in una tipografia.

Nel 1942 lavora per la rivista Journal Asahi, dove riesce anche a pubblicare alcuni racconti storici.

Nel 1953 vince il premio Akutagawa (premio in onore dello scrittore e poeta Ryūnosuke Akutagawa) per una cronaca storica: questo successo gli permette, nell'arco di pochi anni, di dedicarsi a tempo pieno all'attività di scrittore.

Dal 1955, infatti, inizia a pubblicare racconti gialli di stampo prettamente realistico, in netto contrasto con l'allora vigente letteratura gialla giapponese, impregnata di elementi spesso fantastici.

Nel 1957 vince il premio del Club degli scrittori polizieschi per una sua antologia. Lo stesso anno la rivista Tabi pubblica a puntate il romanzo Ten to sen, che riscuote grande successo di pubblico e viene tradotto in molti paesi esteri.

Le tematiche dei suoi gialli affondano spesso le radici nei problemi sociali giapponesi, con una predilezione per l'indagine strettamente logica ed intuitiva.

Spesso Matsumoto è stato definito il Simenon giapponese.

La sua produzione vanta più di 300 romanzi, oltre a molti racconti, che hanno riscosso successo in tutto il mondo. In Italia sono usciti tre dei suoi romanzi nella collana Il giallo Mondadori.

Nel 2018 la casa editrice Adelphi ha pubblicato una nuova traduzione di Ten to sen con il titolo Tokyo Express e nel 2019 l'inedito Kiri no hata con il titolo La ragazza del Kyūshū.


RESOCONTO

La discussione è stata ricca di spunti interessanti e il romanzo è stato analizzato da vari punti di vista.

L’autore scrive in modo molto scorrevole e chiaro e preciso. Ma qualcuno ammette di non essere riuscito ad immergersi nella cultura giapponese.

Tutto il racconto è contraddistinto da grigiore c’è un’atmosfera fredda e grigia.

Non si riesce a capire cosa pensa la protagonista ma solo come agisce. La sua è una vendetta studiata alla perfezione.

In parte giustizia è fatta ma comunque è un innocente a farne le spese.

Per qualcuno non si tratta di vendetta premeditata la ragazza vuole vedovasti dell’avvocato che rifiuta di difendere il fratello ma non c’è pianificazione rutto accade.

E’ un giallo che descrive bene anche la società giapponese come è organizzata e le sue contraddizioni.

Qualcuno descrive la protagonista come un kamikaze che per vendicarsi distrugge le vite di altri e anche se stessa.

Sacrifica se stessa come in una tragedia greca. Sembra che l’autore voglia denunciare l’iniquità del sistema penale che non permette alle persone indigenti di avere giustizia.

Sembra che anche il clima segua excursus della storia inizia in primavera e finisce nella stagione fredda con la pioggia.

La ragazza fa l’intrattenitrice dimostra di possedere un atteggiamento di apertura ma indirizza male la sua vendetta verso la quale dimostra di essere come ossessionata e non ascolta ragioni.

Eppure ci sono tante persone che le dimostrano affetto e di tenere a lei. Le coincidenze giocano un ruolo importante nel romanzo.

Per tradurre bene occorre conoscere bene anche la cultura nella quale il romanzo è immerso.

A qualcuno propio non è piaciuto troppe coincidenze non rendono la storia credibile. La scrittura non dimostra alcun guizzo creativo.

A qualcuno è piaciuto come è stato affrontato il tema della vendetta che è un tema che spesso ricorre nella cultura orientale.

Colpisce molto la ragazza all'inizio è molto diversa dall'avvocato quasi pura, poi freddezza e crudeltà la trasformano in una persona capace di una vendetta atroce tra l'altro rivolta verso le persone sbagliate.

Dal linguaggio usato emerge il modo di parlare e di fare dei giapponesi che spesso hanno l'atteggiamento dei buoni soldatini.

L'autore ha scelto di usare il giallo per parlare delle problematiche che caratterizzano la società giapponese.

Qualcuno più che vendetta ravvisa un castigo.

il personaggio principale è piaciuto per la sua determinazione e il suo fascino.

Il finale è amaro e trsite la mentalità è molto diversa dalla nostra occidentale.

La vendetta ha la capacità di accecare al punto che non ti accorgi nemmeno delle persone che hai intorno. Perchè si vendica dell'avvocato e non del vero assassino?

Il tema sociale che emrge tra le righe del romanzo è quello della giusrtizia che non tutela allo stesso modo i ricchi e i poveri.

INCONTRO 16 - PATRIA di Fernando Aramburu

Il 4 Febbraio abbiamo parlato del romanzo Patria di Fernando Aramburu.

Qui il video del GDLV su Patria




"Un'ora prima dell'inizio dell'evento, Xabier era ancora esitante: timori,dubbi e un abbozzo di ansia che cercò di combattere con una pastiglia. Uscì di casa senza sapere ancora in che direzione sarebbe andato. Il cielo già nero, le strade piene di veicoli, prese a camminare senza altro scopo che delegare ai propri pirdi la scelta del percorso". p. 536

" Miren nutriva un orgoglio privo di parole. Un orgoglio di assorbimento, dall'esterno verso l'interno, come una spugna che si impregna. e a parte uno sporadico allungamento del collo, non lasciava quasi intravedere la soddisfazione che provava." p.339

"Spuntò una giornata grigia. Joxian andò in bicicletta alla fonderia. Aveva rinunciato alla colazione e alvarsi a fondo, ma anche così sarebbe arrivato tardi. Arantxa ebbe il tempo di sistemare la stanza prima di andare al lavoro. Si lamentava: le avevano rovesciato una boccetta di profumo, regalo di Guillermo. Da uno dei cassetti del comò avevano stappato via la maniglia. Un aspetto peggiore presentava la stanza di Gorka.

Gesù, Giuseppe e Maria! Sua madre gli disse: su vai alla ikastola, che se ne occupava lei."

Pag.294




NOTE BIOGRAFICHE


Aramburu Irigoyen, Fernando.

E’ uno scrittore spagnolo, nasce a San Sebastián nel 1959.

Consegue la Laurea in Filologia ispanica presso la Universidad de Zaragoza nel 1982.

Negli anni Novanta si è trasferito in Germania per insegnare spagnolo.

E’ stato cofondatore nel 1978 del gruppo d’avanguardia artistica Cloc.

Dal 2009 ha abbandonato la docenza per dedicarsi alla scrittura e alle collaborazioni giornalistiche.

Ha pubblicato romanzi e raccolte di racconti, che sono stati tradotti in diverse lingue e hanno ottenuto numerosi riconoscimenti.

Comincia a dedicarsi alla scrittura spaziando nella sua vasta produzione dai romanzi e i racconti alle poesie, i saggi e i libri per ragazzi.

In Italia ha pubblicato Il trombettista dell’Utopia per La Nuova Frontiera nel 2005, I pesci dell'amarezza per La Nuova Frontiera nel 2007, Vita di un pidocchio chiamato Mattia per Salani nel 2008, Patria e Anni lenti per Guanda rispettivamente nel 2017 e nel 2018.

Con il romanzo Patria Fernando Aramburu ha raggiunto fama mondiale, pubblicato nel 2017 da Guanda, poderoso romanzo familiare che getta luce sul terrorismo basco per il quale l'anno successivo è stato insignito in Spagna del Premio de la Crítica e del Premio Nacional de narrativa.

Tra le sue opere successive occorre citare Autorretrato sin mí del 2018, in cui lo scrittore ripercorre in chiave poetica il corso della propria esistenza.

RESOCONTO

Viene definito un romanzo mosaico per via dei capitoli brevi e ognuno costituisce la tessera del mosaico.

Tutta la narrazione sembra svolgersi sotto la pioggia che fa da leitmotiv accompagnando lo svolgersi della storia.

La storia ha un dinamismo interno  procede e poi ritorna  a fatti passati, si dipana piano piano e poi si rivela.

Si apprezza la mancanza di un ordine temporale e lo stesso fatto vene esaminato da punti di vista diversi.

Le figure femminili sono più forti e determinate mentre quelle maschili sono più deboli e meno caratterialmente delineate.

Aranxa è colei che tesse la pace tra le due famiglie.

E' un romanzo che coinvolge, appassiona e commuove. la patria vista dal punto di vista dell'Eta è una patria che dimostra chiusura verso gli altri, ma la patria non deve dividere.

L'ETA agisce come la mafia e impone il pizzo per sostenere la causa e la lotta armata.

Il terrorista in carcere a un certo punto sperimenta l'amore fisico e si accorge di aver perso la sua vita per seguire l'ideale.

Bittori è una figura eroica, pur essendo vittima e minacciata e terrorizzata, rientra in paese pur sapendo del clima ostile e ci riesce perchè vuole un perdono che però presupponga la verità.

Infatti, solo attraverso la verità si può raggiungere il perdono e la pacificazione sociale.

In Italia, purtroppo, per troppe situazioni permane il mistero delle cose irrisolte.

Il fratello minore fa una scelta diversa, si rivolge alla letteratura e coltiva la sua lingua per rafforzare il senso di appartenenza alla sua patria, mentre il fratello che opta per i mezzi estremi di fatto fallisce. Il personaggio di Gorka è l'alterego di Aramburu.

Qusto libro ha la capacità di trasformare la questione politica in fatti concreti e attraverso i fatti concreti che riguardano due famiglie fa conoscere il problema politico.

Sono belli i piccoli racconti e i punti di vista dei diversi personaggi che sono vissuti dall'interno.

Dopo l'attenato sembra che sgomento e tristezza affliggano tutti i personaggi della storia, soprattutto Xavier sembra rinunciare ad essere felice per stare vicino alla madre. anche la pioggia incessante sembra sottolineare il grigiore delle vite rovinate.

Il terrorismo è il vero protagonista del romanzo che disgrega le relazioni sociali e familiari e fa ricordare anche il periodo che stiamo vivendo.

L' autore fa uno sforzo per aggiustare le ferite, nella realtà non sempre va così, ed è bello che usi parole della lingua basca, rappresentano il tratto che unisce questo popolo disgregato.

Bittori colloquia con il marito morto, c'è tanta tenerezza in questi suoi dialoghi solitari.

Questo romanzo tratta un problema universale che si frantuma in tante storie particolari per ritornare all'universalità del tema.

La lotta per un ideale infrange la linea di confine che viene oltrepassata quando si pensa di poter giudicare le vite degli altri e di poter decidere chi vive e chi muore.

Il separatismo è alla base del terrorismo, i militanti dell'Eta lottano per avere un singolo stato che riunisca parte della Spagna e della Francia che hanno le stesse tradizioni e parlano la stessa lingua.

Il romanzo è congegnato in maniera esemplare, l'autore parla di sè e  ad un certo punto, si svela nelle vesti dello scrittore che parla alle vittime del terrorismo.

Ha narrato senza odio il linguaggio dell'odio. la letteratura anche questa volta ci fa comprendere alcuni fenomeni e processi storici, l'autore smonta le idee romantiche che spesso accompagnno il terrorismo.

Bruno Arpaia ha tradotto in modo magistrale, impeccabile, si percepisce molta attenzione e una grande partecipazione alle vicende del racconto.

Qualcuno definisce il romanzo come un vulcano che continua a far sorgere interrogativi, uno riguarda il personaggio di Aranxa, come riesce a fare tutto in modo così trasparente e alla luce del sole come se non avesse paura di nessun risvolto della realtà?

Inoltre, il personaggio di Gorka dimostra che esiste un altro modo per dare il proprio contributo alla causa basca che esclude violenza e terrore.

Il marito di Miren rappresenta l'uomo mite che silenziosamente fa tutto ciò che si deve fare, mentre la moglie si lamenta e si sente lei vittima dello stato, vittima delle vittime. Il tema vittima\carnefice è solo sfiorato ma non risolto.

Durante la lettura si prova un lieve disorientamento, si fanno balzi in avanti e poi si torna indietro, poi però ci si abitua.

L'autoresi serve di una licenza letteraria, spesso utilizza due termini per connotare una situazione e uno rafforza l'altro e fa capire meglio la situazione. ( es. chiese\intimò ).

L'autore riesce a far conoscere l'aspetto umano che è sotteso dietro ai fatti di cronaca tramite i quali abbiamo conosciuto l'Eta.


INCONTRO 15 - LA CRIPTA DEI CAPPUCCINI di Joseph Roth

Il 17 Dicembre abbiamo parlato del romanzo "La cripta dei Cappuccini"di Joseph Roth.

Qui il video del GDLV su la Cripta dei Cappuccini



"Dinnanzi a me si stendeva l’immensa vita, un prato smaltato di fiori, appena limitato da un orizzonte molto molto lontano. Frequentavo l’allegra, anzi sfrenata compagnia di giovani aristocratici, l’ambiente che, dopo quello degli artisti, più mi era caro nel vecchio impero. Ne condividevo la scettica leggerezza, la malinconica presunzione, la colpevole ignavia, l’arrogante dissipazione, tutti i sintomi della rovina di cui ancora non intuivamo l’approssimarsi. Sopra i bicchieri dai quali spavaldamente bevevamo, la morte invisibile incrociava già le sue mani ossute." Pag19

"Fra di noi il conte Chojnicki era l'unico che si attenesse  ancora alle formalità religiose, ma anche lui non già per fede, bensì  per il sentimento che la nobiltà lo obbligasse a seguire i precetti della religione. Noialtri, che li trascuravamo ci considerava semianarchici.

" La  Chiesa Romana" usava dire "in questo marcio mondo è l'unica ormai in grado di dare, di conservare una forma. In quanto racchiude nella dogmatica, come in un palazzo di ghiaccio, l'elemento tradizionale delle cosiddette antiche usanze, procura e concede ai suoi figli tutt'intorno, fuori dal palazzo che ha un ampio e spazioso vestibolo, la libertà di coltivare l'indolenza, di perdonare l'illecito e anzi di commetterlo.

Mentre statuisce dei peccati già li perdona. Non ammette assolutamente uomini perfetti: questo è il suo contenuto eminenetemente umano. I suoi figli perfetti essa li santifica. Con questo ammette implicitamente l'imperfezione degli uomini.

Anzi ammette l'inclinazione al peccato nella misura in cui non considera più come umani quegli esseri che al peccato non sono soggetti: questi diventano beati o santi.

Con ciò la chiesa romana da testimonianza della sua fondamentale propensione al perdono e alla remissione. Non esiste più nobile propensione del perdono. Considerate che non ne esiste di più volgare della vendetta. Non c'è nobiltà senza generosità, come non c'è brama di vendetta senza volgarità."pag 41



NOTE BIOGRAFICHE

Joseph Roth (Brody, 2 settembre 1894 – Parigi, 27 maggio 1939).

E' stato uno scrittore e giornalista austriaco. Grande cantore della finis Austriae, della dissoluzione dell'Impero austro-ungarico che aveva riunito popoli di origini disparate, con lingue, religioni, tradizioni diverse.

Lui stesso era nato alla periferia dell'impero, nell'odierna Ucraina.

Nel Maggio 1913 Roth si trasferisce a Leopoli, dove si iscrive all'Università. Inizialmente alloggia presso lo zio materno Siegmund Grübel, ma presto si creano tensioni tra il sobrio commerciante e l'aspirante scrittore. Trova allora ospitalità e conforto in un'amicizia materna Helene von Szajnoda-Schenk, una signora quasi sessantenne, malaticcia ma intellettualmente vivace e molto colta.

Nel 1914 si trasferisce a Vienna per frequentare l’Università, studia Letteratura Tedesca.

La Prima guerra mondiale con il conseguente crollo dell'Impero austro-ungarico, rappresenta per Roth un’esperienza determinante.

Diversamente da molti altri, all'inizio assume una posizione pacifista e reagisce con una specie di rincrescimento spaventato.

Il 31 maggio 1916 Roth si arruola e il 28 agosto inizia l'addestramento come volontario per un anno.

Il 21 novembre quando muore l'imperatore Francesco Giuseppe Roth fa parte del cordone di soldati lungo il percorso del corteo funebre.

La morte dell'imperatore ottantaseienne gli appare come metafora centrale per il tramonto dell'impero asburgico e la perdita della patria temi a lui cari e trattati in alcune opere di Roth, come per esempio nei romanzi La marcia di Radetzky e La cripta dei cappuccini.

Fino alla fine della guerra, fu assegnato al servizio stampa nella zona di Leopoli, infatti, già nel corso del servizio militare Roth aveva cominciato a scrivere per vari giornali.

Nel maggio del 1925 si trasferisce a Parigi e dapprima si mostra entusiasta della città, poi verrà incaricato di fare una serie di grandi di reportage. Per questo visita l'Unione Sovietica nel 1926, l'Albania e la Jugoslavia nel maggio del1927, la Polonia nel maggio-luglio e l’Italia nel 1928.

Il 5 marzo 1922 Roth sposa a Vienna Friederike Reichler, conosciuta tre anni prima, donna attraente e intelligente, ma non un'intellettuale, non si adatta alla vita irrequieta e mondana al fianco di un giornalista di successo che viaggiava di frequente.

Inoltre, nel 1926 appaiono nella donna i primi segni di una malattia mentale, che nel 1928 diviene evidente. Inizialmente viene ricoverata in casa di cura, poi, con l'assistenza di un'infermiera, si stabilisce per un certo tempo da un amico di Roth. La malattia della moglie procura allo scrittore una profonda crisi. Non era preparato ad accettare la disgrazia, sperava in un miracolo, si incolpava della malattia. In questo periodo comincia a bere troppo (si ubriacava bevendo quantità smodate di Pernod) facendo crollare la sua situazione finanziaria.

La situazione della donna peggiora e la sua patologia degenera in una grave apatia, viene ricoverata e nel 1935 Roth chiede il divorzio, la moglie fu mandata a Linz, ma non c'è traccia del suo arrivo, pare che sia stata vittima del programma di eutanasia dei nazisti. L'atto di morte porta come data il 15 luglio 1940.

Il 30 gennaio 1933, il giorno in cui Hitler diviene cancelliere del Reich, Roth lascia la Germania, emigrò a Parigi, abbandonando i giornali e gli editori tedeschi, che gli fornivano i mezzi per vivere. Egli aveva sempre fuggito qualcosa e qualcuno; e da quel momento diventò definitivamente un viandante, un uomo senza patria né casa, abitante di hotel e di caffè, dove scriveva febbrilmente articoli e libri.

In una lettera a Stefan Zweig mostra una sorprendente chiarezza di vedute e un atteggiamento di assoluto e coraggioso rifiuto del nazismo.

Ecco cosa scrive all’amico: “Intanto le sarà chiaro che ci avviciniamo a grandi catastrofi. A parte quelle private - la nostra esistenza letteraria e materiale è annientata - tutto porta a una nuova guerra. Io non do più un soldo per la nostra vita. Si è riusciti a far governare la barbarie. Non si illuda. L'Inferno comanda. La Germania è morta. È stata solo un sogno, apra gli occhi, la prego!”

Il suo impegno contro l'ideologia nazionalista si spiega con il suo utopistico progetto che mirava al ritorno degli Asburgo a Vienna e anche con la sua critica al sionismo.

In un articolo apparso il 6 luglio del 1934 Roth definisce così la Germania: “Nessun corrispondente è in grado di descrivere un paese in cui, per la prima volta dalla creazione del mondo, sono in azione non soltanto anomalie fisiche, bensì anche metafisiche: mostruosi aborti infernali: storpi che corrono, [...] diavoli che si mordono la coda. È il settimo girone dell'inferno, la cui filiale sulla terra ha il titolo di Terzo Reich”.

I suoi libri furono dati alle fiamme. Negli ultimi anni la salute e la situazione economica di Roth peggiorano rapidamente.

Amava scrivere in pubblico: anzi poteva scrivere quasi soltanto in pubblico, immerso nelle voci e rumori dell'esistenza, che non doveva abbandonarlo nemmeno un momento.

Intanto, incontrava amici o conoscenti o sconosciuti: venivano, si sedevano accanto a lui e gli parlavano; e lui, per un attimo, posava la penna, apriva gli occhi meravigliati, e ascoltava senza perdere il filo del romanzo o del racconto.

Disse una volta a Soma Morgenstern: «Mi trovi sempre, ogni volta che vuoi. Non mi disturbi. Ho sempre tempo. Solo la gente priva di talento non ha mai tempo».

All'Hotel Foyot, si faceva dare del tu dal ragazzo alsaziano che gli portava da bere e che presentava a tutti come il suo bon ami. Non aveva perso il dono di osservare: sebbene le persone sedessero solo per pochi minuti accanto a lui, le giudicava con uno sguardo attentissimo e una battuta.

Nel 1937 è costretto a lasciare l'Hotel Foyot, di Parigi dove aveva vissuto per dieci anni, perché pericolante.

Il 23 maggio 1939 viene trasferito all'Ospedale Necker (l'ospizio dei poveri), dopo uno svenimento al "Café Tournon" (presumibilmente in seguito alla notizia del suicidio di Ernst Toller).

Muore il 27 maggio per una polmonite.

BIBLIOGRAFIA

1923 - La tela di ragno romanzo a puntate su Arbeiter-Zeitung, Vienna, poi in volume, postumo (1967) 

1924 - Hotel Savoy

1924 - La ribellione

1927 - Fuga senza fine

1928 - Zipper e suo padre

1929 - Destra e sinistra

1929 - Il profeta muto

1930 - Giobbe. Romanzo di un uomo semplice

1932 - La marcia di Radetzky

1934 - Tarabas, un ospite sulla terra

1934 - L'Anticristo

1934 - Il busto dell'imperatore

1936 - Confessioni di un assassino, raccontata in una notte

1937 - Il peso falso

1938 - La cripta dei cappuccini

1939 - La milleduesima notte

1939 - La leggenda del santo bevitore

1940 - Il Leviatano




RESOCONTO

Questo classico della Letteratura pur ambientato a cavallo tra le due guerre mondiali ha suscitato molto interesse e molti hanno dichiarato di averlo letto con piacere.

Qualcuno lo ritiene addirittura un capolavoro per il fatto che in poche pagine l'autore è riuscito a pennellare un quadro molto realistico della Mitteleuropa.

Racconta in modo magistrale il tramonto dell'Impero Asburgico. Trotta è un nobile quasi per caso, è un personaggio che quasi subisce gli eventi.

Ama avere amici tra il popolo e la decadenza dell'Impero coincida anche col declino della sua vita. Non sente un moto di ribellione, i giovani si dimostarno partecipi mentre lui preferisce rimanere ai margini.

Qualcuno ha apprezzato la descrizione degli aspetti psicologici dei personaggi femminili.

La mamma è austera e distante, però riesce a sorprendere per le attenzioni che riserva al figlio.

La moglie si rivela una figura potente, lascia il marito per guadagnere la sua autonomia, si rivela un personaggio all'avanguardia.

L'autore fa sentire i suoni e i profumi, la sua scrittura rivela una grande attenzione per i dettagli.

Ciascun personaggio inmpersonifica anche un simbolo: Trotta conservatore e decadente, Elisabeth trasgressiva e progressista. La madre sta a cavallo tra due mondi il passato e il futuro che deve ancora venire.

I personaggi sono descritti con precisione sia fisica che psicologica.

Tutto è pervaso da un'atmosfera di morte. " Le mani ossute della morte che aleggia tra noi".

Qualcuno fa notare il parallelismo con la situazione attuale, come la caduta dell'Impero ha portato grandi sconvolgimenti, anche oggi si stanno verificando grandi cambiamenti e niente sarà più come prima.

Questo romanzo rappresenta esattamente la capacità della letteratura di farci imparare la storia dilettandoci.

L'autore rivela una profondità di pensiero, la sua scrittura è densa di significato. Ricorda il modo di scrivere dei grandi autori russi.

E' un romanzo breve che senza narrare nulla della guerra riesce a raccontare l'onore e la morte in modo magistrale. Roth considera il nazismo alla stregua della morte. "Ognuno di noi invidiava i caduti, dalle loro ossa sarebbero spuntate le violette in primavera".

L'autore e il protagonista sono entrambi sopravvissuti a una guerra terribile.

Poi Roth sarà costretto ad emigrare a Parigi e i suoi libri verranno bruciati, ma non perderà mai la sua grande passione per la letteratura e l'umanità, infatti trascorrerà il resto della sua esistenza a scrivere nei bar di Parigi a contatto con le persone, quella umanità e sociovelozza che traspare anche da Trotta nel romanzo.

Alcune partecipanti ci raccontano di aver visitato la Cripta dei Cappuccini a Vienna, accanto alla tomba di Francesco Giuseppe si trova quella dell'Imperatrice Sissi e le persone ancora le portano fiori freschi.

Anche questa volta la discussione è stata ricca di spunti interessanti.

INCONTRO 14 - SCOMPARSA di Joyce Carol Oates

Il 26 novembre parleremo del romanzo Scomparsa di Joyce Carol Oates.

Qui il video del GDLV su Scomparsa




"Che spaesamento! Il padre, che si era sempre vantato della sua astuzia, della sua sagacia, che aveva sempre pensato di essere un po’ più accorto e informato degli altri, non riusciva a comprendere la situazione che gli si presentava come un mazzo di carte maneggiate da un bieco giocatore. La sua esistenza, la sua vita abitudinaria, complicata come il meccanismo di un costoso orologio, ma su cui esercitava un controllo infallibile, aveva subito un cambiamento improvviso. Non solo la sorpresa, lo shock della “scomparsa” della figlia, ma le circostanze della scomparsa." pag.17

"Ethel Kincaid guardò Zeno, gli indumenti sciatti, le guance coperte di una ispida barba grigia, gli occhi umidi a un tempo imploranti e minacciosi, l'aria sprezzante e allarmata. lei invece sembrava una donna malridotta che conosceva bene l'umore imprevedibile degli uomini e sapeva di doversi guardare dai loro improvvisi scatti di ira." pag.85





NOTE BIOGRAFICHE

Joyce Carol Oates. scrittrice e saggista statunitense, nata presso Lockport (New York) il 16 giugno 1938 da una famiglia operaia di origine inglese di tradizione cattolica.

E’ un’autrice eclettica che ha frequentato ogni genere letterario (romanzi, racconti, poesie, drammaturgie, saggi), è una delle intellettuali più prolifiche di tutta la letteratura americana.

Ha pubblicato più di cento opere: cinquantasette romanzi, quarantadue raccolte di racconti, una decina di drammi teatrali, sedici volumi di saggi, undici raccolte di poesie, nonché libri per bambini e alcune antologie di articoli apparsi su quotidiani e riviste nel corso degli anni. Alcuni dei suoi libri, per la maggior parte romanzi del mistero, sono pubblicati sotto lo pseudonimo di Rosamond Smith (otto volumi) e Lauren Kelly (tre volumi).

Ha contribuito alla compilazione di lemmi del Futuro dizionario d'America (The Future Dictionary of America, McSweeney's 2005).

È membro del consiglio di amministrazione della John Simon Guggenheim Memorial Foundation.

È cresciuta nella fattoria dei suoi genitori in una zona rurale dello stato di New York, a pochi chilometri dal lago Ontario.

La famiglia le ha impartito un'educazione cattolica, voluta soprattutto dalla madre Carolina, di origini ungheresi.

Quando Oates era ancora una bambina, viveva con loro la nonna materna Blanche Woodside, che fu per anni quasi una seconda madre per lei.

Solo molto tempo dopo la morte della nonna, la futura scrittrice scoprì che il padre di Blanche si era suicidato sparandosi un colpo di fucile in bocca e apprese che questo suicidio aveva a che fare con il background ebraico dell'uomo. Questa scoperta è stata rielaborata molti anni dopo con grande efficacia artistica in “La figlia dello straniero”.

Ha frequentato la Syracuse University, dove si è laureata nel 1960, e la University of Wisconsin, dove ha conosciuto Raymond Smith, che poi ha sposato.

Si è poi trasferita a Detroit e quindi in Ontario, Canada. Nel 1978 si è stabilita a Princeton, New Jersey, dove tuttora risiede.

Nel febbraio del 2008 è deceduto il marito, al rapporto con il quale ha dedicato “A Widow's Story: A Memoir”. Dal 1978 ha insegnato stabilmente all'Università di Princeton e dal 1995 vi teneva seminari di Scrittura Creativa con il titolo di Roger S. Berlind Professor in the Humanities.

Da Princeton si è ritirata nel 2014. Nel 2015 su Twitter suggerisce un paragone tra Charlie Hebdo e il Mein Kampf di Hitler in quanto portatori di un messaggio razzista.

BIBLIOGRAFIA

Riporto solo alcuni dei numerosi romanzi dell’autrice:

- Betsie, 2004

- Sorella, mio unico amore: la storia segreta di Skyler Rampike, 2009

- La figlia dello straniero, 2009

- Una brava ragazza, 2010

- Uccellino del Paradiso, 2011

- Acqua nera, 2012

- La donna del fango, 2013

- Ragazza nera, ragazza bianca, 2014

- Blonde, 2016

- L’età di mezzo, 2017

- Scomparsa, 2017

- Il collezionista di bambole, 2018


RESOCONTO

Molti partecipanti sono intervenuti per commentare il romanzo Scomparsa dell’autrice americana Joyce Carol Oates la discussione è stata molto ricca e interessante.

L’autrice ha sorpreso per la sua grande capacità di creare suspence, intrecciando alla narrazione alcuni approfondimenti su aspetti oscuri della società americana quali la guerra, la pena di morte e la vita di provincia.

La scrittrice è molto brava a descrivere la società della provincia riesce a fare un reportage dell’america profonda e sconosciuta.

Qualcuno ha sottolineato come la protagonista sia stata poco accettata dai suoi genitori che non hanno avuto la capacità di ascoltarla e comprenderla sorreggendola durante il periodo dell’adolescenza. Sono solo stati capaci di etichettarla come la figlia intelligente.

Emerge, tra le righe, anche una grande contraddizione che riguarda il patriottismo americano, sbandierato a livello politico, ma che in effetti coinvolge solamente i soldati che prevalentemente sono persone indigenti che si arruolano per mantenersi che generalmente provengono dagli strati più poveri della società.

I personaggi sono molto caratterizzati, non a tutti è è piaciuta la figura della mamma sembra troppo remissiva e il perdono che concede appare innaturale.

La figlia maggiore, è la classica brava ragazza, di bell'aspetto che  idealizza l’amore e dimostra di voler sposare ad ogni costo il fidanzato reduce.

Il padre è l’uomo di potere che al termine della carriera trova rifugio nel bere.

Cressida non si trova a suo agio all’interno della famiglia, si sente un'estranea.

Solo col professore si sente davvero se stessa e attarverso l’esperienza della prigione sembra ritrovare se stessa.

L’autrice decrive una comunità apparentemente connessa ma in realtà si tratta della somma di molte solitudini.

Questo traspare anche dal tipo di narrazione che cambia continuamente i punti di vista impersonando i protagonisti che però non interagiscono tra di loro.

L’autrice fa molte digressioni che informano il lettore sul sistema della pena di morte e sulla guerra.

Inoltre, dimostra grande conoscenza della provincia americana che si differenzia notevolmente di quella più conosciuta delle grandi metropoli.

Il racconto dell’esperienza in Irak è molto forte e riprende tematiche di cronaca tristemente note.

Il soldato reduce paga gravi conseguenza a seguito di questa esperienza.

Qualcuno si sofferma sulla difficoltà che ha vissuto Cressida dal momento che da sempre ha dovuto convivere con l’etichetta di la figlia intelligente e bizzarra.

Lei sembra dare conferma a quanto succede quando qualcuno viene rinchiuso in una definizione precostituita, quasi a dare seguito a una profezia che si autoavvera.

L’incisione di Escher che Cressie riproduce continuamente sembra mandare un messaggio di trasformazione alla famiglia.

Inoltre, Esher è un artista psicologico, rappresenta la metamorfosi che coinvolge anche la protagonista del romanzo, infatti lo shok della visita dentro alla camera della morte le permette di tornare sui suoi passi e farsi riaccettare dalla famiglia dalla quale ha cercato di fuggire.

La decrizione delle carcerI rivela una realtà di detenuti ammassati e trattati come bestiame e Cressida solo quando si trova all'interno di questo luogo di sofferenza e pena capisce di essere in relazione con gli altri, prima aveva solo ragionato come chiusa in se stessa come fosse una monade.

Cress è come rifuitata dalla società, solo il padre la preferisce all’altra figlia mentre le insegnanti apprezzano la sua intelligenza ma non la sua indisciplina che non le peremette di stare alle regole.

Il modo di scrivere è puntuale e preiso, la scrittrice riesce a fare vedere lo stesso episodio dallla visuale prospettica dei diversi personaggi che convergono a formare l’ordito del romanzo in una prospettiva caleidoscopica.

Qualcuno afferma che si tratta di un finto giallo, il soldato che torna dalla guerra ha la mente sconvolta e si trova quasi a confessare qualcosa che non ha commesso come se fosse alla ricerca di una forma di espiazione.

La parte più avvincente è quella in cui Cressida incontra l’investigatore e la visita al carecere rappresenta per lei come un’epifania.

La discussione è stata molto coinvolgenete e ricca di spunti di riflessione, anche da questo si capisce che è un grande romanzo: se ne parla da molti punti di vista e si rivela come una miniera di suggestioni.

INCONTRO 13 - GELOSIA di Camilla Baresani

Il 29  Ottobre abbiamo parlato di del romanzo " Gelosia"con l'autrice Camilla Baresani.
QUI IL VIDEO


 


NOTE BIOGRAFICHE

Ecco l'autobiografia tratta dal sito web dell'autrice:


Sono nata a Brescia, nel ’61. Vivo tra Milano e Roma.

Mentre frequentavo l’università, a Milano, ho iniziato a lavorare in un villaggio turistico sul lago di Garda.

Ho continuato poi a occuparmene sinché, poco prima dei quarant’anni, ho provato a ricominciare da capo.

Mi sono messa a ricreare le vite di tutte le persone che avevo osservato e ascoltato sino a quel momento per farne materia di romanzi, racconti, articoli, commedie. Le vite degli altri filtrate dal mio punto di vista.

Così, è arrivato il mio primo romanzo, "Il plagio", pubblicato da Mondadori nel 2000.

Gli ultimi libri che ho pubblicato sono: "Gelosia" (La nave di Teseo, 2019).

Il romanzo racconta le complicazioni dell’amore, le migliori intenzioni e il loro naufragio, la passione per il lavoro, la crisi economica e quella dei matrimoni e una vendetta sottile e atroce. Al centro della storia, ambientata tra Capri, Milano e il lago di Garda c’è la gelosia che intossica i rapporti di Antonio con la moglie, Bettina, e l’amante, Sonia.

"Gli sbafatori" (Mondadori Electa, 2015).

Un romanzo breve, quasi un pamphlet. La trama – sesso, bugie e alta cucina – è ambientata nel mondo degli chef mirabolanti, delle cucine elettrizzanti e dei giornalisti incaricati di scriverne. Racconto i retroscena poco decorosi del mondo del cibo, con vizi che sono universali e ammorbano anche altri mondi meno appariscenti.

"Il sale rosa dell’Himalaya" (Bompiani, 2014).

Il romanzo racconta la brutta avventura capitata a ragazza in carriera che abita nel centro di Milano. Una sera esce di casa per comprare del sale rosa dell’Himalaya. È piena di pensieri, di progetti, di strategie per raggiungere il successo ma all’improvviso… Il romanzo ha ricevuto il Premio Internazionale di Letteratura Città di Como, il Premio Cortina d’Ampezzo, il Premio Città di Vigevano.

L’esordio, invece, era stato nel 2000, quando da Mondadori era uscito Il plagio – La volpe è un lupo che manda fiori (ora disponibile nei Tascabili Bompiani). Subito dopo, per Radio 3, ho scritto una pièce radiofonica, Al ristorante del buon ricordo. L’ha diretta Andrea Barzini ed è stata interpretata da Laura Betti, Massimo Popolizio, Gabriella Franchini e Francesco Siciliano.

Nel 2002, sempre da Mondadori, era uscito il mio secondo romanzo, "Sbadatamente ho fatto l’amore" (ora Bompiani).

Nel 2003 ho cambiato editore. Da Mondadori a Bompiani, con un saggio breve, "Il piacere tra le righe: riflessioni sui piaceri della lettura", e anche una sorta di percorso letterario con esempi e citazioni.

Il terzo romanzo, "L’imperfezione dell’amore", è uscito nel 2005. Ha ricevuto il premio Forte Village-Montblanc, Scrittore emergente dell’anno.

Nel 2006, sono poi usciti i racconti-inchiesta "TIC Tipi Italiani Contemporanei" commentati dal sociologo Renato Mannheimer.

Nel 2007, è uscito "La cena delle meraviglie", integrato dalle ricette del critico-gastronomo Allan Bay. Editore Feltrinelli.

Nel 2010, è arrivato "Un’estate fa", il mio quarto romanzo, sempre Bompiani. Premio Hemingway e Premio Selezione Rapallo.

Ho poi curato un libro che spiega tutto sul cacao e sulla sua trasformazione in cioccolato (Alla ricerca del cacao perduto, Gribaudo editore, 2011), ho scritto la postfazione del romanzo di Elaine Dundy Il dolce frutto (BUR, 2011), e l’introduzione alle inchieste di Nero Wolfe scritte da Rex Stout, raccolte in Entra la morte (BEAT 2013).

Nel 2014 è uscito anche "Vini, amori"(Bompiani), una raccolta di 63 miei racconti legati al tema del vino, ciascuno accompagnato dalla scheda di un vino scelto e descritto da Gelasio Gaetani d’Aragona e da un’illustrazione di Valeria Petrone.

Dopo il primo romanzo, ho iniziato a collaborare con giornali e riviste: Vanity Fair, Panorama, Grazia, Sette, Style, IL Magazine, Corriere della Sera…

Sull’inserto culturale Domenica de Il Sole 24 ore per otto anni ho raccontato i ristoranti italiani (con la rubrica Diario di una golosa). Il cibo è sempre stato una mia passione (e fissazione).

Nel 2011, per CoolTour (programma quotidiano di informazione culturale di Rai5), ho condotto CoolChef, una rubrica di interviste ai migliori cuochi italiani.

Al momento collaboro regolarmente con Grazia e con le pagine romane del Corriere (firmo la rubrica settimanale Roma Ghiotta)

Ho insegnato “Scrittura creativa” al Master di Giornalismo Multimediale della IULM di Milano e in seguito alla scuola Molly Bloom, fondata da Leonardo Colombati ed Emanuele Trevi. I corsi si tengono a Roma e Milano.

Dal novembre 2016 sono presidente del Centro Teatrale Bresciano, che ha due bellissimi teatri, il Sociale e il Santa Chiara, con una gloriosa tradizione di teatro d’avanguardia e un futuro di innovazione dei linguaggi teatrali già in corso.

Con Sandrone Dazieri e Angela Mariella, ho scritto e condotto nel 2017 e 2018 la trasmissione quotidiana di Radio RAI 1 Mangiafuoco, i bassifondi della notizia.

Sono autrice del format di Romanzo Italiano, un programma “geoletterario” con le interviste a 29 scrittori che raccontano i luoghi che ispirano la loro narrativa. Il programma, in 8 puntate, trasmesso da Rai3 a partire dal 21 dicembre 2019, è condotto da Annalena Benini.

RESOCONTO

Camilla Baresani è intervenuta al Gruppo di Lettura per parlare del suo romanzo Gelosia.

I partecipanti le hanno fatto una serie di osservazioni, in generale la lettura è stata molto gradita ma molti hanno voluto sapere qualcosa di più sui protagonisti del romanzo che sono molto caratterizzati e suscitano emozioni spesso contrastanti.

L’autrice ci ha rivelato che le stanno molto a cuore i suoi personaggi e che sono caratterizzati oltre che dai diversi aspetti psicologici anche dai luoghi di provenienza e che spesso proprio per le loro imperfezioni le suscitano molta tenerezza.

I personaggi del romanzo sono un intreccio di emozioni e la gelosia è il sentimento preponderante.

Qualcuno ha osservato che appunto sono proprio i luoghi a caratterizzare i personaggi e che la lettura del romanzo ha fatto anche conoscere nuove realtà come i profumi, leggere ha permesso anche un’esplorazione in ambiti prima sconosciuti.

L’autrice ci rivela di approfondire molto le questioni che tratterà nei suoi romanzi e questa è la parte più interessante del suo lavoro, inoltre, molto spesso, prende spunto dalla realtà per descrivere alcune situazioni come è successo per il clamoroso fatto di cronaca rosa che ha visto coinvolto il tennista Boris Beker.

Camilla, inoltre, racconta di aver preso molti spunti dalla sua esperienza lavorativa fatta da giovane in un campeggio sul lago di Garda per raccontare di Bettina.

Milano è descritta con grande attenzione ai luoghi e alle abitudini dei milanesi e ci confessa che si sente milanese anche se non è proprio la sua città, infatti, vive a Roma, però rappresenta per lei la città dove è rinata, dove ha studiato, dove ha coltivato amicizie che durano ancora oggi e dove le sono state offerte tante opportunità.

Qualcuno fa notare che la storia si dipana nel nostro tempo, le fanno da sfondo gli eventi storici che hanno caratterizzato l’ultimo decennio e a questo proposito parlando della differenza tra saggi e romanzi esprime la sua personale idea.

Pur essendo laureata in storia ha sempre trovato più facile memorizzare e imparare l’ambientazione di alcuni periodi storici leggendo i romanzi di quell’epoca, la “Comédie humaine” di Balzac l’ha molto aiutata in questo senso a comprendere la Francia di allora.

Qualcuno fa notare come dalla lettura di Gelosia siano emersi collegamenti anche con altra letteratura, in particolare, l’improvviso e radicale cambiamento di Sonia ha fatto pensare alla celebre scena di Eveline nel racconto di Gente di Dublino di James Joyce.

Letteratura che richiama letteratura, letteratura che fa contestualizzare meglio i periodi storici, letteratura che fa emozionare arrabbiare commuovere e che ci fa identificare nei personaggi che troviamo nei romanzi, queste sono solo alcune delle molteplici sfaccettature della letteratura che noi appassionati lettori amiamo tanto.

INCONTRO 12 - I VAGABONDI di olga Tokarczuck

Il 24 Settembre abbiamo parlato del romanzo i Vagabondi di Olga Tokarczuk.

Qui il video del GDLV su I Vagabondi 



Durante la pausa estiva leggeremo il romanzo "I vagabondi" di Olga Tokarczuk e ne parleremo il 24 Settembre.

“ La cosa peggiore è l’immobilita’: densa e visibile nell’aria fredda del crepuscolo e nelle luci flebili delle lampade al sodio che, appena a un metro di distanza, si insabbiano nel buio. Non succede nulla, la marcia dell’oscurità si ferma davanti alla porta di casa, tutto il frastuono si placa e crea una pellicola spessa come quella del latte che si raffredda.

I contorni degli edifici sullo sfondo del cielo si estendono all’infinito, perdono lentamente gli angoli acuti, le sporgenze, gli spigoli. La luce che svanisce porta via l’aria, non ne rimane più da respirare.

L’oscurità ora mi penetra nella pelle. Tutti i suoni si sono ritirati su se stessi, come gli occhi delle lumache, l’orchestra del mondo se n’è andata ed è svanita nel parco.” Pag 5



NOTE BIOGRAFICHE

OlgaTokarczuk è nata il 29.1.1962 a Sulechów vicino a Zielona Góra, in Polonia.

Prima di iniziare la sua carriera letteraria, dal 1980 ha studiato psicologia presso l'Università di Varsavia. Durante i suoi studi, ha fatto volontariato in una struttura per adolescenti con problemi comportamentali.

Dopo la laurea nel 1985, si è trasferita prima a Breslavia (Wrocław) e successivamente a Wałbrzych, dove ha iniziato a praticare come terapeuta.

Tokarczuk si considera una seguace della scuola di Carl Gustav Jung e cita la sua psicologia come un'ispirazione per il suo lavoro letterario.

Dal 1998 Tokarczuk vive in un piccolo villaggio vicino a Nowa Ruda, dove ha sede anche Ruta, la sua piccola casa editrice. È membro del partito Partia Zieloni, i "Verdi" polacchi, ed è ideologicamente vicina alla sinistra.

Il romanzo "Nella quiete del tempo" è stato tradotto in molte lingue e le ha dato fama internazionale rendendola una delle più importanti rappresentanti della letteratura polacca della sua generazione.

Alla scrittrice polacca è stato assegnato il Premio Nobel per la Letteratura 2018 così motivato dalla giuria: "Grazie alla sua immaginazione narrativa che con enciclopedica passione rappresenta l'attraversamento dei confini come forma di vita e all’innovativa struttura dei suoi romanzi, costruiti con una tensione tra aspetti culturali opposti: natura versus cultura, ragione versus follia, uomini versus donne".

Olga Tokarczuk è da tempo considerata una dei maggiori esponenti della scrittura e della poesia polacca: le sue opere sono state tradotte in più di 30 paesi grazie alle quali si è aggiudicata numerosi premi letterari nazionali e internazionali, come il premio Nike, il Man Booker International Prize e il premio Vilenica. Tra le sue opere più importanti si citano I vagabondi (2007), L'anima smarrita (2018) e Nella quiete del tempo (1996).



RESOCONTO


Quello che è emerso dalla discussione molto interessante è che il libro non ha una struttura lineare appare come uno Zibaldone che contiene molti racconti alcuni lunghi altri brevi e non c’è organicità.

Narra di viaggi ma non si tratta di un romanzo rientrante nella categoria della narrativa di viaggio, tra le righe campeggia sempre un invito al movimento e ciò che emerge dalla lettura dei vari racconti apparentemente sconnessi è più che turistico, esistenziale.

E’ un libro di viaggio in cui contano più i personaggi della geografia.

E’ un libro proteiforme, poliedrico, fluido e instabile ma soprattutto necessario. La prosa è sofisticata e filosofica.

Già il titolo I vagabondi indica sia chi si sposta da un luogo all’altro che chi affronta un viaggio mentale, trasportato dall’immaginazione e ciò che li caratterizza è un errare senza meta senza la necessità di tornare.

A qualcuno non è piaciuto molto, troppo caotico senza un filo conduttore, un gusto esagerato per il macabro e per i reperti anatomici, che fa invece apprezzare molto di più l’altro romanzo che è stato proposto tempo fa Cambiare l’acqua ai fiori, completamente diverso dove però l’argomento della morte non risulta macabro ma delicato e la storia trasmette serenità.

Qualcuno ritiene che la scrittrice abbia un modo diverso e non convenzionale di descrivere le cose di cui narra. E’ un libro complesso dove le storie non finiscono, un diario con approfondimenti di vario tipo che spaziano dal filosofico allo scientifico. Anche quando narra delle pratiche di mummificazione non affronta solo l’aspetto macabro, la stessa pratica nei secoli è stato un modo per dare eternità ai corpi. Cosi come la plastinazione oltre che procedimento di conservazione del corpo umano ha anche la capacità di renderlo molto bello poiché garantisce i colori originali e non risulta affatto sgradevole alla vista.

Qualcuno si è fatto travolgere dalla conoscenze enciclopedica dell’autrice, ubriacata da tanta cultura in cui tutto è sospeso nel viaggio, ha fatto interessanti scoperte, tra le tante quella che spiega che il corpo umano è oltre a ciò che vediamo e conosciamo anche il centro del mondo in grado di collegare il tutto con il tutto.

Per qualcuna la lettura è stata faticosa per nulla scorrevole ma alla fine ha riconosciuto un interesse particolare per i tanti temi trattati. L’autrice si schiera contro la staticità rivelandosi una progressista ed ecologista.

Qualcuna rivela di aver apprezzato molto il romanzo e di volerlo rileggere per soffermarsi meglio su alcuni passi, dietro ogni pagina ha scorto una sorpresa. Cambiamenti che incuriosiscono il lettore, è la celebrazione del movimento. Molte storie non hanno una fine sono lasciate in sospeso, come quella di Annuska.

Il viaggio ha un potere incredibile, anche nella costrizione tu puoi viaggiare, alcuni personaggi come Erik il traghettatore decidono di evadere completamente dagli schemi e lanciarsi verso l’ignoto, la libertà. La morte è l’unico evento che interrompe il movimento.

Qualcuna fa notare che il romanzo è tutto un susseguirsi di racconti lunghi a brevi, alcuni addirittura di poche righe che colpiscono, fanno riflettere ci possiamo ritrovare come quello in cui racconta delle finestre senza tende di Amsterdam che permettono di osservare le vite degli altri.

Qualcuno non ha ancora completato la lettura, anche perché il romanzo invita a una lettura lenta, riflessiva che permette pause tra un racconto e l’altro.

INCONTRO 11 - LA FERROVIA SOTTERRANEA di Colson Whitehead

Il 23 luglio abbiamo parlato de  "La ferrovia sotterranea" di Colson Whitehead.

Quella donna pensava che la roba che le portasse lei fosse infetta? Aveva fatto fare la stessa fine a tutto ciò che Cora aveva donato negli ultimi cinque anni, aveva trattato cosi ogni rapa, ogni ciuffo di acetosella? Aveva iniziato con Cora o lo faceva già con Mabel, o con la nonna? Ma affrontarla faccia a faccia non aveva senso. Alice era stata una beniamina di Randall e adesso lo era del figlio James che era cresciuto con le sue tortine ripiene. C'era una gerarchia del dolore, dolore nascosto dentro altri dolori, e bisognava tenerne sempre conto". p.33

" Le ultime ore avevano fatto svanire gran parte del malessere. Ora gli schiavi potevano affrontare le fatiche dell'indomani mattina e delle mattine seguenti, e le lunghe giornate a venire, con lo spirito rinfrancato, sia pur debolmente, da una bella serata da ricordare e la prossima festa di compleanno da aspettare. Radunandosi in un cerchio che separava gli spiriti umani all'interno dalla degradazione all'esterno." p. 40

"Sua madre sarebbe stata fiera di lei. Così come la madre di Lovely doveva essere stata orgogliosa della figlia scappata per un giorno e mezzo. Cora rimise la pagina al suo posto dentro il libro. Scacciò di nuovo il pensiero della piantagione. Stava diventando più brava a farlo. La sua mente però era infida, tortuosa. Pensieri che non le piacevano si intrufolavano dai lati, da sotto, dalle fessure, da posti che aveva chiuso ermeticamente." p.121

NOTE BIOGRAFICHE

COLSON WITHEHEAD è nato a Manhattan il 6 Novembre 1969

Da ragazzo leggeva fumetti e Stephen King, avrebbe voluto diventare il King nero. Si è laureato a Harward in Letteratura, ha fatto il giornalista al Newsday e al Village Voice e poi si è dedicato alla scrittura.

E’ stato vincitore di numerosi premi letterari, si può considerere l’erede del romanzo post moderno che diventa meditazione sulla storia e sul suo assorbimento nella cultura del consumo contemporaneo.

Ha scritto 8 romanzi e due saggi.

Ha insegnato alla Princeton University, alla New York University, all'Università di Houston, alla Columbia University, al Brooklyn College, al Hunter College, alla Wesleyan University e all'Università del Wyoming.

Nella primavera del 2015, si è unito al New York Times Magazine per scrivere una rubrica sulla lingua. Il suo romanzo del 2016, La ferrovia sotterranea, ha vinto il Premio Pulizer per la narrativa nel 2017.

I giudici del premio hanno definito il romanzo "una fusione intelligente di realismo e allegoria che combina la violenza della schiavitù e il dramma della fuga in un mito che parla all'America contemporanea".

Anche il romanzo The Nickel Boys, pubblicato a luglio 2019 ha vinto il premio Pulizer per la fiction nel 2020.

Il romanzo è stato ispirato dalla storia della vita reale della Dozier School for boys in Florida, in cui i bambini condannati per reati minori hanno subito violenze.

I giudici del premio hanno definito il romanzo "Un' esplorazione libera e devastante degli abusi in una scuola di riforma della Florida di Jim Crow-era che alla fine è una potente storia di perseveranza umana, dignità e redenzione".

ROMANZI

L'intuizionista, Milano, Mondadori, 2000

John Henry festival Minimum fax, 2002

Apex nasconde il dolore Milano, Mondadori, 2007

Sag Harbor, Milano, Mondadori, 2010

Zona uno, Torino, Einaudi, 2013

La nobile arte del bluff, Torino, Einaudi, 2016

La ferrovia sotterranea, Roma, Sur, 2017

I ragazzi della Nickel Milano, Mondadori, 2019

SAGGI

Il Colosso di New York Milano, Mondadori, 2004 

The Noble Hustle: Poker, Beef Jerky, and Death, Doubleday, 2014



Anche con l'estate che bussa alle porte il nostro gruppo virtuale si è riunito dando vita a un'interessante discussione.

La narrazione di questo romanzo è emozionante e dal ritmo sostenuto. Molti dicono che hanno dovuto sospendere la lettura e riprendere fiato, infatti, i racconti sono crudi, l'argomento è quello della schiavitù nelle piantagioni dell'America e l'autore miscela bene il realismo del romanzo storico con l'elemento fantastico che caratterizza il realismo magico, affrontando magistralmente il problema del razzismo e della xenofobia.

Inoltre, l’invenzione della Ferrovia rappresenta un escamotage narrativo molto potente, l’autore stesso in un’intervista ha confessato di aver pensato a questo immedesimandosi in quello che la fantasia di un bambino avrebbe immaginato per portare in salvo coloro che scappavano.

Storia e fantasia coesistono e arricchiscono il racconto. La parte fantasiosa e divertente relativa agli episodi e ai personaggi che collaborano al progetto della Ferrovia dona al lettore la possibilità di riprendere fiato rispetto alle atrocità perpetrate e descritte che ricordano anche molto alcune situazioni di oggi.

Questa parte di racconto inventata risulta per il lettore quasi un momento di evasione e di respiro ma allo stesso tempo sottolinea ancor di più che tutto il resto è vero. Le esecuzioni che erano spettacoli e il sentiero della morte ne sono atroci esempi.

Viene da pensare che ancora la schiavitù non sia stata eliminata, solo che ora gli individui pagano per ridursi alla condizione di schiavi. La comunità americana non è mai riuscita a creare integrazione, anche allora negli stati più progressisti si verificava una mal tollerata convivenza. I test sulla sifilide e il controllo delle nascite sono esempi di questa mancata integrazione.

Sicuramente la lettura di questo romanzo per un americano ha avuto un impatto diverso, avrà sicuramente capito la causa di tante problematiche che ancora oggi emergono e sono di grande attualità.

A qualcuno lo sguardo esterno del narratore quasi distaccato e privo di emozione ha ricordato “Se questo è un uomo”. Su questo punto qualcuno aggiunge che questa mancanza di emozione è la voce della protagonista Cora che è dovuta diventare distaccata, quasi chirurgica per sopravvivere a tanta atrocità dovendo necessariamente congelare la parte emotiva.

In questo senso l’autore è stato la voce narrante della protagonista che fin da bambina ha dovuto lottare contro un mondo ostile e ha dimostrato di saperlo fare come già lo aveva fatto la sua nonna materna che coltivando ad orto quel fazzoletto di terra era stata capace di dare la vita a un ambiente di desolazione e di morte.

Cora, la protagonista, durante tutto il racconto mostra risentimento verso la madre che l’ha lasciata sola, ma il suo esempio e il suo coraggio sono anche ciò che la spingono ad accettare la fuga, inoltre, la ragazza non smette mai di cercarla.Dietro al risentimento, insomma, si nasconde un grande amore.

Infine, emerge dal racconto una solidarietà tra persone di colore che si coalizzano in una grande Comune per cercare insieme di sfuggire alle persecuzioni e soprattutto perché capiscono che se non lo fanno loro i bianchi non lo faranno mai.

L’autore descrive anche molto bene le differenze profonde tra Stato e Stato che caratterizzavano l’America dell’1800 e che per molti aspetti ancora sono presenti.

INCONTRO 10 - LA PIU' AMATA di Teresa Ciabatti

Il 2 Luglio abbiamo parlato de " La più amata" di Teresa Ciabatti con l'autrice che è intervenuta personalmente.

Qui il video del GDLV su La più amata con l'autrice



“Allora mi coglie una sensazione struggente di malinconia o forse speranza. E’ un giorno grigio di settembre, il sole esce a tratti, in alto il cielo di un vivido azzurro, costellato di nubi enormi, simili a macerie. E’ un giorno ventilato che scuote alberi e trascina rami sulla strada. Un giorno anomalo per la stagione. “P. 91

“In questo modo, mai in tragedia, si risolvono tutti gli eventi della mia infanzia e della prima adolescenza. Come protetta da un mantello che rende invisibili, non ci sono conseguenze per me, sempre salva. Sto per cadere, cado, perdo l’equilibrio, agito le braccia, trattengo il respiro, adesso cado. Non cado.”P. 104

“ E ora lasciare che mi stacchi dal gruppo per andare al centro del palco, difronte all’immenso pubblico. Sono io, gente, la migliore, la privilegiata, la bambina che farà strada perché figlia del Professore, a proposito, dove sei papà? La luce della scena mi acceca impedendomi di vederti, una luce chiarissima in cui riconosco una specie di segnale segreto per me, solo per me, una promessa - ma di cosa? Di un futuro diverso. Un futuro speciale grazie a te. Così immaginando il tuo sguardo mi chino a raccogliere il sole. E con gesti lenti, una danza, lo isso in alto, sul gancio di ferro lassù, di fronte al fondale di cartapesta azzurro, e allora ti vedo, ti ho trovato, ti ho riconosciuto, papà, tra le ombre, sei tu, proprio tu, è mamma? Dov è mama? Mamma dorme. P 105

NOTE BIOGRAFICHE

Teresa Ciabatti nasce a Orbetello il 5.5.1972, è una scrittrice e sceneggiatrice italiana.

Si laurea in Lettere presso l’Università Sapienza di Roma e frequenta la scuola di scrittura di Alessandro Baricco a Torino.

Nel 2002 pubblica il suo primo romanzo, “Adelmo torna da me” dal quale è stato tratto il film L’estate del mio primo bacio di Carlo Virzì.

Nel 2008 è uscito il suo secondo romanzo “ I giorni felici”.

La sua produzione letteraria consta di collaborazioni con riviste letterarie, inoltre ha scritto per le riviste Diario e Donna.

Ha pubblicato racconti anche su Nuovi Argomenti; il racconto "I desideri di Rossella O'Hara" esce nell'antologia "Ragazze che dovreste conoscere" nel 2004 per Einaudi.

Nel 2017 pubblica il romanzo “ Il mio paradiso è deserto” e nel 2018 “ La più amata” e   “ Matrigna”.

È anche autrice di sceneggiature cinematografiche.

Vive a Roma.


RESOCONTO

Abbiamo discusso de "La più amata" prima tra di noi mentre attendevamo che l'autrice si collegasse e poi con Teresa Ciabatti.

Da subito emerge che il romanzo presenta un intreccio inestricabile tra realtà e finzione, trai fatti e la loro rappresentazione.

Qualcuno ha trovato sconvolgente come l'autrice metta a nudo persone e fatti così reali, raccontando di getto e senza filtri tutto ciò che ha sperimentato e invece di edulcorare va giù piatta, la sua scrittura spiazza il lettore.

Qualcuno fa notare che rientra nel filone autobiografico che ultimamente è molto presente in letteratura.

Sembra che l'autrice usi la scrittura per fare un analisi su se stessa e la sua famiglia.

E' come se cercasse l'origine del suo sentimento di incompiutezza, il padre è anaffettivo e lei desidera essere amata non potendo avere questo amore si dimostra capricciosa e viziata.

Arriva l'autrice, Marta la presenta e fa una carrellata di tutti i suoi romanzi e lei ci racconta che tutti sono stati dei tentativi di avvicinamento a questo, ci sono voluti venti anni per arrivare a questa profondità del racconto che più che altro è stato un grande lavoro di limatura in cui continuamente ha dovuto sottrarre per centrare bene la storia.

Voleva racconatre la sofferenza e la verità, ci rivela che a lei interessa farsi carico dell'ombra e di ciò che non va. Il suo è stato un esperimento in cui ha provato a manipolare la memoria e i personaggi.

Ha compiuto un atto di manipolazione e di onnipotenza nei riguardi dei genitori morti verso i quali dichiara di aver provato tanto amore.

La famiglia è responsabile di quel dolore lei ha cercato di mostrare la contraddizione senza pretendere di dare alcuna verità.

Domanda - Il racconto è caratterizzato da continui sbalzi temporali, si rivela l'analisi straziante e dolorosa della situazione familiare, a cosa porta questo esame crudo del lato oscuro? Cosa ti ha dato?

- Non lo so, è come se avessi riportato in vita i miei genitori e avessi voluto pareggiare i conti, c'è comunque tanto amore, la figlia è immersa nella colpa e nel dolore non è un giudice implacabile.

Sono molto interessata alla famiglia, lo considero il luogo dove si verifica la prima esperienza di potere e ci si rapporta all'autorità. Rappresenta poi un microcosmo per parlare anche della società.

Non è sfogo, si tratta di rappresentazione e racconto.

La protagonista si sente la più amata ma in realtà nessuno se la fila  e sta a margini della famiglia e della società.

Domanda - Sono molto popolari le autobiografie come generi letterari, che ne pensi?

- Si è vero, l'autofiction da molto spazio all'invenzione, ti poni come protagonista ma puoi dare libero sfogo alla fanatasia.

Domanda - il libro mi è piaciuto però povera bambina, ma che famiglia disastrata! perchè hai scelto di dare i nomi veri?

- Non pensavo che il romanzo avrebbe avuto tutto questo successo, inoltre sono molto contraria all'idealizzazione dei defunti, quasi che la memoria edulcorata sia quasi un obbligo sociale. Inoltre, volevo dare uno spaccato della società dell'epoca e spiegare cosa fosse la borghesia in quegli anni.

E' stato davvero piacevole chiaccherare con Teresa che, come spesso accade quando l'autore ci parla del suo romanzo, ci ha svelato retroscena e cose inedite del suo lavoro.

Alla fine ci siamo lasciati con la promessa di rivederci non appena uscirà il suo nuovo libro a gennaio. Ti prenediamo in parola!

INCONTRO 9 - IL GRANDE GATSBY di Francis Scott Fitzgerald

L'11 Giugno 2020 abbiamo parlato de Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald.

"Il vento era calato ormai, lasciandosi dietro una notte rumorosa, tersa, con ali che battevano tra gli alberi e un persistente suono d'organo, mentre il mantice della terra gonfiava di vita le rane. La sagoma di un gatto passò vacillando nel chiaro di luna, e quando voltai la testa a guardarlo vidi che non ero solo - a una cinquantina i passi da me una figura era emersa dall'ombra della villa del mio vicino e se ne stava con le mani in tasca a rimirare il pepe argenteo delle stelle.

Qualcosa nei suoi movimenti fluidi e nella fermezza con cui i piedi poggiavano sul prato, lasciava intendere che fosse Gatsby, in persona, uscito per stabilire quale porzione dei cieli di quel luogo fosse sua." P.74

"La notte era fredda e si sentiva l’eccitazione misteriosa che accompagna i due cambi di stagione. Le luci quiete nelle case si spegnevano con un ronzio nelle tenebre e tra le stelle si avvertiva un tramestio. Con la coda dell’occhio Gatsby aveva visto che le lastre di pietra del marciapiede formavano in realtà una scala che raggiungeva un luogo segreto tra gli alberi: avrebbe potuto salire, se fosse stato solo è una volta li, avrebbe succhiato il capezzolo della vita, bevuto con avidità l’incomparabile latte della meraviglia." P. 157

NOTE BIOGRAFICHE

Fitzgerald, Francis Scott nasce a Saint Paul in Minnesota il 24 settembre 1896 e muore a Hollywood il 21 dicembre 1940.

E’ considerato uno dei più grandi scrittori del Novecento, nei suoi romanzi mette in luce uno dei periodi più contraddittori del paese delle grandi opportunità.

In tutto ciò che scrive si riscontra la sua esistenza vissuta in modo estremo negli anni a cavallo tra la Prima Guerra e la Grande Depressione. La sua analisi psicologica si concentra sulle classi sociali benestanti in cui emergono eroi pronti a rinunciare anche a se stessi pur di inseguire un sogno, ma nel restare fedeli ai loro ideali vengono schiacciati da una società indifferente e apatica e finiscono con il soccombere.

La tematica ricorrente è quella del sogno americano del successo e dell’evasione da una cruda realtà che lascia presagire l’imminenza del disastro avvenuto dopo la Guerra.

Leggendo i suoi romanzi si riesce a cogliere quel movimento effimero ma indimenticabile denominato Jazz Age.

Nel 1920 raggiunge la notorietà con la pubblicazione del suo primo romanzo “Di qua dal Paradiso". I giovani della generazione che Stein aveva chiamato "della gioventù perduta" vi si riconobbero e fecero di Fitzgerarld il loro idolo. Discusso, lodato e criticato, si trova improvvisamente ricco e celebre.

Sposa la bellissima Zelda Sayre e dopo un decennio vissuto intensamente fra New York, la Costa Azzurra e Parigi, Fitzgerald si trova a dover affrontare del tutto impreparato la terribile crisi economica del 1929.

Nel 1934 pubblica Tenera è la notte. Però la sua vita si rabbuia: semialcolizzato, costernato per i disturbi mentali della moglie, definitivamente internata in una clinica e preoccupato per l'educazione della figlia, ha un tracollo nervoso dal quale si riprende solo dopo parecchi mesi.

Nel 1937 accetta di lavorare come sceneggiatore a Hollywood, riacquistando una certa tranquillità economica che gli consente di scrivere le ultime opere. Muore a Hollywood per un attacco cardiaco mentre stava ultimando Gli ultimi fuochi.

RESOCONTO

I dialoghi sembravano vuoti, inconsistenti, poi si è resa conto che erano stati scritti volutamente così per rendere la vacuità dell'ambiente e dei personaggi, l'autore è riuscito a riprodurre il linguaggio che caratterizza quel mondo.

Qualcuno lo aveva già letto ma l'ha riletto con più attenzione. Quello che emerge dal racconto è una falsità delle persone che si frequentano solo per interesse o per ostentare la propria ricchezza e posizione sociale, anche una figlia diventa qualcosa da ostentare, di cui vantarsi.

L'autore fa un ritratto impietoso della Upper Class dell'America degli anni 20, una società dove l'alcol è l'elemento onnipresente e pervasivo. Fitzgerald dipinge un mondo senza scrupoli che attraverso eccessi e carenza di regole ha portato alla Jazz Age e al crollo finanziario del 1929.

Questi erano gli anni in cui iniziava a muovere i primi passi l'arte cinematografica, i personaggi sono tristi e soli.

L'unico personaggio positivo è il narratore. E' il più lucido, si trova a proprio agio con tutti. Rimane amico di Gatsby anche quando intuisce le sue bugie, oltre che l'unico a partecipare al suo funerale.

All'inizio Nick riporta la saggezza che ha imparato da suo padre che lo esortava a non criticare mai nessuno dal momento che non tutti avevano avuto la sua fortuna. Semra l'unico spunto in grado di fornire speranza.

Qualcuno fa notare che l'autore descrive una società in crisi, crisi dei valori, crisi del matrimonio ma anche pervasa dal razzismo, in nuce quello che poi è diventata l'America odierna. Qui mancano il silenzio e il vuoto, tutto sembra rumoroso e pieno, tutti sono indaffarati ma nessuno è davvero felice.

gatsby è ancorato al passato, qualcuno lo ritiene in preda a un'illusione che altri invece considerano romanticamente fedele al suo amore.

Si tratta di classico della letteratura moderna, la scrittura è futurista e astratta.


INCONTRO 8 - MEMORIE DAL SOTTOSUOLO di Fedor  Dostoevskij

Il 28 Maggio abbiamo parlato di Memorie dal sottosuolo di Fëdor Dostoevskij.

"Quanto più forte era in me la coscienza del bene e di tutto ciò che è bello e sublime con tanto più entusiasmo mi lasciavo sprofondare nel mio fango fino ad impantanarmici completamente. Alla fine giunsi addirittura al punto che provavo una specie di piacere segreto, anormale e piuttosto volgare, quando tornavo nel mio cantuccio in una di queste orribili notti e ammettevo a me stesso di aver commesso un’altra porcheria e che al mal fatto ormai non c’era rimedio. E mi straziavo internamente, segretamente, mi laceravo al punto che l’amarezza si trasformava in un’infame maledetta dolcezza anzi in un vero e proprio godimento. Il godimento derivava dalla lucidissima coscienza della mia natura spregevole e sentivo che mai sarei potuto diventare un altro uomo, anzi sentivo che anche se mi fosse rimasto ancora abbastanza tempo e fiducia di trasformarmi in qualcosa di diverso non avrei voluto cambiare. P28

Io per esempio, ho un terribile amor proprio. Sono ombroso e suscettibile come un gobbo o in nano ma veramente nella mia vita ci sono stati momenti che se qualcuno mi avesse dato uno schiaffo ebbene ne sarei stato addirittura felice. Parlo sul serio, senza dubbio anche nello schiaffo avrei saputo trovare un piacere sui generis, un piacere fatto di disperazione naturalmente ma è proprio la disperazione che può offrire i piaceri più intensi, specialmente quando è più forte la coscienza dell’impossibilità di uscire da una determinata situazione. Sono più intelligente di tutti quelli che mi stanno intorno. Io mi sono sempre considerato più intelligente di tutti quelli che mi circondano, certe volte, mi crediate o no me ne sono perfino vergognato. Almeno questo è certo: che in tutta la mia vita ho sempre guardato la gente di traverso e non sono mai stato capace di guardarla direttamente negli occhi."P29 --

“Per quale motivo voglio scrivere? Se non lo faccio per un pubblico, potrei anche ricordarmi di tutto solo mentalmente, senza stenderlo sulla carta. E’ vero ma sulla carta la cosa prende un aspetto in certo modo più solenne. Nello scrivere c’è qualcosa che si impone a noi stessi, ci si sente maggiormente giudicati, si cura di più lo stile. Non soltanto: può anche darsi che dallo scrivere si tragga effettivamente un sollievo. Ecco, adesso per esempio, mi pesa particolarmente un antico ricordo; chissà perché sono indotto a pensare che se lo metterò sulla carta riuscirò a liberarmene. E allora perché non provare? “ Memorie dal sottosuolo p. 59


Dostoevskij, Fëdor Michajlovič. - Scrittore russo nasce a Mosca il 30 ottobre 1821, secondo figlio di un piccolo nobile, ex ufficiale medico, che lavora all’ospedale dei poveri dell’Istituto Educativo di Mosca.

Nell’infanzia la sua vita è molto modesta e la miseria e la tristezza che la caratterizzano lasciano una durevole traccia nell’animo dello scrittore. L’unica luce è costituita dall’affetto della madre mentre non ha un bel rapporto col padre duro e dispotico verso il quale solo prova soggezione e timore.

La madre muore nel 1837 quando lo scrittore ha solo 16 anni e si trasferisce col fratello a Pietroburgo dove studia presso la scuola militare d'ingegneria. Terminati gli studî nel 1843, è promosso ufficiale, ma preferisce dedicarsi alla letteratura. Conduce una vita piuttosto disordinata contraendo debiti, traduce autori contemporanei francesi (Balzac, Sand) e inizia a scrivere.

Il racconto "Povera gente" ha molto successo ed entusiasma N. A. Nekrasov e V. G. Belinskij che lo fanno pubblicare sull’Almanacco di Pietroburgo. Questo è il suo periodo di maggior fortuna nel quale scrive molto ed è apprezzato in vari Circoli Letterari.

Viene arrestato il 23 Aprile 1849 insieme agli altri componenti del circolo di Petraševskij,  qui si credeva in un socialismo utopistico, l’accusa è di cospirazione per aver letto in pubblico la lettera di Belinskij a Gogol′. E' condannato a morte ma l'esecuzione viene sospesa quando egli era già sul patibolo, e viene mandato a passare quattro anni di lavori forzati in Siberia dove poi verrà arruolato come soldato semplice. Mentre si trova lì fa amicizia con un influente Barone che lo aiuterà a rientrare in Russia.

Sposa nel 1857 la vedova Mar′ja Dmitrievna Isaeva. Affianca alla scrittura l’attività di giornalista ed editore, pubblica "il Tempo" che verrà proibito nel 1863 e "Epoca" proibita nel 1865. Nelle sue pubblicazioni sostiene la cosiddetta “filosofia della terra” che critica duramente sia il liberalismo che il socialismo (che viene considerato un derivato del primo) in quanto tali concezioni sarebbero unilaterali e false perché condizionate dal distacco del ceto degli intellettuali dalla terra e cioè dai contadini.

In questi anni è diviso dalla moglie che si reca a Mosca a curare la tisi e inizia una relazione con Apollinarija Suslova, con la quale viaggia all’estero, a Parigi e in Italia.

Nel 1864 a breve distanza di tempo muoiono la moglie e il fratello e Dostoevskij si trova in una situazione di grave indigenza, decide di partire per sfuggire ai creditori e inizia a scrivere Delitto e Castigo che esce a puntate nel 1866 su il "Messaggero Russo."

Ad un certo punto si ritrova a dover stendere il romanzo il Giocatore in meno di trenta giorni per onorare un obbligo contratto con un editore e, per agevolarsi il lavoro, assume una stenografa, Grigor’evna Snitkina, che diventerà la sua seconda moglie.

Assaliti dai creditori fuggono all’estero dove stanno quattro anni, lo scrittore è preso dalla passione per il gioco e dilapida i suoi risparmi, sono anni durissimi vissuti in totale miseria.

Nel 1871 i coniugi rientrano a Pietroburgo dove nasce il figlio maschio. Dal 1873 diventa redattore responsabile della rivista il Cittadino, in questo periodo le sue opinioni politiche si tingono di un colorito reazionario ed egli condivide le aspirazioni nazionalistiche e panslavistiche molto in voga in quegli anni.

Nel 1877 si ritira in campagna dove continua a scrivere ormai è una gloria nazionale e viene spesso chiamato a partecipare a pubbliche manifestazioni di carattere letterario.

La sua personale apoteosi e consacrazione avviene nel giugno 1880 quando pronunzia il famoso discosro su Puškin in occasione dell’inaugurazione del monumento al poeta a Mosca.

Muore a Pietroburgo il 28 gennaio del 1881, circa sette mesi dopo aver concluso la stesura dei Fratelli Karamazov, a causa di un attacco epilettico.


RESOCONTO

Il romanzo di Dostoevskij Memorie dal sottosuolo non ha lasciato indifferenti i partecipanti del Gruppo.

Qualcuno non ha completato l’intera lettura perchè infastidito dal personaggio e dall’ambientazione molto cupa. Il romanzo effettivamente non si presenta come una lettura scorrevole, la prima parte è un monolgo in cui il protagonsta parlando di sè e del suo modo di essere si contrappone in modo deciso al pensiero razionalista e positivista contemporaneo che vuole spiegare tutto con la ragione e se ne discosta in modo dissacrante facendogli la mossa della linguaccia.

L’uomo del sottosuolo è l’uomo senza miti cioè non riconosce nessun limite alla sua libertà che però è totalmente vuota di contenuto. Il sottosuolo è la solitudine è l’esclusione dal consorzio umano ma è anche quel luogo tenebroso che alloggia in ogni individuo e che trenta anni più tardi Freud definirà inconscio.

La seconda parte invece è un racconto di un episodio della sua vita in cui il protagonsta si è venuto a trovare e dalla cui narrazione appare tutta la sua nevrosi e il suo brutto carattere.

Del resto il romanzo inizia proprio così “sono un uomo malato…sono un uomo cattivo” Qualcuno lo descrive come un povero uomo con problemi psicologici e molto solo, la sua condizione è disastrosa perchè non fa nessuno sforzo per coltivare rapporti umani. Tutto il racconto si svolge in modo cupo, anche l’ambiente e i personaggi che descrive lo sono. Infatti, vive in una squallida periferia della città di Pietroburgo, in una casa spoglia e disadorna e anche nel momento in cui scende la neve la descrive come neve fradicia in modo dispregiativo.

Anche la neve simbolo di purezza, candida, immacolata qui è “neve fradicia, sporca, giallastra”. Il protagonista distrugge e si distrugge oscilla in modo nevrotico tra sadismo e masochismo, racconta episodi in cui emerge il suo cinismo, sempre vive un estenuante conflitto interiore, provoca e prova godimento nell’essere malvagio e suscitare violenza.

Qualcuno si è forzato di proseguire la lettura per cercare di capire il messaggio dell’autore, vedere fino in fondo dove l’avrebbe portata la narrazione e tra le righe ha scorto una personalità malata, nevrotica, arrabbiata e con tendenze sadomasochistiche.

Qualcuno ha trovato il racconto molto attuale quando descrive la società dell’apparenza a cui importa solo farsi notare. Inoltre, l’autore descrive bene i ragazzi che sono popolari a scuola, mentre il protagonista già da ragazzo era emerginato ed escluso dal gruppo.

Le parole sono accurate a volta difficili, dietro ad ogni frase si cela un significato più profondo e nascosto. Preponderante è la sofferenza, è il racconto di un uomo che soffre, sicuramente Dostoevskij ha conosciuto questo sentimento, sicuramente in Siberia negli anni della carcerazione si sarà misurato con un certo sottosuolo, il torbido della società.

Il protagonista cerca quasi la sofferenza, provoca per essere umiliato e nel soffrire trova quasi una forma di compiacimento. L’unico personaggio positivo è Liza, lo ascolta, lo va a cercare e si dimostra l’unica che coglie la grande sofferenza nascosta dietro a tanta malignità e cattiveria.

Lei non cerca come lui una lotta, vuole aiutarlo ed essergli vicina, senza dire una parola gli mostra la strada della salvezza e lui solo con lei conosce un istante di totale, autentico abbandono e scoppia a piangere, le confessa tutta la sua infelicità, tutta la sua miseria e abiezione a cui l’ha ridotto quella continua lotta con gli altri in cui consiste la sua vita.

Per un attimo capisce che non esiste resurrezione possibile senza amore, la sua coscienza si risveglia davanti a questa sconosciuta che per lui prova comprensione e tenerezza ma dopo poco ripiomba nel suo sottosuolo, l’unico mondo che conosce dove imperversa la logica della lotta per il predominio.

Questo racconto è quasi privo di trama solo traspare il vissuto interiore del protagonista che confessa anche ciò che per i più rimane incofessabile anche a loro stessi. Il personaggio è assolutamente nuovo diviene quasi il capostipite dell’antieroe a cui probabilmente si sono ispirati altri grandi della letteratura come Pirandello o Svevo.

7 - GOTICO AMERICANO di Arianna Farinelli

Il 14 Maggio abbiamo parlato di Gotico americano di Arianna Farinelli.

"Non era riuscita a convincere Tom che la vita che gli offriva significava la felicità per entrambi. Lui si era anche sforzato di vivere come voleva lei, ma era stato come recitare una parte edi questo ora Bruna si sente profondamente responsabile.

Possiamo levigare la superficie, addolcire le asperità, riempire qualche crepa ma cambiare no, neppure per amore. E se qualcuno cambia è perchè il cambiamento era già dentro di lui. Aspettava solo di venire alla luce." P.150

"In America la perfezione si raggiunge solo con l'affermazione sociale. I soldi e il successo lavano via tutto quello che è venuto prima. I Bene a questo avevano creduto fin dall'inizio. Era come se avessero ricercato la perfezione nel Nuovo Mondo per cancellare l'amara imperfezione del Vecchio. E cancellando quella avessero perso anche parte della loro umanità." P. 194

"E' l'amore incondizionato che cerchiamo per tutta la vita. A volte lo troviamo ma non riusciamo a riconoscerlo. Altre volte non possiamo o non sappiamo riceverlo. Quasi mai riusciamo a donarlo."P. 173

NOTE BIOGRAFICHE

Arianna Farinelli è nata a Roma nel 1975. Dal 2001 vive negli Stati Uniti.

Ha due figli adolescenti. Ha sempre voluto scrivere ma prima ha preferito fare altre scelte.

Nel 2009 ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze politiche e dal 2010 insegna Scienze Politiche al Baruch College della City University of New York.

Gotico americano è il suo primo romanzo.



RESOCONTO

Come promesso Arianna Farinelli ha preso parte al nostro gruppo collegandosi da New York e arricchendo la discussione con tantissimi argomenti riguardanti sia l’intreccio del suo romanzo che i molteplici temi trattati, approfondendoli insieme a noi.

Il romanzo, infatti, parla della società americana di oggi con uno sguardo sulle varie comunità di emigrati che la compongono e su questo l’autrice ha fatto un interessante approfondimento descrivendoci come sono coesi e quanto differiscono tra loro i vari gruppi ormai da anni insediati stabilmente in America e gli elementi che li caratterizzano.

Il gruppo più penalizzato sia per origine che per restrizioni anche legislative è quello afroamericano, al cui fianco coesistono quello asiatico sudamericano e italoamericano che sono i più numerosi. I migranti sono stati spinti da un sogno che prendeva corpo già al loro arrivo a Ellis Island, l’autrice li chiama migranti per felicità. E ci svela che attinge la definizione dalla Costituzione Americana e che Benjamin Frankin si appropriò della locuzione il “diritto alla felicità” dal nostro giurista napoletano Gaetano Filangeri.

L’America, inoltre, è descritta come una società dove la perfezione si raggiunge solo con la scalata sociale, solo chi ottiene un ragguardevole tenore di vita può definirsi arrivato. L’autrice, tra le righe del racconto, ci fa capire che il celebre sogno americano sembra finito. Nel romanzo emerge anche la chiusura e l’arretratezza della comunità italo americana che però nel corso degli anni ha avuto una sorta di riscatto e si è potuta integrare e arricchire pur rimanendo molto retrograda.

Anche la tematica transgender è affrontata nel racconto, qualcuno osserva che la densità di argomenti trattati fa sembrare il romanzo un saggio su cui è cucita la trama del racconto, altri invece ritengono la storia avvincente e ricca di tanti approfondimenti e temi di attualità con lo sguardo rivolto anche alle questioni geopolitiche più importanti degli ultimi anni quali l’Isis e il terrorismo, con un focus anche sul mediooriente, la terra del profeta Yunus.

All’autrice chiediemo quanto c’è di lei nella protagonista e lei ci svela che le somiglianze sono molte e che molte esperienze di Bruna sono state da lei davvero vissute. Solo il personaggio del coprotagonista Yunus è completamente opera della sua fantasia pieno delle qualità che lei stesa vorrebbe avere: egli, infatti, dimostra una grande capacità di amare, generoso e puro in tutte le scelte che fa, butta il cuore oltre l’ostacolo e va con coraggio, e ridendo ci confessa che le piacerebbe molto incontrarlo.

Un altro tema è quello della difficoltà che hanno le donne ad emergere nel lavoro, in particolare non c’è grande attenzione per la donna che decide di mettere su famiglia, nemmeno le colleghe donne solidarizzano su questo aspetto. Così proprio come emerge dall’episodio con la ricercatrice che definisce Bruna una donna degli anni 50 perchè lascia il posto di lavoro ad una certa ora per andare dai suoi figli.

Ci racconta anche che molti ragazzi dei quartieri poveri non hanno a disposizione scuole adeguate e pertanto sono loro preclusi in partenza gli accessi alle Università più prestigiose, e all'istruzione in generale quella che è anche definita ascensore sociale.

Qualcuno le chiede, visto che all’interno del romanzo tutti ipersonaggi sono in cerca di un’identita, che per lo più trovano riconoscendosi nel gruppo etnico di appartenenza e individuando un nemico contro cui combattere, ma allora sentirsi cittadino del mondo, la cosiddetta cosmopolitan democracy, non è forse un’utopia?

L’autrice ci dice di credere in questo ideale e di farlo presente anche ai suoi studenti che spesso sono scettici e lei risponde facendo loro ascoltare la canzone di John Lennon Imagine.

Poi siamo andati su temi di strettissima attualità, il suo pensiero è che la strategia di chiusura in se stessi degli Stati per combattere il covid 19 si è rivelata fallimentare, dal momento che ora siamo tutti profondamente connessi.

Inoltre ci spiega che lei ha potuto guardare con disincanto alla società americana in quanto straniera, così come, nelle Lettere Persiane, Montesquieu fa narrare della società francese a due stranieri di Ispahan, solo loro hanno quello sguardo distaccato che rivela cose nuove e sconosciute agli stessi abitanti.

Arianna ci ha fatto notare come ancora oggi tantissime donne si sentono realizzate solo se contraggono matrimonio, la religione viene vissuta alla lettera ed esite una grandissima differenza tra centri urbani e periferie. Inoltre, per Arianna il definirsi attraverso l’individuazione del nemico significa giungere all’autodistruzione, questo è proprio uno dei temi su cui ha fatto leva Trump durante la campagna elettorale.

Ecco come la scelta del titolo sia caduta su “Gotico Americano” quel celebre quadro di Grant Wood che raffigura l’America coloniale che si difende col forcone e che dimostra di credere in modo solo superficiale alle moltissime confessioni religiose.

I due personaggi raffigurati hanno colpito l’autrice per i loro sgaurdi: lui interdetto lei aggressiva e ha pensato che gran parte degli americani si sono fermati ai tempi di quell'America.

Durante la campagna elettorale l’autrice si è imbattuta in una foto che riproduceva in modo satirico il soggetto del quadro con cappellino da baseball e la scritta “vote Trump” e ha capito che quello doveva essere proprio il titolo del suo libro.

Sul finale ci parla della storia di Yunus, che da piccola le raccontava la nonna per dormire, Giona o Yunus che viene inghiottito dalla balena perchè si rifiuta di obbedire al comando divino. Il protagonista Yunus qui non è da meno e quella balena che copre sotto tre strati di oscurità sarà anche il suo destino a cui con coraggio non si sottrae.

Poi però, lascerà la testimonianza del suo amore in uno scritto che costituisce quasi un romanzo nel romanzo, eh già perchè amore e letteratura non muoiono mai, non poteva salutarci con parole più belle e vere.

Grazie Arianna Farinelli ci hai incantato con la tua gentilezza e grande capacità di trasmettere sapere, ci hai promesso di tornare a trovarci e noi ti prendiamo in parola!

 INCONTRO 6 - IL PADRE INFEDELE di Antonio Scurati

Il 7.5.2020 abbiamo parlato de "Il padre infedele" di Antonio Scurati.

"Non ricordo dove fossimo diretti ma rammento che tra noi correva una chiacchera leggera, dilatoria e perifrastica. Divagavamo, eludevamo, rimembravamo. Le coppie segnate dagli anni hanno ottime e numerose ragioni per non parlarsi, è stato detto. Vero. Ma è anche vero che hanno altrettante ragioni per scongiurare il silenzio. Si parlano, allora, come nei film d'azione si parla al ferito grave: per tenerlo desto ed evitare che si abbandoni al languore del sonno, per poi di lì scivolare nel torpore ultimo della morte." P.38

"Questa è la tradizione, questo il succo di tutta la faccenda. La vita non tua, la vita prestata che però tu trasmetti in prima persona, tu che per un istante t'insedi nel luogo delle risonanze, ti fai diapason, albero, ramo e foglia perchè il vento fischi, passandoti attraverso, la vita di tua figlia che s'infutura lasciandoti indietro."P.131

"Eppure nessuno ci faceva caso. Tutti chiacceravano, cinguettavano e sgranocchiavano. L'avventura dell'umanità ormai, si polarizzava agli estremi tra un tweet e uno snack. Tuttavia nessuno sembrava darsene pensiero. La gente della moda, conclusi, rimaneva indifferente perchè, se il futuro fosse dipeso dai suoi tassi di riproduzione, quell'avventura sarebbe già finita da un pezzo". P.151  




Antonio Scurati è nato a Napoli il 25 Giugno 1969 ed è cresciuto a Venezia. Si è laureato in Filosofia all'Università degli Studi di Milano, poi ha proseguito gli studi presso l'Ecole des Hautes Études Sciences Sociales di Parigi, infine, ha completato la sua formazione conseguendo un dottorato di ricerca in Teoria e analisi del testo all'Università di Bergamo.

E’ stato professore a contratto nell'ateneo bergamasco, coordinando il Centro studi sui linguaggi della guerra e della violenza. Nelle sue vesti di ricercatore, si è occupato a lungo delle rappresentazioni della guerra nella tradizione occidentale, degli influssi sociali delle esperienze storiche e mediatiche di violenza estrema ed eventi traumatici. La sua attenzione di scrittore e di studioso si è sempre dedicata, inoltre, ai temi della competizione tra cronaca e storia, del rapporto tra cultura letteraria e cultura mediale, dell’educazione delle nuove generazioni, delle residue possibilità di trasmissione in forme nuove della nostra tradizione culturale e delle mutazioni all’interno della vita famigliare e sentimentale.

Presso l'Università di Bergamo ha insegnato, inoltre, Teorie e tecniche del linguaggio televisivo ed è stato ricercatore in Cinema, Fotografia, Televisione.

Dal 2008 insegna alla IULM di Milano, dove attualmente è professore associato e svolge attività nell'ambito del Laboratorio di Scrittura Creativa e del Laboratorio di Oralità e Retorica.

E’ anche editorialista del settimanale Internazionale e del quotidiano La Stampa.

Dopo anni di ricerche, nel settembre del 2018 ha dato alle stampe «M – Il figlio del secolo», primo volume di una trilogia romanzesca su Benito Mussolini, che è rimasto per un anno nella classifica dei libri più venduti, ha suscitato un vasto dibattito internazionale ed è stato insignito del Premio Strega.

Dal settembre 2019, inoltre, collabora con il Corriere della Sera.

BIBLIOGRAFIA

SAGGI

- Guerra. Narrazioni e culture nella tradizione occidentale 2003

- La letteratura dell’inesperienza 2006

- Gli anni che non stiamo vivendo 2010

- Dal tragico all'osceno. Raccontare la morte del XXI secolo 2016

ROMANZI

- Il rumore sordo della battaglia 2002

- Il sopravvissuto 2005 (Premio Campiello)

- Una storia romantica 2007 (Premio Super Mondello 2008)

- Il bambino che sognava la fine del mondo 2009

-La seconda mezzanotte 2011

- Letteratura e sopravvivenza. La retorica letteraria di fronte alla violenza 2012

- Il padre infedele 2013 (finalista al Premio Strega 2014)

- Il tempo migliore della nostra vita 2015 (Premio Viareggio narrativa 2015 e finalista al premio Campiello)

- Dal tragico all'osceno. Raccontare la morte nel XXI secolo 2016

- M. Il figlio del secolo 2018 (Premio Strega 2019)


RESOCONTO

Anche durante questo incontro la discussione è stata vivace e sono stati toccati molti temi presenti in questo romanzo così ricco di spunti di riflessione.

E’ stato notato che il linguaggio è molto ricercato, raffinato, colto. In molti punti emerge l’ironia.

Tra i temi trattati si ritrova il problema della genitorialità nella società dei consumi.

Molti hanno apprezzato il fatto che il romanzo fosse ambientato a Milano riconoscendo i luoghi descritti: l’Università Statale, la Torre Velasca e alcuni quartirei dove la storia è narrata.

Il protagonista colpisce per la sua ricerca inquieta e dolente della propria identità di uomo e di marito.

La società descritta è quella contemporanea con le promesse mancate della rivoluzione sessuale qui l’uomo e la donna non trovano un punto di incontro. Il racconto è ricco di spunti ironici che cercano di attenuare lo scenario della società in declino.

Anche il titolo non per tutti ha un significato condiviso, per alcuni il protagonista ha paura di non essere un buon padre per sua figlia soprattutto quando compie cose degradanti. Mentre per altri, non avendo coltivato un buon rapporto con suo padre pensa di non poterlo essere a sua volta, questo configura una sorta di infedeltà al ruolo di padre non avendo modelli di riferimento.

Punto focale del romanzo è l’affannosa ricerca di identità che l’uomo di oggi insegue in una società che semplifica tutto e tende alla spersonalizzazione dell’individuo e che qui trova il suo apice durante tutta la gravidanza della moglie tanto che al corso preparto le ostetriche chiamano tutti solo con l’appellativo papà. Il rapporto con la moglie è quasi inesistente ma dietro all’alibi che si costruisce di essere da lei rifiutato il protagonista appare come un personaggio egocentrico, immaturo e poco equilibrato.

A qualcuno non è piaciuto lo scenario del racconto che lascia intravedere degrado, pessimismo, poco amore e tanta solitudine, Glauco Ravelli trova un riscatto solo nell’ultima parte quando si riavvicina al padre e inserisce di nuovo i suoi piatti tradizionali all’interno del suo menu, cosa che aveva sempre rifiutato quando aspirarva alla stella michelin.

Per molti questo romanzo rappresenta bene lo spaccato della nostra società dei consumi attarverso la storia del protagonista che ci fornisce un interessante punto di vista maschile e si fa portavoce di una generazione che ha vissuto il più lungo periodo di pace dal dopoguerra che però si rivela centrata solo sull’apparire e che non è riuscita a costruire un mondo nuovo. I rapporti oscillano tra amore e voracità sessuale. La generazione degli aperitivi e dello stare solo sulla superficie delle cose. Il protagonista è scosso dalla nascita della figlia, con la quale impara la tenerezza. La conclusione è positiva, sembra dire: “non sono perfetto sono umano e faccio quello che posso”.

Qualcuno non ha gradito il linguaggio molto intellettuale che non lascia spazio alle emozioni, queste infatti non sono descritte con le parole ma con immagini.

Per quasi tutto il romanzo sembra prevalere la parte mentale del protagonista che solo alla fine entra in contatto con la sua parte più profonda e vera ed è come se finalmente riuscisse a far pace col suo cuore.

INCONTRO 5 - TUTTA LA LUCE DEL MONDO di Aldo Nove


Il 30 Aprile abbiamo parlato insieme a Aldo Nove che si è collegato con noi di " Tutta la luce del mondo" il suo romanzo storico su San Francesco.

“Quando nella vita c’è un momento in cui tutto cambia perchè lo vuoi , lo vuoi e lo devi fare, inizi la manovra che ti prende e ti porta altrove, per sempre, ovunque tu sia, ti rende stabile altrove, anche se rimane stabile il centro. E’ in quel momento. Inizia il movimento. Francesco non era più quello di prima, le maschere che tutti mettono per inscenare un’esistenza non avevano più senso, e Francesco quel giorno la maschera se la sarebbe tolta, e senza maschera un uomo è nudo, e la piazza quel giorno era gremita e voleva vedere come poteva un uomo restare nudo. Nudo.” P.81

"Il Valdarno, nel centro esatto dell'Italia, forma una sorta di territorio distinto, il Casentino. Per secoli, ha vissuto una vita propria, come un'isola nell'oceano dei travagli del tempo. Ne esce a sud per una gola, mentre da ogni parte l'Appennino lo circonda con una sequenza ininterrotta di montagne inaccessibili, chiudendolo muto come una bocca serrata da denti famelici. Il segreto di un leone di rocce silente."   P.183

  “Francesco viveva ormai il tempo in due differenti forme, ed entrambe, l’una al fianco dell’altra, lo attraversavano, e nell’una e nell’altra era contemporaneamente immerso, e mai era esattamente in una onell’altra. Una era il tempo di tutti, quello che per un istante appare e presto incanutisce,e qualcosa ne rimane in spoglia, come memoria e poi scompare. Il tempo che aveva inseguito degli amori e delle battaglie, il tempo delle creature nella loro debolezza e nella loro esuberanza, delle bellezze in fiore e del loro inesorabile sfiorire. L’altro tempo non era nella sostanza diverso da quello, ma neriassumeva l’intero flusso in un istante e quello lui chiamava rapimento.” P.190



Aldo Nove è lo pseudonimo del poeta e scrittore italiano Antonio Centanin nato a Viggiù il 12 Luglio del 1967.

E’ stato inserito da Edoardo Sanguineti nel capitolo sulle avanguardie della letteratura italiana del suo Atlante del Novecento Italiano. E infatti sin dai suoi acclamati esordi letterari la sua scrittura è stata sorprendente, dinamitarda, pop, modernissima.

Dopo essersi laureato in filosofia morale, è stato autore di alcune raccolte poetiche: Tornando nel tuo sangue, 1989; Musica per streghe, 1991; La luna vista da Viggiù, 1994 e ha esordito nella prosa con i racconti Woobinda e Altre storie senza lieto fine 1996 e il romanzo Puerto plata market 1998, che è stato collocato dalla critica nel genere pulp, in voga in Italia alla metà degli anni Novanta, per lo stile accattivante, il linguaggio crudo e i temi violenti.

Nel 2000 con la pubblicazione di Amore mio infinito e con i successivi La più grande balena morta della Lombardia 2004, Zero, il robot 2008, La vita oscena 2010, Nove si è dimostrato uno scrittore eclettico, in grado di muoversi con capacità in diversi generi, passando ad uno stile intimista ed esistenzialista, fino ad affrontare questioni sociali della contemporaneità come in Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese del 2006.

Nel 2006 il cantautore Bugo scrive una canzone intitolata “Amore mio infinito”, chiaro tributo a Aldo Nove che compare anche nel videoclip della stessa e nel 2008 l’autore collabora col cantante alla stesura del testo della canzone “Balliamo un altro mese”.

Nel 2013 è uscito Mi chiamo… dove lo scrittore ripercorre la vita della grande artista Mia Martini, cui hanno fatto seguito il romanzo storico Tutta la luce del mondo 2014, Un bambino piangeva 2015, Anteprima mondiale e All'inizio era il profumo 2016.

Qui l'ingegno di Aldo Nove non solo è polifonico, ma anche spiazzante. Nessuno avrebbe ipotizzato che riuscisse a produrre una storia del mondo attraverso i profumi, densa di dotte citazioni, dove emerge anche la sua concezione spirituale, si esprime al contempo in uno stile lineare e poetico ma dove anche, per la prima volta, lascia trasparire la vaga malinconia del tempo che passa, la sensazione di un mondo che è cambiato e non in meglio.

Nove è, inoltre, autore per il cinema e il teatro e collabora per diversi quotidiani e riviste.

Tra le altre cose, è stato testimonial del noto marchio Hogan per il quale ha scritto lo slogan "Versi che calzano a pennello". La pubblicità appare nel retrocopertina di tutti i volumi Bompiani InVersi, collana di poesia diretta da Aldo Nove e Elisabetta Sgarbi fra gli anni Novanta e i primi anni Duemila.




Questo incontro è stato davvero particolare per la prima volta abbiamo avuto l'autore presente, Aldo Nove, infatti, si è collegato con noi e un pò incalzato dalle nostre domande, un pò liberamente ci ha svelato i retroscena e ha approfondito alcune parti del suo romanzo.

Innanzitutto ha inquadrato la storia all'interno del tardo medioevo che è proprio lo scenario che accompagna tutta la narrazione, dicendo che allora la scienza non era importante come oggi, la regina delle discipline, infatti, era la teologia che insieme alla filosofia aveva la preminenza su tutte le altre scienze.

Ma non solo questo: dal romanzo si percepisce proprio il modo di vivere dell'uomo medioevale, le sue paure, l'alternanza netta tra luce e oscurità e la sua immaginazione potente. In questo scenario le figure di Francesco e Chiara generano una forte cesura con quello che era la Chiesa del tempo.

Francesco poi è stato il primo ad avere le stimmate dando così pienezza alla sua imitatio Christi.

L'autore ci ha raccontato che ci sono voluti tre anni di studi per completare il romanzo, oltre a molti viaggi ad Assisi dove è entrato in contatto con i Francescani con cui ancora oggi ha mantenuto una buona frequentazione. Particolare e affascinante è l'amore che lega Chiara e Francesco che per alcuni aspetti gli ha ricordato quello di Abelardo ed Eloisa, egli non esclude l'idea di scrivere un altro romanzo incentrato sulla figura di Chiara e basato sul loro rapporto epistolare.

Qualcuno ha notato che spesso il linguaggio usato è quello antico dell'epoca di Francesco, infatti l'autore riferisce di aver accolto il suggerimento di Umberto Eco che gli consigliava di riproporre alcuni brani ispirandosi al linguaggio delle prediche e dei trovatori ma il tutto in modo calibrato all'interno del racconto.

Originariamente l'autore aveva pensato di scrivere in prima persona ma non sentiva di riuscire a rendere la storia che così sembrava artefatta, ha quindi trovato l'espediente di far narrare il nipote Piccardo, avendo potuto verificare da fonti storiche che era davvero esistito un nipote di Francesco.

Altro elemento che compone il romanzo è la poesia alternata alla prosa e su questo punto Aldo Nove, che è anche poeta, ci ha rivelato che il suo maestro Nanni Balestrini spesso gli consigliava di mischiare la poesia con la prosa.

E’ stato davvero emozionante poter dialogare con l’autore e conoscere così l’evoluzione e i retroscena del romanzo, Aldo Nove è stato davvero affabile e disponibile nel rispondere alle nostre domande e curiosità, speriamo di rivedrerlo presto magari in Biblioteca a presentarci qualcuno dei suoi lavori.



INCONTRO 4 - LA PESTE di Albert Camus

Il 23.4.2020 abbiamo parlato de "La peste" di Albert Camus.

“Perciò, incagliati a mezza via tra quegli abissi e quelle vette, più che vivere galleggiavano,in balia di giorni senza direzione e di ricordi sterili, ombre erranti che avrebbero trovato forza solo accettando di radicarsi nella terra del loro dolore. Provavano così la soffrenza profonda di tutti i prigionieri e di tutti gli esuli, che è quella di vivere con una memoria che non serve a niente. Persino il passato a cui pensavano in continuazione aveva solo il sapore del rimpianto. Avrebbero voluto, infatti, potergli aggiungere tutto ciò che si rammaricavano di non aver fatto, quando ancora era possibile con colui o colei che aspettavano – così come a tutte le circostanze, anche relativamente felici, della loro vita di prigionieri rendevano partecipe l’assente, e ciò che erano allora non poteva bastargli. Insofferenti al presente, nemici del passato e privi di futuro, eravamo come quelli che la giustizia o l’odio umani fanno vivere dietro le sbarre. Per finire, l’unico modo per sottrarsi a quella vacanza insopportabile era far ripartire i treni con l’immaginazione e riempire le ore con gli squilli ripetuti di un campanello pur ostinatamente silenzioso.”P.49/50

“Si proprio come l’astrazione la peste era monotona. Una sola cosa forse cambiava, era Rieux stesso.”p.61

"So per certo che ciascuno la porta dentro di se’ la peste, perché nessuno, no, nessuno al mondo ne è immune. La sola cosa naturale è il microbo. Il resto, la salute, l’integrità, la purezza, in un certo senso sono frutto della volontà, e di una volontà che non deve mai venire meno. L’uomo giusto è quello che non infetta quasi nessuno, è quello che si distrae il meno possibile. E ce ne vuole di volontà e di tensione per non distrarsi mai!"p.162





ALBERT CAMUS Premio Nobel per la Letteratura nel 1957, scrittore difficilmente annoverabile ad una specifica corrente letteraria.

Albert Camus nasce il 7 novembre 1913 in Algeria a Mondovi, oggi Dréan. Il padre, fornitore di uva per vinai locali, muore molto giovane durante la Prima Guerra Mondiale, nella battaglia della Marna, servendo "un paese che non era suo", come Camus annoterà nel suo ultimo lavoro "Le premier homme", incompiuto a causa della prematura scomparsa dell'autore.

Camus spicca negli studi; il professore Jean Grenier, con il quale instaura un'importante amicizia, lo spinge verso l'ottenimento di una borsa di studio per la prestigiosa università di Algeri.

Si iscrive al partito comunista: la sua è più una presa di posizione in risposta alla guerra civile spagnola, piuttosto che un reale interesse alle teorie marxiste; questo atteggiamento favorevole ma distaccato nei confronti delle ideologie comuniste, porterà Camus sovente al centro di discussioni con i colleghi; spesso oggetto di critiche, prenderà le distanze dalle azioni del partito, per lui poco utili al raggiungimento dell'obiettivo dell'unità degli uomini e dei popoli.

Sposa Simone Hie nel 1934 ma il matrimonio finisce presto. Sei anni più tardi la vita sentimentale di Camus riprende con Francine Fauré.

L'attività professionale lo vede spesso impegnato all'interno di redazioni di giornale: uno dei primi impieghi è per un quotidiano locale algerino tuttavia finisce presto a causa di un suo articolo contro il governo, che cercherà poi in tutti i modi di evitare una nuova occupazione di giornalista per Camus in Algeria.

Camus si vede costretto a emigrare in Francia dove collabora per "Paris-Soir" insieme al collega Pascal Pia: questi sono gli anni dell'occupazione nazista e Camus, dapprima come osservatore, poi come attivista, cerca di contrastare la presenza tedesca che ritiene atroce.

Negli anni della resistenza si avvicina alla cellula partigiana "Combat" per il cui omonimo giornale curerà diversi articoli.

Terminato il conflitto, il suo impegno civile rimane costante: Camus non si piega di fronte a nessuna ideologia, criticando tutto ciò che sembra allontanare l'uomo dalla sua dignità.

Lascia il posto all’UNESCO a causa dell'entrata nell’ONU della Spagna franchista. Sarà inoltre tra i pochi a criticare apertamente i metodi brutali del Soviet in occasione della repressione di uno sciopero nella città di Berlino est.

Dopo "Il mito di Sisifo" (1942), che costituisce una forte presa di coscienza sull'analisi delle assurdità umane, pubblica nel 1952 il saggio "L'uomo in rivolta", che lo porterà in polemica con la rivista "Les temps modernes" e alla rottura dei rapporti con Jean Paul Sartres, con il quale aveva intrapreso numerose collaborazioni, sin dal secondo dopoguerra.

Esce idealmente dalla categoria degli "esistenzialisti", a cui molti critici lo avevano relegato ma alla quale Camus si era sempre sentito estraneo.

Camus nei suoi lavori ha sempre ricercato in modo profondo il legame tra gli esseri umani, cercando di comunicare quell'assurdo insito nelle manifestazioni umane come la guerra o, in generale, le divisioni di pensiero, che Camus indica come azioni inconsapevoli volte a recidere il legame stesso tra gli individui.

Muore il 4 gennaio 1960 a causa di un incidente automobilistico, avvenuto nella cittadina di Villeblevin. Camus aveva in passato avuto modo di esprimere più volte che un incidente d'auto sarebbe stato il modo più assurdo di morire.

In tasca aveva un biglietto ferroviario non utilizzato: si crede avesse pensato di compiere quel viaggio in treno, cambiando idea solo all'ultimo momento.

La sua "filosofia", che fa tutt'uno con la scena poetica di scrittore, parte dalle sue riflessioni sul destino dell'uomo, nel suo svolgimento assurdo e irrazionale in una realtà ineluttabile, in cui possono trovare posto, per la forza delle circostanze, il delitto quasi involontario o ingiustificabile, la beffa dell'equivoco.

BIBLIOGRAFIA SINTETICA

Romanzi Lo straniero, 1942 La peste , 1947 La caduta, 1956 La ghigliottina, 1958 Il primo uomo, 1959 (postumo e incompiuto)

Saggi Metafisica cristiana e neoplatonismo,1935 Il rovescio e il diritto, 1937 Nozze, 1938 Il mito di Sisifo, 1942 L'uomo in rivolta, 1951 L'estate, 1954 Riflessioni sulla pena di morte, 1957 Taccuini 1935-1959, Bompiani 1963 La rivolta libertaria, Elèuthera 1998 Mi rivolto dunque siamo, scritti politici, Elèuthera 2000

Opere teatrali Caligola, 1944 Il malinteso, 1944 Lo stato d'assedio, 1948 I giusti, 1950 I demoni, 1959, adattamento teatrale dell'omonimo romanzo di Dostoevskij. La devozione alla croce, 2005


Anche questa volta la discussione è stata molto partecipata e interessante, il romanzo è stato analizzato sotto molti punti di vista e sono stati toccati tutti gli importanti temi che lo caratterizzano.

La cosa che ha colpito maggiormente è la grande attualità del soggetto trattato, anche chi aveva già letto il libro, rileggendolo, si è trovato a vedere descritte situazioni che noi stiamo vivendo proprio in questi giorni a causa della pandemia.

Qualcuno si è soffermato sull’aspetto del tempo che viene descritto in modo differente: all’inizio del romanzo il tempo passa in modo neutro, gli uomini sono sempre uguali a se stessi il cambiamento nella città di Orano è solo a livello climatico; quando uomo si distrae il male si annida in questa distrazione, senza disordine non c’è sentimento e non nasce l’emozione. Il racconto si dipana in un climax di sentimenti che vanno dallo smarrimento alla minaccia fino alla consapevolezza che genera angoscia. Andando avanti le emozioni prendono il sopravvento e il tempo è come dilatato e ovattato.

Perchè Camus ha scritto questo libro dato che la peste non c’è mai stata ad Orano? La peste è un simbolo, rimanda all’atrocità della guerra appena conclusa e delle ideologie che stravolgono il senso dell’umano. La peste è come il male, sta dentro ogni uomo e si può manifestare oppure rimanere silente ma non passa mai.

"So per certo che ciascuno la porta dentro di se’ la peste, perché nessuno, no, nessuno al mondo ne è immune. La sola cosa naturale è il microbo. Il resto, la salute, l’integrità, la purezza, in un certo senso sono frutto della volontà, e di una volontà che non deve mai venire meno. L’uomo giusto è quello che non infetta quasi nessuno, è quello che si distrae il meno possibile. E ce ne vuole di volontà e di tensione per non distrarsi mai!"p.162

Sono, inoltre, stati esaminati I vari personaggi che insieme comunicano un grande senso di amicizia e solidarietà anche se tutti tra loro molto diversi.

Il dottor Rieux forse rappresenta quello che per Camus era l’ideale di uomo, colui che, completamente calato nella realtà quotidiana, fa il suo dovere. Camus è contro la disumanità che chiama astrazione, contro l’eroismo e contro le ideologie. La gioia per l’autore va saputa cogliere e si manifesta in quei momenti in cui si realizza ciò che è consentito entro I limiti umani.

Anche altri personaggi sono stati esaminati come Tarrou che assume il compito di capire gli altri e segna tutte le situazioni degne di nota nei suoi taccuini, tra lui e il dottore nasce una profonda amicizia suggellata da quel bagno in mare che si concedono quando ormai la peste sembra vinta.

Paneleux, il prete, affronta la peste con gli strumenti che la religione gli fornisce due sono le sue prediche attraverso le quali diffonde il suo credo: nella prima si scaglia verso gli ascoltatori proclamando a gran voce che la peste costituisce la punizione per I peccati commessi, ma dopo aver assistito impotente alla morte del bambino modula il tiro, arrivando a sostenere che la peste è lo strumento che Dio usa per mettere alla prova gli uomini come già fece con Giobbe e solo chi è sostenuto dalla fede può accettare tutto il bene e tutto il male e la malattia che esistono nel mondo.

Qualcuno ha apprezzato il giornalista Rambert per la generosità dimostrata nell’aiutare e per la capacità di rinunciare ai suoi piani per lottare insieme agli altri contro la peste. Anche Grand con l’incipit dell’amazone ha colpito i lettori per la sua pervicacia nel voler ottenere la frase stilisticamente perfetta e ha intenerito per via delle sue pene d’amore.

Lo stile colpisce in alcuni passaggi diventa poetico e il liricismo si fa spazio tra la prosa, questo genera un’antitesi forte, qualcuno leggendo si è sentito trasportare da questa particolarità e il pensiero ha spaziato oltre I confini del racconto.

Qualcuno, infine, ha sottolineato l’analisi antropologica che l’autore fa della situazione particolare che porta a fare riflessioni su se stessi.

INCONTRO 3 - IL PARROCO DI TOURS di Honorè de Balzac

Il 16.4.2020 abbiamo parlato de "Il Parroco di Tours" di Honorè de Balzac.







NOTE BIOGRAFICHE DELL'AUTORE

Romanziere francese, nasce a Tours nel 1799 e muore a Parigi nel 1850.

 Dal 1816 al 1819 segue i corsi di diritto a Parigi ottenendo il diploma di bachelier en droit. Dopo un tentativo non riuscito di diventare tragediografo, trascorre alcuni anni scrivendo nei "petits journaux" e pubblicando alcuni romanzi a tinte forti, che però non firma. 

Tenta anche varie imprese: editoria, tipografia, fonderia di caratteri tipografici, che si rivelano però fallimentari. 

E’ un narratore estremamente prolifico e dai toni improntati a un acceso realismo, nella sua opera ha cercato di rappresentare i molteplici aspetti della società francese della prima metà dell'Ottocento. 

La sua costellazione narrativa è stata da lui stesso raccolta ne “La Comédie humaine” pubblicata tra il 1842 e il 1848 in 16 volumi, si compone di 134 romanzi in cui si collegano avvenimenti e personaggi, in uno sviluppo ciclico di antefatti e di azioni vissute in ambienti diversi, per arrivare a una rappresentazione completa, orizzontale e verticale, della società del tempo. 

Questa raccolta ricorda ‒ in una dimensione terrena ‒ il poema di Dante Alighieri. Questo titolo permette di organizzare i romanzi in un sistema unitario in cui i diversi libri hanno la funzione di mattoni, o di tasselli che compongono un mosaico, o di pezzi che si incastrano a formare un puzzle. 

Ogni romanzo è autonomo ma nello stesso tempo collegato agli altri che costituiscono l'edificio della Commedia Umana. 

Il romanziere ha dunque l'ambizione di lavorare non solo come un architetto, ma anche come un sociologo, uno storico della contemporaneità e persino un filosofo che, dopo aver messo in scena lo spettacolo della società, giudica, interpreta e indaga sui meccanismi nascosti dietro le quinte del palcoscenico.

 Inoltre, Balzac ha dimostrato interesse per lo spiritualismo di Emanuel Swedenborg (Séraphita, 1835). Ha viaggiato in Svizzera, in Italia e in Russia, dove nel 1843 raggiunge la contessa polacca Ewelina Hanska, già conosciuta nel 1833 che sposerà pochi mesi prima di morire nel 1850.

BIBLIOGRAFIA SINTETICA

Riporterò solo alcune delle sue opere:

1829 Sarrasine

1832 Il Parroco di Tours

1833 Eugénie Grandet

1834 Papa Goriot

1835 Seraphita

1840 Un Principe di Boemia

1841 Un tenebroso affare

1846 La cugina Bette


RESOCONTO DELL'INCONTRO

La discussione sul romanzo breve di Balzac è stata appassionante e sono emerse molte considerazioni interessanti.

 In generale, la storia narrata è piaciuta e ha suscitato emozioni contrastanti. 

Molti, infatti hanno provato rabbia per l’inettitudine di Birotteau mentre ad alcuni la sua stolta ingenuità e la sua “bontà che sfocia in tonteria” ha suscitato compatimento e tenerezza. 

Lo spaccato è quello di un mondo provinciale dove  regnano l’egoismo e l’opportunismo, dove i celibi la fanno da padroni con le loro bassezze e le loro oscure vendette. 

Pur trattando episodi di vita quotidiana senza affrontare alcuna impresa avventurosa l’autore riesce a tratteggiare bene gli animi dei personaggi. 

Il risultato è uno studio accurato di come le energie affettive non giustamente indirizzate si dirigano a pervertire tutti i rapporti umani.

 Lo stesso Balzac nel racconto afferma di voler descrivere “le leggi naturali dell’egoismo” che sembra lasciare agire in una lotta sorda di tortuosi interessi minuscoli ma lentamente assume la grandezza del dramma cosmico. 

Qualcuno ha fatto notare che dalla lettura del racconto traspare il fatto che Balzac fosse anche commediografo per la sua maestria nel comporre i dialoghi, soprattutto quello tra Troubert e Madame de Listomère dove l’autore rende sia il detto che il non detto ma solo pensato dai due interlocutori. 

Oggi come allora la sofferenza genera cattiveria, gli atteggiamenti e le bassezze dei personaggi sono molto attuali, come ogni classico anche questo romanzo pur essendo passati quasi due secoli ha molto da dire sui comportamenti umani. 

Inoltre, l’autore fa un’analisi feroce della provincia dove si cova il malanimo e così facendo si rivela drammaturgo, filosofo e sociologo per come analizza la vita dei salotti e il desiderio di acsesa della borghesia. Mostra realismo e pessimismo nei confronti del genere umano.


INCONTRO 2 -  CAMBIARE L'ACQUA AI FIORI  di Valérie Perrin

Il 9.4.2020 abbiamo parlato di "Cambiare l'acqua ai fiori" di Valérie Perrin.

NOTE BIOGRAFICHE DELL'AUTORE

VALERIE PERRIN Valérie Perrin, è nata il 19 Gennaio 1967 a Gueugnon in Francia.

Valérie Perrin lavora da sempre nel mondo dell’arte e per anni è stata fotografa di scena delle più importanti produzioni cinematografiche francesi, tra cui quelle del marito Claude Lelouch.

Il suo talento nel cogliere attraverso l’obiettivo situazioni, atmosfere, emozioni le ha fatto conquistare numerosi premi.

Inoltre è una scrittrice e con il suo primo romanzo “Il Quaderno dell’amore perduto” pubblicato nel 2015 ha vinto numerosi premi Letterari in Francia e il romanzo è stato tradotto e pubblicato anche in Italia nel 2016 e in Germania nel 2017.

Anche il suo secondo romanzo “Cambiare l’acqua ai fiori” pubblicato nel 2018 ha vinto numerosi premitra cui il Maison de la Presse la giuria ha decreteto che “si tratta di un romanzo sensibile, un libro che porta dalle risate alle lacrime e i personaggi sono divertenti e accattivanti.”

Andato in ristampa, nel 2019 è stato a lungo al sesto posto nella classifica dei best seller.

Valerie Perrin si è candidata alle elezioni europee nelle liste del Partito Animalista.


RESOCONTO DELL'INCONTRO

Questo romanzo così delicato che apparentemente a uno sguardo superficiale può sembrare una lettura leggera, dopo averlo letto riserva, invece, molte sorprese.

Intanto subito ci si affeziona alla protagonista che nonostante le difficoltà e i dolori che la vita le riserva è caratterizzata da grande umanità e capacità di ascolto che le consentono di coltivare rapporti sinceri con le persone che incontra.

Si percepisce dal modo di raccontare che la scrittrice è fotografa, durante tutto il racconto riesce a creare un’atmosfera e anche i luoghi sono descritti con attenzione ai particolari, alla luce e alle ombre come si trattasse appunto di fotografie.

L’architettura del racconto si svolge su più piani narrativi, oltre all’intersecarsi continuo tra passato e presente, succede che la voce narrante cambi e quella della protgonista si alterna alle altre voci prevalentemente femminili.

Spesso lo stesso episodio è racconato da più punti di vista.

La trama sembra guidata da un certo fatalismo. Ad alcuni la leggerezza del racconto ha ricordato “ Il favoloso mondo di Amelie” e la lettura è stata preziosa in questo momento così particolare.

Ogni capitolo è introdotto da un’epigrafe funeraria che funge quasi da metatesto. La protagonista fa la guardiana del cimitero e lo fa con garbo, riservatezza e molta grazia, diventando il punto di riferimento per molte persone che dopo aver visitato i propri cari si fermano a bere qualcosa da lei.

La vita e la morte si intrecciano continuamente e il luogo del cimitero dove Violette lavora con tanta passione e dedizione sembra palpitare di vita per via dei personaggi e delle storie che lì si narrano.

“La morte non fa pause, non conosce né vacanze né giorni festivi né appuntamenti dal dentista. Se ne infischia delle ore morte, dei periodi di grandi partenze, dell’Autostrada del Sole, delle 35 ore settimanali, delle ferie pagate, delle feste di fine anno, della felicità, della giovinezza, della spensieratezza e del tempo che fa. La morte è sempre presente, ovunque. Non ci si pensa mai davvero se no si diventa pazzi. E’ come un cane che si aggira in continuazione tra le nostre gambe, ma di cui notiamo la presenza solo quando ci morde o, peggio, quando morde un nostro caro.”

Cap. 24 p.95

SINOSSI DEL ROMANZO Violette Toussaint è una donna gentile che all’età di cinquant’anni, fa la guardiana di un cimitero in un villaggio francese, abita nel villino all’ingresso e ha un piccolo orto che cura amorevolmente, con la stessa armonia e dedizione che dedica alle tombe, soprattutto, quelle abbandonate.

I suoi unici amici sono il prete, i titolari dell’agenzia delle pompe funebri e gli addetti alle sepolture. Ha vissuto tante vite Violette, bimba abbandonata dalla mamma, poi in orfanotrofio, passata di famiglia affidataria in famiglia affidataria, ha svolto molti lavori, ha conosciuto un grande amore, ha imparato a leggere e scrivere bene per assaporare meglio il romanzo della sua vita ”Le regole della casa del sidro” è stata assunta come guardiana di un passaggio a livello.

Non possiamo dire altro per non rovinare il gusto di assaporare una trama fitta e profonda che con gentilezza e sensibilità ci conduce alla scoperta dei personaggi attraverso un continuo ritorno al passato che arricchisce il presente.

Attraverso una scrittura che non stanca mai, Valérie Perrin, incanta e coinvolge nelle descrizioni della vita quotidiana. C’è tutta una deliziosa carrellata di personaggi che si affezionano alla protagonista e sono descritte con cura, arguzia e tenerezza senza melodrammi o forzature.

Felicità e infelicità, vita e morte, tutto qui è collegato con un filo di sensibilità brillante e commovente.


INCONTRO 1-  IL COLIBRI' DI SANDRO VERONESI
Il 2 Aprile abbiamo parlato di "Il Colibrì" di Sandro Veronesi




NOTE BIOGRAFICHE DELL'AUTORE

 SANDRO VERONESI è uno scrittore e giornalista italiano, è nato a Firenze nel 1959.

Il padre, Giannino era ingegnere edile, la madre, Luisa Govoni, casalinga, entrambi di origine bolognese.

È padre di quattro figli maschi e di una figlia femmina oltre che fratello del regista e sceneggiatore Giovanni Veronesi.

Si è laureato in Storia del Restauro alla facoltà di Architettura di Firenze nel 1985 con una tesi su Victor Hugo e la cultura del restauro moderno.

Si è successivamente trasferito a Roma dove ha esordito sulla scena letteraria. Il suo primo romanzo è del 1988 “Per dove parte questo treno allegro”.

Con “Gli sfiorati” Veronesi inizia a rivelarsi come uno scrittore fantasioso e raffinato. Nel 1992 esce “Cronache italiane”, una raccolta di articoli apparsi per la maggior parte sul supplemento domenicale de il Manifesto negli anni tra il 1988 e il 1991.

Dopo lo studio sulla pena di morte nel mondo “Occhio per occhio”, Veronesi scrive “Venite, venite B 52”, con cui si allontana fatalmente dalla narrativa della tradizione italiana, avvicinandosi a certi autori americani della cultura psichedelica, come Thomas Pynchon o Tom Robbins e ponendosi come figura atipica della nostra narrativa.

Nel 2000 vince i premi Campiello e Viareggio con il romanzo “La forza del passato” e nel 2005 vince il premio Strega con “Caos calmo”.

E’ stato anche collaboratore di importanti testate quali il Manifesto, Epoca, l'Unità e il Corriere della Sera.

BIBLIOGRAFIA

-1990 Gli sfiorati

-1995 Venite, venite B52

-2000 La forza del passato

-2005 Caos calmo

-2007 Brucia Troia

-2010 XY

-2011 Baci scagliati altrove

-2013 Viaggi e viaggetti. Finché il tuo cuore non è contento

-2014 Terre rare

-2015 Non dirlo. Il Vangelo di Marco

-2018 Cani d'estate

-2019 Il colibrì




RESOCONTO DELL'INCONTRO

La discussione è stata interessante. Ad alcune persone è piaciuta molto la figura del padre che si trova da solo ad allevare la figlia.

Il protagonista, Marco Carrera, per alcuni, raffigura l'ideale dell'antieroe cioè pare statico e, proprio come il colibrì cerca di mantenersi fermo nonostante le avversità della vita ma allo stesso tempo dimostra un' umanità e una grande capacità di resistere.

Egli è un personaggio complesso, infatti, dimostra di avere la capacità di amare con grande intensità ma anche di fare fronte agli obblighi come fa un buon padre di famiglia.

Altri hanno posto l'accento sul tema dell'eutanasia per il modo in cui è narrato e per la sua attualità.

Lo psicologo raffigura il personaggio positivo, colui che rinuncia alla deontologia per soccorrere chi potrebbe essere in pericolo e ha il coraggio di cambiare radicalmente la sua vita.

La nipotina, nonostante le tragedie che costellano la narrazione dona un grande senso di speranza verso le nuove generazioni e verso il futuro.

Tutto accade all'interno della narrazione che è discontinua e ti porta ad avanzare e arretrare verso episodi passati che per alcuni hanno reso la lettura difficoltosa.

Ci sono state alcune critiche circa le molte digressioni che caratterizzano il racconto da molti ritenute ridondanti.

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